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Giocavano col fuoco: due 11enni gravissimi

Giocavano col fuoco: due 11enni gravissimi

di Mara Varoli

19 Giugno 2022, 03:01

Anche un gioco può diventare pericoloso, soprattutto se nella magia del momento si accende un fuoco, là dove non si può, o si usa per sbaglio del liquido infiammabile in un esperimento scaricato da Internet.

È quello che è successo a due bambini di 11 anni che in circostanze diverse, e a distanza di qualche giorno uno dall'altro, sono finiti in Rianimazione con ustioni di terzo grado, sotto gli occhi impotenti dei genitori.

Che ora devono solo aspettare: ci vorrà tempo perché le bruciature profonde alle braccia, alle gambe e al torace possano essere curate completamente. Incidenti che purtroppo non capitano così raramente: al Centro Ustioni dell'ospedale Maggiore su 200 ricoveri all'anno, 80 sono bambini. Che proprio nel gioco si procurano ferite gravissime.

«I due bambini di 11 anni ricoverati in Rianimazione hanno ustioni molto estese agli arti e all'addome e devono passare continuamente dal reparto di Rianimazione al Centro Ustioni, dove sono stati operati già più volte - spiega Edoardo Caleffi, direttore della Chirurgia plastica e del Centro ustioni -. Da quello che abbiamo potuto capire, un bambino aveva costruito una tenda di indiani in camera da letto e ha cercato di accendere un fuoco all'interno. Ricordiamoci che il fuoco per i nostri piccoli è sempre una forte attrazione. Il secondo bambino, invece, si è ustionato mentre stava facendo un esperimento trovato su Internet, tipo quello del piccolo chimico che vuole far cambiare colore all'acqua. Nella miscela ha deciso di utilizzare l'alcol, sostanza pericolosissima: da tempo come Società italiana ustioni, Siust, facciamo la guerra al commercio di alcol. Un prodotto che andrebbe abolito. Anche il vapore che si forma all'interno quando il contenitore è stato aperto può scatenare esplosioni e creare quindi delle ustioni».

Ma come stanno adesso i bambini?

«I bambini sono stati operati più volte - risponde Caleffi - proprio per rimuovere le parti ustionate di terzo grado, che possono essere causa di infezioni, per cui l'organismo può assorbire sostanze tossiche e portarle al fegato, ai polmoni e agli altri organi. Si chiama infatti malattia da ustione proprio perché coinvolge gli organi interni. La sostituzione della pelle può essere effettuata con varie metodiche: innesto autologo, con pelle prelevata allo stesso paziente; innesto dalla banca della cute, che viene prelevata dai donatori. La grossa difficoltà è l'innesto della pelle del donatore perché il paziente riconosce solo la sua pelle e quindi bisogna prevedere il rigetto. Tra le metodologie utilizzate ci si avvale della cute sintetica: una piccola quantità di pelle prelevata al paziente viene portata in laboratorio per moltiplicarsi e da pochi centimetri avremo anche parti da un metro. L'intervento chirurgico è un'operazione in più tempi e non ha solo una valenza estetica ma soprattutto funzionale».

Sono tanti i bambini che si ustionano?

«Purtroppo sono casi che capitano spesso. Si parla infatti di ustioni degli adulti e ustioni dei bambini. E la casa è il luogo più pericoloso: ci sono più di 200 sostanze come la varechina, l'acido muriatico o la benzina che possono causare ustioni. Ma anche le prese elettriche possono diventare un serio pericolo per i bambini molto piccoli. E dal momento che la loro pelle è molto sottile e meno protetta, già a 45 gradi l'acqua può diventare causa di ustioni. E quando accade, così come è successo a questi due bambini, bisogna prestare molta attenzione nel percorso post operatorio: ad esempio con le cicatrici il bambino non può prendere il sole e deve utilizzare tutor elastici e proseguire con cure al laser. Quando si ha un ustione grave è un cambio della vita e il paziente deve rimanere sotto osservazione per anni».

Quindi per i bambini è la casa il luogo più pericoloso?

«Già l'acqua sui fornelli è pericolosa - conferma Caleffi -. E la pentola va sempre tenuta nei fornelli vicini al muro, per evitare che il bambino spinto dalla curiosità possa prenderla e rovesciarsi l'acqua bollente addosso. Come Siust e Centro ustioni di Parma vorremmo organizzare delle lezioni nelle scuole per spiegare ai bambini i possibili pericoli. C'è uno studio internazionale che ha messo in rapporto la qualità sociale della vita e la quantità di ustioni ed è dimostrato che ci si ustiona di più là dove la società non ha i mezzi. Tant'è che i Paesi nordici, prestando più attenzione, hanno meno casi di ustioni. Bisogna fare prevenzione e bisogna prevenire il pericolo, perché i genitori non possono essere sempre presenti in tutti i momenti e nei luoghi nell'arco di una giornata. Al Centro ustioni di Parma abbiamo 200 ricoveri all'anno e 80 sono bambini. Certo, non sono tutti gravi come questi due 11enni, ma comunque hanno bisogno del Centro per le cure: c'è il bambino che è in braccio al papà mentre beve il caffè e basta poco per farlo cadere addosso al piccolo, ma c'è anche il bambino ustionato dal latte bollente o dalla ciotola di suffumigi o dal pannetto caldo che si mette sul torace per la tosse. La pelle è il nostro organo barriera e se con l'ustione viene eliminata i batteri entrano all'interno. A ogni età il bambino può rischiare di ustionarsi: dal piccolo che gattona e si tira addosso il ferro da stiro, inciampando nel cavo elettrico, al ragazzino che si brucia con la marmitta del motorino. E ricordiamo che i Centri ustioni in Italia sono pochi e quelli che curano i bambini ancora meno: se ne contano 7-8, non di più. E per la cura è necessario l'intervento di una serie di specialisti coordinati dal chirurgo plastico e i costi sono elevatissimi. Senza dimenticare il fatto che con ustioni gravi non possiamo garantire che i segni non rimangano: basti pensare alle ustioni causate dai petardi, in cui le mani sono compromesse e l'attività lavorativa è ridotta: tutta la vita si modifica».

L'episodio che l'ha colpita di più?

«Un bambino che era stato ustionato dai genitori - conclude Caleffi -. Gli erano state procurate bruciature sulla mano perché così quando andava a chiedere l'elemosina poteva suscitare più compassione nella gente».

Mara Varoli

© Riproduzione riservata

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