Guerra in Europa
Dopo 100 giorni come il primo. Il video pubblicato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky su Instagram per segnare questo passaggio simbolico dell’invasione russa appare come un dèjà-vu. Il leader al centro e alle sue spalle i fedelissimi che lo hanno accompagnato sin dall’inizio dell’incubo in cui è sprofondato il Paese, uno accanto all’altro, quasi a cingerlo e proteggerlo dal nemico: il suo consigliere Mykhailo Podoliak, nel frattempo diventato il negoziatore principe di una pace che sembra un miraggio, il primo ministro Denys Shmyhal, volto silenzioso di un governo ipermediatizzato, il capo del suo staff, Andriy Yermak, e quello del suo partito 'Servitore del popooo', David Arakhamia. Uno schieramento riproposto nelle stesse posizioni e con lo stesso sfondo del video diffuso il 25 febbraio, poche ore dopo l’avvio dell’invasione: gli uffici del palazzo presidenziale nel centro di Kiev.
«Siamo tutti qui a difendere la nostra indipendenza, il nostro Paese», aveva scandito allora Zelensky, disperdendo con il corpo del leader e il veicolo dei social i veleni di Mosca su una sua presunta fuga per demoralizzare le truppe ucraine. Ma a Kiev non hanno fatto come a Kabul - caduta senza colpo ferire con un presidente disertore - e cento giorni dopo il presidente può tornare a mostrarsi in trincea con i suoi scudieri, dismettendo però l’iconica maglietta verde militare: una differenza dall’evidente impatto simbolico, come del resto quello di un video registrato stavolta alla luce del giorno di una capitale certo più sicura.
«I rappresentanti dello Stato sono qui a difendere l’Ucraina da cento giorni», dice ora Zelensky in 36 secondi affidati a Instagram e alla storia: tanto basta per ribadire l’impegno e l'invito alla resistenza, con la promessa di una «vittoria» che viene sancita dal mantra di sempre: «Gloria all’Ucraina!».
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