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La prima al Regio

Applausi scroscianti per «Norma»

Applausi scroscianti per «Norma»

di Mara Pedrabissi

19 Marzo 2022, 03:01

Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Ma da una «Casta Diva» sì, si può giudicare una «Norma».

Così, ieri sera al Teatro Regio, a 40 minuti dall’inizio, quando Angela Meade al termine di «Casta Diva, che inargenti» è stata abbracciata dal lungo applauso del numeroso pubblico, si è avuto il termometro della serata iniziata con la dedica, dovuta, all'Ucraina. La ribalta, poco dopo le 23, è stata accompagnata da scroscianti applausi, in particolare per Angela Meade e Michele Pertusi. Ma bene tutto il cast (nel ruolo di Flavio il marito della Meade, John Mattew Myers) e in particolare calore per il Coro del Regio e il suo maestro Faggiani. Qualche lieve dissenso per la regia non inficia un successo pieno.

Felice ritorno dunque per «Norma» che mancava da 21 anni esatti: l’ultima «Casta Diva» fu June Anderson, nel marzo del 2001, protagonista dell'opera di Bellini: per la cronaca, la diva, tesa anche nei giorni precedenti la "prima”, non ebbe il risultato sperato. Del resto, «Norma» è opera difficile, richiede un gran quartetto vocale (Norma, Pollione, Oroveso e Adalgisa), forse per questo più nota che rappresentata.

«Norma» opera eponima: prende il nome dalla protagonista, sacerdotessa, figlia del capo dei Druidi Oroveso (Michele Pertusi), amante segreta di Pollione (Stefan Pop), proconsole di Roma nelle Gallie, da cui ha avuto due figli. Sì, c'è una guerra, anche lì; al suo interno la vicenda di Norma, donna impegnata nella vita religiosa e politica, innamorata e madre, che subisce il tradimento dall’uomo per il quale lei stessa aveva tradito il voto di sacerdotessa.

Ora Pollione preferisce a Norma un suo clone più giovane, Adalgisa (Carmela Remigio). Norma medita la vendetta, quella che ci ha tramandato il mito greco di Medea: uccidere i figli ignari… ma non ce la fa e consegna se stesse alla morte, unendosi a Pollione per l'eternità.

Norma sovrasta per statura gli altri personaggi dell'opera: Vincenzo Bellini e il librettista Felice Romani l’avevano immaginata per l’allora “déesse” dei soprani, Giuditta Pasta. L'americana Angela Meade, già vista nello scorso Festival Verdi nel “Simon Boccanegra” ancora in accoppiata con Michele Pertusi, ha voce da vendere. Pertusi è come è abituato a essere, cioè sempre nella parte, qui padre e capo dei Druidi in dialogo con il Coro (ancora in mascherina) del Teatro Regio preparato dal maestro Martino Faggiani.

È proprio la figura di Pertusi a fare da tratto di unione tra i due piani dell’opera, quello pubblico, in cui Norma è sacerdotessa, e quello privato in cui agiscono gli affetti personali e si scatena il conflitto di passioni nel triangolo con Adalgisa e Pollione. Due piani che si ritrovano nella regia di Nicola Berloffa, in questo nuovo allestimento in coproduzione con Modena e Piacenza, che sposta l’azione nell’Ottocento: sullo sfondo - un palazzo in detriti, come ne stiamo vedendo troppi, di reali, in tivù - si inserisce, come in una matrioska, la stanza di Norma che diventa il luogo in cui si giocano le questioni personali.

I costumi di Valeria Bettella si rifanno all’epoca vittoriana, danno un carattere severo alle donne, Norma addirittura con un abito viola (!), memorie cinematografiche da «Jane Eyre». La scelta registica ha l’effetto di imborghesire una storia “assoluta” e in alcuni momenti risulta eccessiva (Norma brandisce l'enorme spada contro Pollione).

Apprezzata la direzione del maestro Sesto Quatrini che, sul podio dell’Orchestra Filarmonica Italiana, riesce a tenere bene insieme la parte musicale e le voci.

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