La partita
L'articolo, dal titolo Bertolucci batte Pasolini (5-2) grazie ai calzettoni psichedelici, accolto nella Cronaca della città della «Gazzetta di Parma» di mercoledì 19 marzo 1975 e qui riprodotto con il corredo delle due immagini in bianco e nero apparse allora, è stato a lungo, e continua ad essere, la sola ‘fonte’ giornalistica della partita di calcio svoltasi in Cittadella, dalle 9,30 di domenica 16 marzo, fra la troupe di Novecento e quella di Salò o le 120 giornate di Sodoma.
Nel gennaio 1976, a breve distanza dalla morte di Pasolini, avvenuta all’Idroscalo di Ostia nella notte sul 2 novembre 1975, il romanziere e drammaturgo Uberto Paolo Quintavalle (Milano 1926-New York 1997), che in Salò aveva ricoperto il ‘ruolo’ non marginale di Sua Eccellenza il Presidente della Corte d’Appello Curval, dopo una prima anticipazione di excerpta del cap. VI (pp. 45-54), con il titolo Così Pasolini girava «Salò», sul «Giorno» del 13 novembre 1975, pubblicava una sorta di instant book di 124 pagine, Giornate di Sodoma (sottotitolo, nella sola copertina, Ritratto di Pasolini e del suo ultimo film), che esibiva fuori testo una serie di foto di scena di Deborah Beer (nel libro, erroneamente, Berr).
Il diario di lavoro di Quintavalle, governato da una deliberata ricerca di effetti sul sottile crinale che separa la calcolata ‘crudeltà’ dalla più o meno preterintenzionale comicità, è stato dapprima impiegato quale strumento di una goffa controstoria di Pasolini condotta sul settimanale «Gente» del 9 febbraio 1976 dal suo redattore Enzo Fabiani, che con ostentata enfasi (Pasolini era un ossesso: ecco la denuncia di uno scrittore) ha offerto un essenziale regesto degli «incredibili retroscena» rivelati da Giornate di Sodoma, riproponendone, con un cappello introduttivo, il cap. X («uno dei più “puliti”»); subito dopo colpito e affondato da un’elegante stroncatura di Leo Pestelli sulla «Stampa» del 20 febbraio (Pasolini ve lo racconto io. Quintavalle rievoca la lavorazione del «Salò-Sade»: un discutibile sfogo personale); infine normativamente rimosso da tutti, o quasi, i repertorî bibliografici riguardanti Pasolini: con la notevole eccezione di Emanuele Trevi, che a Giornate di Sodoma fa riferimento a pp. 89-92 e 232-233 note 9-13 del suo Qualcosa di scritto (Milano, Ponte alle Grazie, 2012), intercettando, a pp. 98-99, il fantasma di un «nuovo libro», Armadio, il cui progetto Pasolini aveva discretamente confidato a Quintavalle. Ma non aspiro a integrare il catalogo, già amplissimo, dei ‘misteri’ di Petrolio.
Quintavalle, che dell’incontro di Parma non è stato spettatore, ne ricostruisce gli antefatti a pp. 108-112
del cap. X ricollegandoli a una speciale «animosità» di Pasolini nei confronti di Bertolucci provocata da Ultimo tango a Parigi, e allega alla ‘descrizione’ del malinconico ritorno a Mantova della troupe sconfitta una notizia (il reclutamento, surrettizio e malandrino, di un imprecisato numero di calciatori delle ‘giovanili’ del Parma da parte di Bernardo Bertolucci) destinata a diventare il più tenace filo conduttore di tutte le narrazioni future: «nessuno dei reduci della disfida ha […] mai voluto raccontare per esteso quello che era successo a Parma. Si trattava evidentemente di una vergogna da seppellire nel più profondo dell’anima. La sconfitta doveva essere stata bruciante, a quanto potevo capire dalle loro risposte evasive. Arrivavo a cogliere solo frammenti del loro tormento, che nessuno voleva esporre per intero. Dicevano che Bertolucci aveva truffato sul piano sportivo, mettendo in campo alcuni giocatori della squadra locale, col pretesto che avevano lavorato nel film. D’altronde, in una cittadina come Parma, non c’era probabilmente nessuno che non avesse avuto un qualche pur minimo addentellato colla lavorazione del mastodontico Novecento» (p. 112).
