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Lutto

Lesignano, l'ultimo saluto a don Giannino

Lesignano, l'ultimo saluto a don Giannino

di Maria Chiara Pezzani

01 Aprile 2022, 03:01

Lesignano

I parrocchiani erano la sua famiglia. Al loro servizio, al loro aiuto e ascolto ha dedicato l’intera vita. È mancato all’età di 93 anni don Giannino Pedersani, storico parroco di Rivalta e Stadirano, da qualche anno ospite a Villa Sant’Ilario. Una vita dedicata agli altri: 70 gli anni di ministero, 63 dei quali nelle parrocchie lesignanesi, che oggi piangono la sua scomparsa.

I primi anni

Nato a Santa Maria del Piano il 15 giugno 1928 e cresciuto all’ombra del campanile, è stato ordinato presbitero il 29 giugno 1951 nella Cattedrale di Parma dal vescovo Evasio Colli. Per i primi quattro anni è stato parroco a Vestana poi nel 1955 torna nel suo territorio di origine come parroco di Rivalta, cui dieci anni dopo, nel 1965, aggiungerà la cura pastorale anche di Stadirano. Uomo semplice, animato dal grande desiderio di aiutare gli altri, don Pedersani di fronte ai suoi occhi ha visto passare intere generazioni, in anni in cui la parrocchia era il fulcro della vita del paese, ed è stato testimone dell’evoluzione del territorio dal primo dopo guerra ai giorni nostri.

Aria burbera

«Una presenza che difficilmente si potrà dimenticare - racconta Sara Bertini -. Don Giannino nella parrocchia di Rivalta mi ha battezzato, mi ha sposato e ha battezzato i miei figli e così ha fatto per tante persone, intere generazioni di parrocchiani. Era il parroco di una volta: dietro all’aria burbera celava un’immensa disponibilità e bontà. Amava stare in mezzo alla sua gente, al bar, a giocare a carte e soprattutto trascorrere del tempo con i giovani e tanto ha dedicato alla pastorale giovanile». Difficile riassumere i ricordi che affollano la mente di chi lo ha conosciuto, dal suo servizio per accompagnare in macchina chi studiava a Parma, al catechismo che terminava con un gelato. E poi le sagre, a cui teneva particolarmente, ai rosari nel mese di maggio recitati di casa in casa.

L'altro «mestiere»

«Nel silenzio ha aiutato tante persone, famiglie in difficoltà. Si era inventato un altro lavoro, era conosciuto come il “prete assicuratore”, per guadagnare qualcosa in più e aiutare la parrocchia e la sua comunità». «Una persona che andava al concreto, di poche chiacchiere e molta sostanza, rispettato da tutti, accogliente con chi incontrava che poi trattava come un amico - racconta Andrea Panizzi -. Fino a pochi giorni fa mi chiedeva delle famiglie, della sua gente. Il suo cuore è sempre stato rivolto alla sua comunità. Ha sostenuto il mio servizio diaconale. Per me è stato un amico, un padre, un fratello».

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