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INCHIESTA

Dal Teatro dei Dialetti al Ponte Nord: le incompiute di Parma

Dal Teatro dei Dialetti al Ponte Nord: le incompiute di Parma

di Gian Luca Zurlini

11 Febbraio 2022, 03:01

Storie di lungaggini burocratiche, ma anche di ripetuti annunci ai quali non sono mai seguiti fatti concreti. Sono quelle delle altre 7 fra edifici e aree di proprietà comunale (in un caso a metà con la Provincia) in cui il patrimonio pubblico si è di fatto depauperato a causa dell'incapacità di riuscire ad arrivare a soluzioni concrete in tempi accettabili. L'area dell'ex deposito Tep è lì a parlare: da 13 anni non è più utilizzata, ma ancora oggi non ci sono idee concrete su cosa farne. Sul Teatro dei Dialetti non occorre aggiungere molto all'evidenza di una struttura che da 11 anni si sta degradando dopo che sono stati spesi anche fondi pubblici per realizzarlo. Ma anche cose ben più piccole, come la Biblioteca di Alice che attende da 10 anni una nuova sede o il palazzetto Sanvitale chiuso “provvisoriamente” da 5 anni, oppure un PalaRaschi ridotto da un decennio alla capienza di una palestra di periferia denotano come la nuova Amministrazione comunale dovrà dedicarsi alla risoluzione di problemi veri e di lunga durata.

Teatro dei dialetti

Il Teatro dei Dialetti è forse l'opera incompiuta della nostra città più emblematica degli ultimi anni. Il teatro deve la sua costruzione a una scelta di Elvio Ubaldi che ne decise anche la collocazione fra viale Tanara e viale Mentana. La decisione di realizzarlo risale al 2006 e due anni dopo, nel 2007 sono partiti i lavori e l'anno dopo il contenitore esterno del teatro, realizzato carico dei privati, era di fatto già completato. Da allora, però, la strada è diventata tutta in salita: nel 2011 la giunta Vignali aveva previsto una spesa di poco più di 600mila euro per acquistare tutti gli arredi e completare l'impiantistica in base alle esigenze individuate dai tecnici, e l'obiettivo era di completare tutto entro la fine di quell'anno, ma quei fondi non vennero mai impiegati a causa della caduta della Giunta e l'arrivo del commissario a ottobre del 2011 e tutto si fermò. Anche se tutti lo chiamano Teatro dei Dialetti, in realtà siamo di fronte al paradosso che il teatro ha già una denominazione ufficiale, scelta dal Comune: è quella di «Teatro della cultura popolare Giovannino Guareschi». Questo perché la struttura avrebbe dovuto diventare uno spazio privilegiato per l'attività di prosa delle compagnie dialettali oltre che ospitare la stagione teatrale di prosa della città e eventi di vario tipo. La platea, infatti, ha una capienza, secondo il progetto originale, di 600 spettatori con un palcoscenico ampio e in grado di ospitare anche scenografie importanti A questo si aggiunge anche la possibilità di un'arena per spettacoli estivi all'aperto per circa 300 persone. In pratica, la città si sarebbe dovuta dotare di uno spazio che recuperava il vuoto che si era venuto a creare con la chiusura del Teatro Ducale. Di fatto, però, niente di quanto programmato è arrivato a compimento. E dal 2011 a oggi, di fatto il Teatro dei Dialetti è stato lasciato nel più totale abbandono ed è caduto nel dimenticatoio, tanto che da tempo è diventato rifugio occasionale di senzatetto e l'area attorno alla struttura si è riempita di rifiuti e di sterpaglie rimossi soltanto sporadicamente. Nel 2011 l'interno si presentava pronto ad accogliere arredamento e impiantistica, ma gli 11 anni di abbandono si sono fatti sentire e ora il costo per portarlo ad un'eventuale (il dubbio è d'obbligo visti i precedenti) apertura è triplicato rispetto a quello previsto all'epoca. Nel corso di questi 10 anni c'è stato anche un contenzioso del Comune con un'impresa cittadina che per 6 anni ha “sorvegliato” un cantiere che non aveva più attività in quanto mancava un certificato di fine lavori e ha chiesto un risarcimento per questo. Ma nulla si è mosso in concreto. Ora il Comune ha annunciato di avere chiesto un mutuo per un milione e 880mila euro (3 volte quanto periziato nel 2011) per arrivare al completamento del Teatro. Che intanto rimane però ancora un rudere abbandonato e una ferita aperta nel cuore della città.

