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Olimpiadi verdiane, in migliaia a Busseto

Olimpiadi verdiane, in migliaia a Busseto

11 Giugno 2022, 03:01

Busseto - Busseto e Verdi? Lasciamo perdere. Basta guardare attentamente il monumento dello scultore Secchi, artista che nel 1913 ha saputo leggere sul viso del Genio la ritrosia e il disappunto per essere collocato in bronzee sembianze al centro del paese per così poco tempo amato e poi così grandemente detestato.

E’ un venerdì caldo e assolato, Busseto è invasa e conquistata da migliaia di giovani, protagonisti delle Olimpiadi Verdiane.

Tutto nel nome di Verdi accade nell’antica capitale dello Stato Pallavicino. Un tempo avevano persino aperto un distributore di «VerdianGas», oltre che piazzare la sua faccia perennemente scontrosa su etichette di vini e liquori, ricette di cucina e altre amenità. Ma occorre dire che dai primi anni del Novecento fino agli anni Ottanta, Busseto riuscì ad ben onorare il Genio con spettacoli di grande livello, Toscanini e poi Bergonzi i facitori decisivi, e con il Concorso Voci Verdiane per due decenni una delle «fabbriche di voci» più prestigiose.

Infine le ultime delizie in occasione del Centenario del 2000-2001 e il Bicentenario del 2013, con Muti, Domingo, Zeffirelli, Metha.

Resiste il tradizionale premio «Verdi d’oro-città di Busseto» nato nel 1972, e gestito dagli «Amici i Verdi», associazione che ha sede nella Casa Museo Barezzi: il luogo della breve felicità del Giuseppe ragazzo sempre al centro di polemiche, il paese diviso in due fazioni: Coccardini borghesi filo rivoluzionari a lui favorevoli contro i Codini baciapile.

Strano destino e strana gente noi bussetani. Guardando la felice animosità festosa di queste Olimpiadi fracassone e genuine, i cimenti che esigono un agonismo serafico e cordiale, educativo e solidale, a noi che abbiamo fallito la presuntuosa missione verdiana di valorizzare appieno le potenzialità ereditate da due giganti della stazza di Verdi e Guareschi, non resta che sperare in questi giovani bussetani.

L’entusiasmo trabocca: «E’ come una magia che ha contagiato positivamente la nostra comunità», dice il sindaco, l’avvocato Stefano Nevicati, eletto a capo di una lista civica di centrosinistra: «Queste olimpiadi che di anno in anno hanno sempre maggior successo possono diventare il propellente e l’occasione di un inizio di rilancio del paese. Certo la nostra è una scommessa difficile, la pandemia e la crisi hanno aggravato un contesto già problematico. Ma noi non ci faremo abbattere dalle cose negative. Abbiamo il dovere di migliorare la vita della nostra comunità. Ed è quello che faremo».

L’idea di queste gare pacificanti venne a Luca Concari dieci anni fa: «Le discipline non sono tutte uno sport vero e proprio ma dei giochi che mirano a mantenere viva una tradizione, richiamando i giochi di strada. Abbiamo cercato di coinvolgere diverse realtà del territorio in modo di dare continuità durante tutto l’anno», spiega l'assessore allo Sport, navigato politico socialista, vicesindaco in passato: «Abbiamo anche cercato di annullare il discorso competitivo privilegiando lo spazio di aggregazione e divertimento. Le discipline passano da quelle storiche come le pielle e le freccette a qualcosa di più moderno come i droni, passando dal vecchio al nuovo».

In gara ci sono 76 squadre ciascuna composta da 15 giovani che indossano maglie dedicate alle opere verdiane e ai protagonisti del melodramma. Più di mille dunque i concorrenti, più gli accompagnatori, gli amici e gli spettatori.

Bar e negozi aperti, il paese, anzi la città di Busseto si rianima. Rianimazione a volte dall’effetto poco gradito soprattutto per chi abita in via Roma e dintorni.

Già soggetti al baccano prodotto dal mercato fin dalle 4 del mattino il martedì e il venerdì; insonni per la musica alta, sparata dal bar in piazza Verdi. Svegliati da incursioni motoristiche sul far dell’alba. Infine sepolti in casa dalle sfilate del Carnevale, meritano una medaglia al valor civile. Dunque sarà la volta buona? Riusciremo a cambiare la nostra testa? Strana indole nichilista la nostra di noi bussetani. Rifiutammo l’Agip, che Mattei voleva in un luogo servito dalla ferrovia.

Seduti al Caffè centrale tra un aperitivo e una smazzata, mostrammo il pollice verso a tutto quell’ambaradan di tubi, trivelle e schizzi di puzze chimiche. Ma che roba era? Mica degna di una capitale aristocratica, s’arrangino quelli di Cortemaggiore, i «magiostrini», bucolici fanfaroni che coglievano le fragole, le magiostre, prodotte da alberi così alti da necessitare l’uso della scala.

L’Agip se ne andò lì. Quando la radio gracchiava la réclame di Supercortemaggiore la potente benzina italiana, sotto i portici Bussetani era tutto uno scuotere la testa in segno di compatimento. «Ma che roba! Ma hai sentito la puzza e il viavai insopportabile che c’è a Corte?».

Dicemmo nisba anche a Caruso, il sarto conquistatore dell’alto abbigliamento, sicché 400 posti di lavoro felicitarono la vicina e più saggia Soragna. E Il Carnevale? Era uno dei più antichi d’Italia. Finito. Le opere in piazza? Zero. Verdi e Guareschi, tesori non sfruttati. Carlo Bergonzi, il tenore dei tenori che teneva l’Accademia di canto nell’albergo I Due Foscari? Gli hanno intitolato un pezzo di piazza ma lo festeggiano a Vidalenzo, Polesine. Miglioreremo? Chissà. «Sempre avanti così» era lo slogan di una società di carristi carnevaleschi. S’è visto com’è finita. Vogliamo che Verdi scenda dalla cadrega, per trasferirsi a Villanova sull’Arda, a Sant’Agata? A proposito: Villa Verdi andrà all’asta. Bel colpo anche questo, no?

Vittorio Testa

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