×
×
☰ MENU

DRAMMA DI PIETRASANTA

Sette richieste di rinvio a giudizio per la scomparsa di Sofia

Sette rinvii a giudizio per la scomparsa di Sofia

di Pierluigi Dallapina

27 Marzo 2022, 03:01

Sofia aveva un sorriso pieno di vita che si muoveva a passo di danza. Ma a soli 12 anni Sofia è diventata un angelo per colpa di quei maledetti 80 centimetri d'acqua. Lì, nella pozza della vasca idromassaggio di uno degli stabilimenti balneari più «in» della Versilia, i bagni «Texas» a Marina di Pietrasanta, si era consumata la tragedia. E per quella tragedia la procura di Lucca ha chiesto il rinvio a giudizio per otto persone. Ma una nel frattempo è deceduta.

A vario titolo, l'accusa è di omicidio colposo aggravato, perché ci sarebbe chi non ha vigilato, chi non ha rispettato le norme di sicurezza e chi non ha imposto l'uso della cuffia a chi giocava tra le vasche. Le indagini sono state complesse, lunghe, strazianti, con diversi incidenti probatori per capire perché quello scricciolo biondo e pieno di vita sia annegato in un abisso di 80 centimetri.

Per quattro giorni i medici dell'Ospedale pediatrico apuano di Massa avevano tentato l'impossibile, ma il 17 luglio 2019 si erano dovuti arrendere. Da quel giorno Sofia è un angelo che dà la forza a due genitori tenaci, Vanna ed Edoardo, intenzionati a capire come sia potuto accadere l'indicibile.

Nonostante un dolore che non si può né dire né misurare, avevano avuto la forza di scrivere una lettera alla «Gazzetta» per ringraziare il giornale della delicatezza usata nel dare una notizia che a metà estate 2019 aveva fatto calare il gelo in città, ma anche in Versilia.

Quella morte assurda, avvenuta in una vasca idromassaggio, era un lutto collettivo: così aveva risposto ai genitori il direttore, Claudio Rinaldi. «Noi della Gazzetta, come tutti i parmigiani, abbiamo sentito Sofia la nostra sorellina, la nostra figlia».

Ma cos'era successo in quel maledetto sabato 13 luglio di quasi tre anni fa? La piccola parmigiana, in vacanza in Versilia con i genitori e il fratello gemello Tommaso, dopo essere entrata nella vasca idromassaggio non era riemersa dall'acqua. Anzi, non era riuscita a riemergere, perché la piccola non fu vittima di un malore, come si era ipotizzato nei primissimi istanti dopo la tragedia.

Secondo la procura di Lucca, a imprigionare Sofia Bernkopf in quella pozzanghera sarebbe stata la forza di un bocchettone. La sua potenza di aspirazione avrebbe arpionato con la furia cieca delle macchine i lunghi capelli della bimba, non lasciandole scampo.

Quando ormai era trascorso troppo tempo, alcuni bambini che giocavano in un'altra piscina avevano dato l'allarme, ma quei minuti sott'acqua erano troppi. Sofia non riprese più conoscenza.

All'Opa di Massa tutte le speranze vennero affidate all'Ecmo, una macchina capace di dare forza a cuore e polmoni. Ma quella volta il miracolo non si realizzò.

Le indagini condotte dal pm Salvatore Giannino, uno dei magistrati che indagò sulla strage ferroviaria di Viareggio, sono state affidate alla capitaneria di porto e ai carabinieri di Viareggio. A quasi tre anni di distanza, il pm ritiene di avere tutti gli elementi per sostenere che Sofia sia deceduta per essere entrata in una vasca idromassaggio non a norma. Da qui la richiesta di rinvio a giudizio per otto persone: i cinque proprietari dello stabilimento cioè Edo Cafissi, deceduto un mese fa, le figlie Elisabetta e Simonetta, con i rispettivi mariti, Mario Marchi e Giampiero Livi, i bagnini Emanuele Fulceri e Thomas Bianchi e il costruttore della vasca Enrico Lenzi.

Per i genitori di Sofia lo sviluppo delle indagini è un passo in avanti verso la verità. «In questo momento vediamo uno spiraglio di luce nella macchina della giustizia, perché finalmente si potrà fare chiarezza sulla responsabilità dei vari soggetti che a vario titolo ha portato alla morte di nostra figlia», spiegano la mamma e il papà di Sofia, assistiti dall'avvocato Stefano Grolla, del foro di Vicenza.

La famiglia si costituirà parte civile, anche perché in questi anni non ci sarebbero stati segnali da parte degli imputati. «Dai proprietari del bagno non è arrivata alcuna proposta risarcitoria», aggiunge Grolla. Nella battaglia legale della famiglia Bernkopf non c'è desiderio di vendetta - certi dolori non hanno cura - ma solo la voglia, termina il legale, «di provare che purtroppo la morte di Sofia non è stata una fatalità».

Pierluigi Dallapina

© Riproduzione riservata

CRONACA DI PARMA

GUSTO

GOSSIP

ANIMALI