Area ex stadio Europeo

Per quasi 40 anni lo stadio Europeo di viale Piacenza è stata una delle “cattedrali” del baseball europeo e mondiale: fra il 1971 e il 2010 sul suo diamante sono stati ospitati un campionato europeo, due mondiali e una Coppa intercontinentale per nazioni oltre a migliaia di partite del Parma baseball. Poi, con la scelta di Parma come sede dell'Efsa, nel 2004 l'allora sindaco Elvio Ubaldi decise che in quell'area, dove sorgevano anche lo stadio del rugby e la piscina “Caduti di Brema”, dovesse essere costruita la nuova sede dell'Authority alimentare europea. Da lì ne è derivata la dolorosa decisione della sua completa demolizione. L'ultima partita sotto i riflettori dell'Europeo risale alla fine di agosto del 2010 e nell'aprile del 2011 le ruspe in pochi giorni cancellarono questo spicchio di storia sportiva cittadina. Ma il primo passo verso una cosiddetta “riqualificazione” che, a fianco della costruzione della torre che oggi ospita la sede dell'Efsa (unica realizzazione che ha rispettato i tempi indicati) avrebbe dovuto vedere sorgere nel giro di pochi anni un nuovo “quartiere” composto da residenze e da una palazzina a uso direzionale assieme a una nuova piscina, a campi da calcetto e un'area verde è rimasto tale. Dopo 10 anni l'area è diventata un enorme “spazio vuoto” con un prato incolto in cui cresce una boscaglia disordinata e poco edificante. Fra il 2012 e il 2013 un paio di aste per la vendita della superficie andarono deserte. Da allora sull'area dell'ex Europeo è calato un silenzio assordante e non ci sono notizie su cosa ne sarà di quest'area comunale: che da 11 anni a questa parte è inutilizzata e non ha prospettive concrete di essere sfruttata o rivitalizzata nel breve termine.

Biblioteca di Alice

Era il gennaio del 2012 quando la Biblioteca di Alice, in seguito alla chiusura per inagibilità della vecchia scuola Racagni, poi abbattuta, ricostruita e riaperta nel 2016, trovava una collocazione nella sede “provvisoria” delle serre del Parco Ducale. E mai come in questo caso si può ben dire che il detto italiano “non c'è niente di più definitivo del provvisorio” è diventato una triste realtà. La prima giunta Pizzarotti decise che la Biblioteca di Alice non sarebbe tornata all'interno della Racagni: «Avrà una propria sede autonoma che diventerà un punto di riferimento per il quartiere Pablo senza interferire con l'attività scolastica». Buone intenzioni che però si sono arenate in una palude di scelte ritardate, difficoltà di reperire i fondi, appalti non andati a buon fine. Con il risultato che siamo arrivati al 2022 e per la Biblioteca di Alice ancora non c'è nessuna data certa sul ritorno in una nuova collocazione nel quartiere Pablo, quando invece la scuola all'interno della quale era nata e si era sviluppata, è in funzione in un nuovo e moderno edificio da ormai cinque anni e mezzo. I fatti dicono che solo a metà 2016, quattro anni e mezzo dopo il “trasloco”, venne individuata l'area, fra via Bocchi e via Caselli in cui realizzare la nuova sede. Soltanto due anni dopo, nel 2018, venne indetto un appalto col metodo del “leasing in costruendo” che andò deserto. E ci vollero altri due anni per aggiudicare i lavori, nel 2020, di un “appalto integrato”. Ma il cantiere non è mai partito perché l'impresa vincitrice della gara ha rinunciato ai lavori lasciando la cauzione al Comune per i costi lievitati. Ora è stato annunciato un nuovo appalto per il 2022: ma l'unica cosa certa è che la Biblioteca resterà ancora a lungo nella sede “provvisoria”.

