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La notte di San Silvestro sul fronte Covid

La notte di San Silvestro sul fronte Covid

di Roberto Longoni

02 Gennaio 2022, 03:01

Il loro 2022 è cominciato dopo le tre. A mezzanotte non c'era stato tempo né per gli auguri né per sostituire un calendario nella mente. «Abbiamo avuto due pazienti ricoverati dopo le 23 del 31: ci siamo concentrati su di loro...». A parlare è Massimo Petranca, anestesista della Terapia intensiva Covid di turno a San Silvestro. Un bis: anche 12 mesi fa era in servizio, alle prese con ricoveri di fine anno. Come allora, ieri si sono concentrate le pause (che per chi sta dodici ore di fila negli «scafandri» significano un sorso d'acqua, un cracker o solo un respiro): si è «staccato» insieme per assaggiare un panettone e una torta. Senza tante parole. «Siamo un gruppo giovane e affiatato - dice il medico -. Comunichiamo anche a sguardi».

L'anno sarà pure nuovo, ma l'emergenza è vecchia e stancante. Ieri, i pazienti in Terapia intensiva sono saliti a undici. Per i malati di Covid più gravi restano altri tre posti, prima che si debbano rimodulare le sezioni, come si fece in passato. Gli auguri del capodanno 2021 sembrano caduti nel vuoto. «Un anno fa speravo di non essere qui ora - prosegue Petranca -. D'accordo, abbiamo avuto una tregua. Ma ora siamo qui. Più stanchi di un anno fa, ma sempre motivati a salvare vite». Più stanchi e preda dello sconforto quando si è trattati da «nemici» proprio da chi si vuole strappare alla morte. «C'è chi minaccia e non vuole essere intubato, per accettare solo quando non respira proprio più. E c'è chi, anche tracheotomizzato, non perde lo scetticismo». È l'atteggiamento «ideologico». Più morbido, invece, chi non si è vaccinato solo per paura di effetti collaterali. Di fronte a un'altra paura, più concreta e immediata, si ravvede.

Dei ricoverati in Terapia intensiva, un buon 80 per cento non si è sottoposto alla profilassi. «Gli altri - sottolinea Petranca - sono immunodepressi, affetti da patologie gravi. Oppure, persone per le quali è intercorso troppo tempo dall'ultima dose».

Sui generis, anche se in famiglia, il benvenuto al 2022 di una collega di Petranca, Laura Malchiodi. Dovendo prendere servizio per l'Elisoccorso alle 7,30, è andata a letto presto. «A mezzanotte - racconta l'anestesista - mi hanno svegliata. Il tempo di un brindisi, degli auguri, e poi mi sono rimessa a dormire». Ieri, poi, la nebbia ha impedito i soccorsi aerei. Il debutto nel nuovo anno per Laura Malchiodi sarà con i piedi fin troppo per terra, in Terapia intensiva Covid.

L'addio al 2021 è stato impegnativo anche al Covid Hospital. Qui i ricoveri sono stati otto. «Non vaccinati con sintomi respiratori importanti e vaccinati scoperti positivi solo grazie al tampone dopo il ricovero per altre cause» spiega Marco Mantovani, medico del padiglione Barbieri, dove viene ricoverato anche chi è asintomatico e non può stare nei reparti liberi dal Covid. Le scale antincendio hanno rappresentato una temporanea via di fuga per Mantovani e i colleghi, che dopo la mezzanotte lì sopra hanno condiviso un panettone e un brindisi con un goccio simbolico di spumante. «Si pagano gli effetti del Natale e temo che i numeri siano destinati a crescere» sottolinea il medico. Mantovani non pensava che a Parma ci fossero ancora tanti non vaccinati. Al Barbieri, sono occupati cento letti su 130. I ricoverati hanno un'età media di 70 anni. Ma c'è anche una 29enne in stato di gravidanza. Fino a pochi giorni fa, quando poi è stato trasferito in Pneumologia, c'era un ottantenne che aveva sopravvalutato le proprie forze. «Diceva di non aver mai preso un'influenza e di non essersi vaccinato credendolo più un rischio che altro. Hanno cambiato idea sia lui che i suoi».

È in buona compagnia. «Sono molti i pazienti dai quali ho sentito fare questi discorsi - assicura Anna Pisano, infermiera del reparto al terzo piano del padiglione Barbieri -. Frasi che almeno in parte bilanciano l'avvilimento che prende al pensiero delle troppe persone contrarie al vaccino». Intanto, al Barbieri, medici, infermieri e oss stanno nello scafandro da due anni. Con le notti che trascorrono intense quasi quanto i giorni. «I parametri vitali vanno rilevati in continuazione - spiega Anna Pisano -. E così abbiamo fatto a San Silvestro: una notte come le altre. Ci siamo concessi solo una breve pausa dopo la mezzanotte, mentre tra i pazienti c'era chi era al telefono con le proprie famiglie. Nell'aria c'era un misto di speranza e di dispiacere per la lontananza». Altri - uno su cinque respira grazie al casco - potevano al massimo inviare messaggi. «L'augurio che ci siamo fatti? - conclude l'infermiera -. Speriamo sia davvero l'anno della rinascita». E non solo un altro calendario sotto il segno del Covid.

Roberto Longoni

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