Al Regio
Protagonisti dell'opera «Ascesa e caduta della città di Mahagonny» di Kurt Weill su testo di Bertolt Brecht, al debutto al Teatro Regio martedì 26 aprile alle 20, saranno il tenore Chris Merritt (Fatty) e il mezzosoprano Alisa Kolosova (Leokadja Begbick).
Il tenore statunitense è già noto al pubblico parmigiano, anche se è mancato a lungo dal nostro teatro.
Merritt, cosa si prova a tornare al Regio dopo tanto tempo?
«Trentadue anni sono un lungo periodo. Non c'è stata occasione di tornare dopo l'Elisir d'amore del 1988 e poi un grande recital al Teatro Regio. Ero molto impegnato con le opere serie di Rossini che qui non sono in repertorio. Ho fatto, in quel periodo, molto spesso Guglielmo Tell e tante altre opere come Zelmira, Ermione, Otello e La donna del lago, titoli che qui non si eseguono spesso. Ero impegnato altrove e non sempre si può tornare. Questa volta ha funzionato e ho avuto la possibilità di cogliere questa bellissima opportunità. Erano già due anni che doveva andare in scena questo spettacolo: dalla pandemia del 2020 è stato spostato nel 2021 e poi ancora ad oggi. È stata una fortuna che si sia potuto mantenere questo progetto, abbastanza diverso per Parma e per l'Italia in generale: tanti altri sono stati abbandonati».
Come è arrivato a cantare Weill?
«All'epoca facevo soprattutto belcanto, ma il Rossini serio non ha avuto una grande diffusione mondiale: erano opere curiose e speciali che non facevano parte del grande repertorio. Dopo il bicentenario nel '92 queste opere si sono rappresentate ancora di meno: non c' era molto lavoro e ho dovuto pensare bene, quando avevo quaranta anni, a che repertorio intraprendere. Ho dovuto avvicinarmi alle opere tedesche, ceche e slave: in questa situazione ho avuto la prima occasione di interpretare Mahagonny, ad Amburgo nel '98 e dopo tre riprese là, l'ho interpretata anche a Tolosa».
È un ruolo abbastanza diverso dal repertorio con cui è diventato famoso...
«Naturalmente è molto diverso, ma quando studiavo non ho pensato di specializzarmi nel belcanto: nelle scuole negli Stati Uniti il belcanto viene considerato un obiettivo, ma non è l'unico e bisogna studiare anche parti più moderne e varie. Prima di specializzarmi su Rossini ho cantato di tutto ed è stata una grande gioia poter affrontare in seguito anche altri repertori. Per noi il mondo della lirica è un grande panorama che comprende l'opera italiana, francese e tedesca, i Lieder e gli oratori».
Il mezzosoprano Alisa Kolosova, invece, si esibisce a Parma per la prima volta.
Alisa Kolosova, che personaggio è Leokadja?
«È un ruolo in un'opera molto particolare: il carattere è molto forte e guida tutti gli uomini come una presidente. Anche vocalmente si sente questa forza di una donna che, secondo me, è anche una femminista che non ha nessun rispetto per gli uomini che vuole soltanto usare per i soldi. È astuta e sa bene come sfruttare i due uomini che ha vicino, Fatty e Trinity Moses, mentre gli altri servono soltanto per portare denaro».
È un'opera molto difficile da affrontare anche per la recitazione...
«Ci sono tanti dialoghi e normalmente non si parla quando si canta. Questo testo di Brecht è molto duro e abbiamo dovuto provarlo tanto con il direttore e con il regista. L'autore ha lasciato grande libertà agli interpreti, ma anche agli spettatori: nessun personaggio è bianco o nero e ognuno ha diritto di farsene una propria opinione senza che Brecht ci dia un giudizio. Abbiamo lavorato tantissimo per essere più credibili».
E dal punto di vista musicale?
«C'è tanta libertà anche nella musica e si abbracciano stili diversi. C'è tutto: possiamo dire che è un'insalata mista, in senso positivo. È stato difficile studiarla: ho avuto poco tempo e avevo appena terminato le recite di Un ballo in maschera a Palma di Mallorca in una produzione del Regio. Sono felicissima, però, di aver preso parte a questo progetto e quest'opera mi ha aperto la mente. Il mio cervello adesso, dovendo alternare tante battute cantate e subito dopo recitate, funziona un po' come un computer. Ci vuole una concentrazione assoluta. In questo teatro tanto legato a Verdi è un po' strano sentire Mahagonny, ma è molto interessante anche se per qualche spettatore sarà un impatto un po' forte. Becht, però, è sempre forte».
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