DELITTO DI GAIONE
Era stretto in un vicolo cieco. In quel passaggio angusto soffocato da accuse pesantissime. «Venite, ho ucciso un uomo», aveva detto Constantin Gorgan chiamando il 112 dopo aver accoltellato Vitalie Sofroni. Pochi minuti, davanti al gip Sara Micucci, senza dire una parola, ma il silenzio era quasi scontato. Almeno in questa fase Gorgan, 27 anni, moldavo con passaporto romeno, non aveva nulla da dire. Da aggiungere a quel martedì sera di brutalità. Toccava al giudice parlare. Decidere. E il gip ha convalidato l'arresto per l'omicidio aggravato dalla premeditazione, ma ha anche disposto l'ordinanza di custodia cautelare, come richiesto dal pm Ignazio Vallario, per maltrattamenti nei confronti della compagna e per violazione di domicilio aggravato.
Reati satellite, ma che possono segnare il destino processuale di Gorgan. E' sufficiente l'aggravante della premeditazione per aprire l'abisso dell'ergastolo. Impossibile, poi, nel caso il pm decidesse di farlo finire a processo con quelle accuse, chiedere il rito abbreviato, che prevede lo sconto secco di une terzo della pena. Tradotto: un «fine pena mai» può trasformarsi in 30 anni, in alcuni casi. Ma la legge non consente più il rito alternativo per l'omicidio aggravato. Insomma, non c'è alcuna possibilità di scelta per la difesa.
Ci sono ancora scenari da disegnare con precisione, però. E' vero che Gorgan è uscito di casa con un coltello da cucina ed è andato a casa di Sofroni sapendo che lì avrebbe trovato la compagna e la figlia, ma aveva pianificato di uccidere? E di ammazzare chi: la donna o Sofroni, come poi è accaduto? «Va chiarito se è vero che, come lui sostiene, Gorgan è tornato a casa, non ha più trovato la compagna e la figlia e ha cominciato a fare una serie di telefonate per capire dove erano, fino a quando è venuto a sapere che erano a casa di Sofroni, del suo amico. - sottolinea Ubaldo Arduini, difensore di Gorgan -. E a quel punto - aggiunge - ha perso la testa. Va prima a casa di Sofroni, porta con sé la compagna e la figlia, poi viene raggiunto nel parcheggio di strada Fontanini, dove poi è avvenuto l'omicidio. Sono tutti aspetti da approfondire per valutare la sussistenza dell'aggravante». Ed è altrettanto chiaro che è necessario ricostruire il contesto dei maltrattamenti, che comunque la donna aveva segnalato nei giorni precedenti trovando rifugio a casa di Vitalie.
Tante domande e prime risposte che cominceranno a prendere forma nelle prossime settimane. Oggi verrà affidato l'incarico per l'autopsia al medico legale bolognese Donatella Fedeli. Dai primi riscontri sembra sia stato un colpo deciso al cuore a uccidere Vitalie, 39 anni, ma l'esame autoptico dovrà accertare eventuali altre lesioni o ferite da difesa: la dinamica dell'aggressione da accertare e ricostruire per capire quanto siano attendibili le prime parole di Gorgan incrociate con quelle della compagna, che sarà ulteriormente risentita per far luce sui maltrattamenti.
Lei che era stata trascinata via con la bambina di 9 mesi dalla casa dove aveva trovato rifugio da due giorni. Nell'appartamento di Vitalie, che si era sempre dimostrato disponibile e generoso anche con Gorgan. Ma per capire cosa sia accaduto in quelle ultime 48 ore sarà anche fondamentale verificare quali chiamate siano state fatte e ricevute. Per questo, ieri, il pm Ignazio Vallario, che coordina le indagini, ha anche affidato una consulenza tecnica per l'esame dei telefonini.
Dati da incrociare con le parole della compagna di Gorgan. Con il suo racconto di questi ultimi mesi sempre più difficili accanto a quell'uomo che pareva timido, quasi schivo. Così era apparso anche ai familiari di Sofroni. Ma martedì Gorgan ha mirato al cuore.
Georgia Azzali
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