a proposito di siccità
Senza la diga di Mignano, i campi della val d'Arda rischierebbero di restare a secco. Stesso rischio anche per molti rubinetti sulle colline e sull'Appennino piacentino, dato che il lago artificiale contribuisce, insieme ad altre fonti di approvvigionamento, a garantire l'acqua a circa 35mila utenze sparse fra sette comuni. «Senza questa diga la nostra agricoltura sarebbe in grossissima difficoltà, perché stiamo attraversando la siccità più brutta degli ultimi settant'anni». Luigi Bisi, presidente del Consorzio di bonifica di Piacenza, si appoggia alla ringhiera e dal coronamento, il punto più alto della diga, guarda in basso per capire cos'ha in «cassaforte»: circa 3 milioni di metri cubi d'oro blu, pari a un terzo del volume complessivo che può immagazzinare il bacino. A valle del ciclopico sbarramento scorre l'Arda, il torrente che nonostante il caldo e la siccità non è in secca. «Rilasciamo più acqua di quella che immagazziniamo. Siamo attenti anche all'aspetto ambientale».
A Piacenza, sul confine con la provincia di Parma, questa diga che ha quasi 90 anni rappresenta ancora oggi un valido salvagente di fronte ad una scarsità d'acqua sempre più drammatica. La sua capacità di immagazzinare 9,8 milioni di metri cubi la rende molto più piccola rispetto all'invaso di Ridracoli, in Romagna, dove la diga ad arco-gravità trattiene circa 33 milioni di metri cubi d'acqua, e a quello ipotizzato ad Armorano (60 milioni di metri cubi). Ma nonostante le dimensioni «ridotte», non solo dà da bere ai campi e alla popolazione, ma trattiene anche le piene, impedendo al torrente di fare danni là dove, tra gli anni '60 e '70, si è costruito a ridosso dell'Arda.
Una diga al confine
La diga di Mignano, nel comune di Vernasca, si trova a una sessantina di chilometri da Parma (circa un'ora di macchina percorrendo la via Emilia). Bore, invece, è subito dopo le montagne, attaccato al confine con la provincia di Piacenza. Superati Castell'Arquato, Lugagnano e un grosso cementificio, la diga, imponente ma non altissima (il coronamento è a 64 metri), sbuca all'improvviso superata una curva della provinciale 21. Alla destra di chi sale lungo la strada, sbarra la vallata dal 1934, anno della sua messa in funzione, mentre la prima pietra è stata posata nel 1926.
Opera centenaria
«Cent'anni fa, in un momento di grave difficoltà, si sono immaginati ciò che dovremmo pensare di fare noi oggi, cioè accumulare l'acqua, che è una risorsa fondamentale per le produzioni alimentari. Allora la grande sfida fu di dar da mangiare alla popolazione», afferma il presidente, affiancato da Marco Belicchi, ingegnere parmigiano responsabile della sicurezza dell'impianto, e da Andrea Terret, tecnico del Consorzio di bonifica. «Quanto alla necessità di irrigare nell'anno 1934 essa dipendeva da ragioni morali ed economiche e quindi non si poteva andare avanti per gradi, ma bensì si doveva fare subito e bene e in modo definitivo» Così si legge nella relazione del direttore dei lavori dell'epoca.
«Salvagente» per i campi
Per i campi della val d'Arda, fertile ma arida nei mesi estivi, la diga rappresenta un salvagente. Se non ci fosse, quest'anno l'agricoltura vivrebbe una gravissima crisi idrica. «Siamo nella siccità più brutta degli ultimi settant'anni. Lo certificano sia il Consorzio che le persone che hanno memoria sufficiente per ricordarselo - premette Bisi -. In questo momento stiamo erogando una quantità d'acqua sufficiente per poter irrigare la pianura della val d'Arda. Qui abbiamo due comprensori irrigui, il basso val d'Arda, con prelievo da Po, e la val d'Arda, molto importante come areale agricolo, rifornita tutta con la diga di Mignano. Se non avessimo la diga, alcuni agricoltori dovrebbero abbandonare i campi e le loro colture perché non avremmo la possibilità di dare loro l'acqua».
Come se non bastassero caldo e siccità, ci pensa anche la guerra in Ucraina (il granaio d'Europa) a complicare la situazione. «Lo stesso presidente del Consiglio ha invitato l'agricoltura a produrre alimenti, ma se non ci fosse l'acqua per irrigare i campi non potrebbe farlo. Ricordo che la terra e l'acqua sono i due elementi fondamentali per produrre cibo».
Entrando nel dettaglio, la diga di Mignano distribuisce acqua al distretto irriguo Arda per una superficie di circa 4.000 ettari a cui, in anni ordinari, corrisponde una produzione agricola dal valore stimato di circa 18 milioni di euro.
Scudo contro le piene
«La diga non svolge solo un ruolo di accumulo di acqua. Serve anche per garantire la protezione a valle», precisa Bisi. «L'Arda è un torrente che ha subito l'urbanizzazione selvaggia negli anni '70 e in alcuni territori abbiamo costruzioni a ridosso degli argini. Se in alcuni momenti di piena non facessimo laminazione, cioè non trattenessimo l'acqua, quegli stessi territori verrebbero allagati, con danni ingenti. Dico questo per sfatare il mito delle dighe pericolose. In questo caso la diga fa sicurezza per i territori che si trovano a valle».
In base alle previsioni di pioggia, spiega Bisi, «prepariamo un volume di invaso sufficiente a poter trattenere l'acqua piovana. Questa diga, negli anni, ha dimostrato di essere resiliente».
Serbatoio per 7 comuni
Il lago di Mignano dà da bere a circa 35mila utenze distribuite nei comuni di Vernasca, Gropparello, Lugagnano, Alseno, Fiorenzuola, Castell'Arquato e Carpaneto Piacentino. Per quanto riguarda i primi due (Gropparello e Vernasca), la dipendenza dalla diga è totale, mentre gli altri hanno altre forme di approvvigionamento. Il lago attrae turisti, scolaresche e sportivi - qui viene disputata una gara di triathlon - oltre a garantire un flusso costante d'acqua lungo l'Arda. «Stiamo usando l'acqua della diga anche per garantire il deflusso minimo vitale lungo il torrente», precisa Bisi, che spera di poter sfruttare l'oro blu anche per produrre energia pulita. «Siamo attenti alla possibilità di produrre energia dalle nostre opere, tanto che siamo stati fra i mecenati di una star up che si occupa di fotovoltaico galleggiante sui laghi. Ma questo è un discorso che dovremo affrontare con tutti gli attori del territorio». Nella speranza che la burocrazia e le battaglie politiche non blocchino le buone idee.
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