Gup
Per lui non era che l'obbedienza al giuramento d'Ippocrate; per chi l'avrebbe poi accusato, invece, l'abbandono a un impulso violento e perverso. Un obbligo o al massimo un eccesso di zelo, secondo il primo; un reato, e per di più replicato in serie, per undici giovani donne sulle cui testimonianze si è basato un processo per violenza sessuale. Reato aggravato dal fatto di essere stato commesso con abuso dei poteri inerenti al pubblico servizio. Dello stesso avviso dell'accusa, il Gup Adriano Zullo, che al termine del rito abbreviato ha condannato a tre anni un pediatra ultrasessantenne: un anno in più di quanto richiesto dal pm Andrea Bianchi. L'avvocato Filippo Federico, uno dei difensori del professionista (l'altro è Andrea Gaddari, del foro di Bologna) sottolinea come si tratti di «fatti lievi e, soprattutto, interpretabili: attendiamo il deposito delle motivazioni, ma annunciamo fin da ora che impugneremo la sentenza».
I fatti in questione riguardano il periodo compreso tra l'agosto del 2020 e il marzo dell'anno successivo. Il pediatra non si è limitato a visitare i bambini, ma anche le loro mamme. Gli vengono contestate soprattutto le palpazioni dei seni. Ottenuto che fossero denudati, il medico procedeva a stringerli e a strizzare con forza i capezzoli. Operazioni che potevano proseguire per 4 o 5 minuti. Manovre inevitabili, avrebbe sottolineato lui, per escludere la presenza di ragadi e per verificare se fosse sufficiente il latte prodotto dalla madre per il neonato. A una giovane, invece, il professionista avrebbe solo palpato e sollevato il seno, senza procedere alle strizzate dei capezzoli.
Non solo. In più occasioni, il professionista avrebbe sottoposto le madri dei piccoli pazienti a visite nelle parti intime. Per scoprire eventuali infezioni batteriche trasmissibili anche al bambino, avrebbe detto lui. O per controllare che i punti di sutura nella zona del perineo, necessari dopo il parto, tenessero ancora. Visite che, nella maggior parte dei casi sarebbero avvenute senza contatto, tranne che in un'occasione, quando una donna ha raccontato di essere stata anche toccata, e non con strumenti utili ai fini diagnostici.
Compiti che spettano ad altre figure e non ai pediatri, è stata la tesi dell'accusa. Il medico ha risarcito tutte le «pazienti involontarie» prima del giudizio. Nessuna si è costituita parte civile.
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