Ponte Nord

Il Ponte Nord è stato voluto fortemente da Elvio Ubaldi nell'ambito dei progetti collegati all'insediamento della sede dell'Efsa a Parma. Già dalla presentazione del suo progetto non mancarono le polemiche, tanto che venne definito il “ponte degli scatoloni” per la presenza del grande volume vetrato. Finanziato con fondi governativi, il ponte Nord (denominazione ufficiale «Europa», ma nessuno lo chiama così) avrebbe dovuto avere la funzione di una sorta di “porta” di accesso al nuovo quartiere dell'Efsa. Il viadotto a campata unica che scavalca il torrente Parma collegando via Europa e via Reggio è stato aperto al traffico quasi 10 anni fa, nel novembre del 2012. Se la parte carrabile e la pista ciclabile sono diventate da allora percorribili, di fatto praticamente inutilizzata è rimasta fino ad ora la parte coperta della struttura. Dall'apertura e fino a giugno del 2019, però, il ponte Nord non aveva l'autorizzazione per un utilizzo stabile delle sue superfici coperte. Poi, grazie al senatore della Lega Maurizio Campari, a metà di quell'anno venne approvato un emendamento che ora lo equipara agli altri “ponti abitati” d'Italia (Ponte Vecchio e Ponte di Rialto). In due anni e mezzo, però, ancora nulla si è mosso nonostante sia già stato individuato l'utilizzo: sede degli uffici dell'Autorità di Bacino del Po per farlo diventare una sorta di “Ponte delle acque”. Tutto però è ancora in attesa delle autorizzazioni da parte delle istituzioni pubbliche competenti. Il ponte Nord resta così ancora uno spazio vuoto, “occupato” solo da senzatetto che vi trovano rifugio. E non fornisce certo un esempio di efficienza della burocrazia.

Palazzetto Eucherio Sanvitale

Se parlassimo di una favola si potrebbe iniziare con «C'era una volta il palazzetto Eucherio Sanvitale». C'era, appunto, perché da ormai 5 anni quella che era la frequentata e storica sede di numerose mostre ed eventi è chiusa e caduta nel più totale oblio. Al posto del custode che controllava gli accessi ora, dal 2017, c'è una recinzione provvisoria in ferro che dovrebbe impedire l'accesso. Ma la realtà dice che il palazzetto è circondato da un profondo degrado ed è diventato, oltre che una sorta di discarica di rifiuti di ogni genere, anche una vera e propria “centrale” di spaccio di droga, soprattutto durante il periodo primaverile e estivo, quando le piante e la vegetazione lo rendono ancora meno visibile. Anche qui la storia è quella comune purtroppo a tanti altri edifici pubblici: nella primavera del 2017 viene dato dal Comune l'annuncio che l'elegante e storico palazzetto all'interno del Giardino sarà «oggetto di una chiusura temporanea dovuta a problemi strutturali». Una chiusura che da temporanea diventa però di fatto definitiva, visto che da quell'annuncio sono trascorsi quasi cinque anni e il palazzetto non è mai stato riaperto. Nel bilancio del 2019 sempre il Comune aveva annunciato lo stanziamento nel bilancio di 500mila euro per poter finanziare gli interventi necessari per la sua riapertura al pubblico e una parvenza di cantiere era stata anche aperta. Ma i lavori non sono mai arrivati alla loro conclusione: e quello che vedono oggi i tanti frequentatori del Parco Ducale è una struttura nel dimenticatoio dalla quale è meglio tenersi alla larga. L'auspicio è che dopo 5 anni di immobilismo, qualcosa adesso finalmente si muova.