Aun disegno non diverso è riconducibile il racconto, molto più tardo, che un altro (forse il più noto, senza dubbio il più professionale) tra gli attori di Salò-Sade, Paolo Bonacelli (il Duca Blangis), ha affidato a Riccardo De Gennaro: «Come sostiene anche Quintavalle, Pasolini non perdeva mai la calma. Accadde soltanto una volta, il giorno in cui la squadra di Salò venne sconfitta a calcio dalla troupe di Novecento di Bernardo Bertolucci, che aveva schierato due giovani del Parma spacciandoli per tecnici. Infuriato, Pasolini non la smetteva di manifestare il suo disprezzo per Ultimo tango a Parigi, continuando a ripetere di Bertolucci: “Quello non legge, non legge più niente”» (Il Pasolini segreto di Salò, «l’Unità», 25 marzo 2009).
Definito il perimetro dell’episodio, impressiona la mitografia postuma che ha preso forma in un arco temporale di quasi mezzo secolo. Con qualche incertezza nella determinazione delle date (entrambi tendono ad abbreviare significativamente, e arbitrariamente, lo scarto cronologico non lieve – sette mesi e mezzo – intercorso tra la partita di Parma e la morte di Pasolini), sia Enzo Siciliano sia Oreste del Buono hanno toccato .l’argomento anni e anni dopo. Il primo, che lo aveva appena sfiorato a p. 381 della prima edizione della sua Vita di Pasolini (Milano, Rizzoli, 1979), ne ha scritto più diffusamente nel cap. 2 (La stazione di Casarsa) di Campo de’ Fiori (Milano, Rizzoli, 1993, pp. 15-25; il libro risulta finito di stampare ad agosto, ma il capitolo vede la luce in anteprima, con il titolo Il 2 novembre era domenica…, sull’«Unità» del 1° settembre: è probabile che la distribuzione sia avvenuta nei giorni immediatamente successivi); il secondo scopertamente vi allude nella clausola della sua bellissima intervista a Pasolini uscita il 12 marzo 1994 su «Tuttolibri», nella rubrica Amici Maestri, con il titolo Con Pasolini nei giorni di Sodoma e il sommario Sul set di Salò, «il mio film più crudele».
Dopo di loro, all’‘evento’ sono state dedicate porzioni di varia ampiezza di ben quattro libri: Quando giocava Pasolini. Calci, corse e parole di un poeta di Valerio Piccioni (Arezzo, Limina, 1996); il romanzo Fútbol bailado di Alberto Garlini (Milano, Sironi, 2004); Il calcio secondo Pasolini di Valerio Curcio (prefazione di Antonio Padellaro, Reggio Emilia, Aliberti, 2018); Il capocannoniere è sempre il miglior poeta dell’anno. Calcio e letteratura di Alessandro Gnocchi (Milano, Baldini+Castoldi, 2021); mentre non se ne fa parola, curiosamente, nella compendiosa raccolta di scritti di Pasolini Il mio calcio (prefazione di Gabriele Romagnoli, Milano, Garzanti, 2020).
Devo aggiungere, pro veritate, che alle connotazioni vagamente leggendarie che la partita ha assunto ha ininterrottamente corrisposto la (forzata) genericità delle informazioni ‘di fatto’: a cominciare dalla sequenza dei gol (non dico dai nomi dei marcatori, già ignoti all’anonimo e garbato cronista della «Gazzetta di Parma», piuttosto incline al potere di fascinazione indotto dal ‘colore’: quello dei calzettoni inventati da Gitte Magrini non escluso).
Il merito di avere introdotto su questo terreno un autentico elemento di svolta va riconosciuto all’eccellente documentario, o docufilm, Centoventi contro Novecento. Pasolini, Bertolucci e il calcio, scritto da Alessandro Di Nuzzo e diretto da Alessandro Scillitani, che nello spazio di 53’ 39” assembla frammenti di una ripresa in super8 effettuata, e conservata, da Clare Peploe, compagna di Bernardo Bertolucci (alcuni fotogrammi erano già in un film del 2001, Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno di Laura Betti e Paolo Costella), e interviste recenti e recentissime a tre testimoni diretti (il montatore Ugo De Rossi, collaboratore di Tonino Delli Colli, il microfonista – e portiere – Decio Trani, fedeli entrambi alle rispettive antiche appartenenze, pasoliniano De Rossi, bertolucciano Trani, e il fotografo parmigiano Beppe Fontana) e a Laura Bonifaci, Roberto Chiesi, «Cippichetto», Marco Ciriello, Giovanni Ferraguti, Alberto Garlini, Giuseppe Garrera, Enzo Lavagnini, Livio Lozzi, Giulio Mancini, Antonio Padellaro, Silvio Parrello («Pecetto»), Luigi Pertosa, Paolo Pierantonio, Mario Valdemarin e ai soci del Circolo Aquila Longhi di Parma. Secondo De Rossi, l’iniziale vantaggio (addirittura di due reti a zero) dell’équipe di Pasolini sarebbe stato riequilibrato e poi clamorosamente rovesciato dagli avversarî anche grazie a due calci di rigore (uno secondo la «Gazzetta di Parma»: così come uno ne ricorda Trani).