PalaRaschi

Un gigante con i piedi d'argilla o, se si preferisce, un guscio semivuoto: è con queste due definizioni che si potrebbe l'attuale situazione del PalaRaschi, un tempo “culla” di grandi eventi sportivi e musicali e oggi ridotto alla capienza di una palestra di periferia, ma con costi di gestione che rimangono molto elevati. I problemi del PalaRaschi, costruito a fine anni Settanta con una capienza di circa 3000 posti, e poi ampliato con la realizzazione delle due “ali” laterali che portò a un raddoppio degli spettatori ammessi a fine anni Ottanta, risalgono a quando venne fatta la scelta, ai tempi della giunta Vignali, di costruire un nuovo impianto a Moletolo. Il nuovo Palasport non ha mai visto la luce, ma il vecchio impianto di via Pellico ha iniziato ad accusare i segni del tempo senza che sia mai stato attuato alcun intervento di radicale sistemazione negli ultimi 15 anni. Il risultato è che oggi il PalaRaschi non può ospitare né concerti, né tantomeno sarebbe a norma per un qualunque campionato di vertice di basket o pallavolo, anche se negli anni alcuni lavori di sistemazione delle emergenze più gravi sono stati effettuati. Per “guarire” la struttura la prima giunta Pizzarotti aveva lanciato, pochi mesi dopo il suo insediamento nel 2012, l'idea di una partnership con un privato cui affidarne la gestione con un contributo per gli interventi di ristrutturazione. Il progetto non ha avuto alcun seguito. Negli ultimi anni ci sono stati lavori di messa a norma degli impianti e di messa in sicurezza della struttura. Ma servono lavori radicali e costosi per riportarlo a nuova vita: dopo tanti annunci, ora saranno i fondi del Pnrr a intervenire. Ma ci vorrà ancora tempo: e intanto il “gigante” resterà malato.

Ex deposito Tep "XXV Aprile"

L'ex deposito «XXV Aprile» della Tep di viale Villetta è nel disarmo più totale da ormai più di 13 anni. Un'immensa area di quasi 22mila metri quadrati che per 43 anni, dall'inaugurazione nel giugno del 1965 fino alla sua definitiva chiusura nell'estate del 2008 a favore del vicino deposito di via Taro, è stata la “casa” di autobus, filobus e corriere di Parma e della sua provincia.
Da 13 anni, però, questa grande superficie di proprietà pubblica (fa capo a Smtp che ha come azionisti al 50% ciascuno Comune e Provincia di Parma) è un simbolo di incuria e di abbandono e, per un certo verso, di una gestione non certo esemplare. Quando il deposito era stato costruito c'era ancora la divisione fra Ametag (Azienda municipalizzata elettricità trasporti acqua e gas), che gestiva gli autobus e filobus urbani, e la Tep (Tranvie elettriche parmensi) che invece si occupava delle corriere extraurbane. Altri tempi, quelli in cui il patrimonio pubblico veniva custodito gelosamente. Il deposito XXV Aprile, dal giorno della chiusura, è stato invece abbandonato al suo destino. Nel 2010 due aste per la vendita, al prezzo base di 10 milioni di euro, andarono deserte, L'allora presidente di Smtp dichiarò che non avrebbe abbassato il prezzo per «non subire un danno patrimoniale». Il risultato è che negli ultimi bilanci la valutazione dell'area è scesa a 8 milioni e al suo interno regna il degrado più assoluto . E per il prossimo futuro non ci sono progetti concreti: nel 2021 si è parlato di una Casa della salute in una parte dell'area, ma senza fatti concreti a seguire le parole. Così. là dove per 10 anni c'è stata anche la “casa” dei vigili urbani, sono i senzatetto e i rifiuti i protagonisti. Nel silenzio delle istituzioni pubbliche.

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