L'opera di Scillitani non elude la principale ‘croce’ che dal 16 marzo 1975 si associa alla labile e spesso controversa memorizzazione dell’incontro: l’immissione nella squadra di Bertolucci di due o più calciatori delle ‘giovanili’ del Parma (e, particolarmente, di Carlo Ancelotti), oggetto per decennî di rumors insistenti e indimostrati, dei quali è traccia nell’articolo di Andrea Schianchi Bernardo Bertolucci contro Pier Paolo Pasolini. Nel 1975 le troupe dei film «Novecento» e «Salò» si sfidarono in Cittadella («Gazzetta dello Sport», 5 dicembre 2018, ora in La Cittadella assediata, a cura di Marzio Dall’Acqua, Parma, Monumenta onlus, 2022, pp. 101-104; Nota essenziale a pp. 104-105): nella squadra di Bertolucci «sette erano sì elettricisti, montatori, comparse, macchinisti, e via dicendo, ma gli altri quattro erano ragazzi delle giovanili del Parma, spacciati per “figuranti”» (p. 104).
In Centoventi contro Novecento, Trani e Fontana confermano, con minime varianti, l’inserimento nella formazione di Bertolucci di ragazzi del Parma (Trani è incerto tra il Parma e il Bologna); il solo, ma anche il più reciso, nel sostenere la presenza di Ancelotti (messa in discussione dal fotografo Giovanni Ferraguti) è Ugo De Rossi. Di più: in occasione della ‘prima’ nazionale di Centoventi contro Novecento, il 29 settembre 2019 a Milano Calcio City, la presenza di Ancelotti è stata smentita da Scillitani e da Massimiliano Castellani (Storie di cuoio. Pasolini vs Bertolucci, il derby del cinepallone, «Avvenire», 4 ottobre 2019): «Trattasi […] di leggenda».
Soltanto da lì a un anno abbondante («Gazzetta dello Sport», 19 marzo 2021) sarebbero maturate le condizioni della ‘confessione’ di Carlo Ancelotti che proprio Schianchi ha avuto l’abilità e la fortuna di raccogliere. «Sì, quel ragazzino sono io» (il primo a destra in piedi nella foto di gruppo a colori), suona l’incipit dell’articolo di Schianchi dal fluviale titolo «Una partita da film». Quando Ancelotti sfidò Pasolini: «Segnai un gol e vinse Bertolucci». Nel 1975 i due registi giravano a Parma, nel match tra troupe Carlo giocò da… attrezzista, che chiude definitivamente la questione.
Non è del tutto pacifica, invece, la data del passo d’addio di Pasolini calciatore. L’indicazione proposta da Salvatore Mugno (L’ultima partita di Pasolini. Trapani 4 maggio 1975, Viterbo, Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, 2013) è stata contraddetta dal documentario del 2019 dal medesimo titolo che Giordano Viozzi ha diretto avvalendosi delle ricerche di Francesco Anzivino. Pasolini ha certamente giocato il 14 settembre 1975 allo stadio Ballarin di San Benedetto del Tronto con la cosiddetta Nazionale Artisti, sconfitta 4 a 2 dalle ‘vecchie glorie’ della Sambenedettese. A San Benedetto Ninetto Davoli stava girando Il vizio ha le calze nere, prima prova registica dell’indimenticato caratterista siciliano Tano Cimarosa, pseudonimo di Gaetano Cisco (Messina 1922-2008), con John Richardson, Dagmar Lassander, Magda Konopka, Giacomo Rossi Stuart, Daniela Giordano (e con lo stesso Cimarosa nella collaudata parte del brigadiere). Per un singolare gioco del caso, uno degli sceneggiatori del film, thriller saffico di lata ascendenza darioargentiana, ancora in attesa dell’attenzione verosimilmente complice dei cultori del trash, è, insieme con Luigi Latini de Marchi, il giornalista neofascista Adriano Bolzoni (Cremona 1919-2005), già direttore di un settimanale, «il Reporter», al quale Pasolini aveva collaborato come critico cinematografico dal 29 dicembre 1959 al 15 marzo 1960. È controversa la sua partecipazione a Nettuno, l’11 ottobre 1975, a un’altra partita disputata da attori e cantanti.
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