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CALESTANO

Beppe, ricominciare a 97 anni: «Questo è il mio paese del cuore»

Beppe, ricominciare a 97 anni: «Questo è il mio paese del cuore»

di Sandro Piovani

29 Luglio 2022, 03:01

Calestano - Beppe ha gli occhi di ghiaccio, quasi come il protagonista di un famoso film. E in fondo, quando racconta la sua vita, sembra un po’ di entrare in quelle narrazioni vintage in bianco e nero, storie di uomini, di sentimenti, di passaggi mai scontati. Beppe, che di cognome fa Anelli (ma poco importa), vive a Calestano da quattro anni, forse «sorpreso» nel paesino della nostra montagna anche dalla pandemia. Che lo ha circondato, come quei «nemici» invisibili che ti tengono lontano da tutto.

Bisogna dire che Beppe ha 97 anni (compiuti da poco proprio a Calestano), che sta bene, che ha uno spirito di adattamento invidiabile. Là, che alla sera c’è il fresco dei nostri Appennini, si sta bene anche in queste giornate di calura. Ma lui sta bene perché tutti lo salutano, tutti intesi dal ragazzo al coetaneo. Se vi sedete al tavolino di un bar (noi lo abbiamo fatto da «Fontana», nella via centrale), sentirete un «ciao Beppe» come colonna sonora d’accompagnamento. «Perché a me piace parlare - ci spiega -: se capisco di dar fastidio smetto e ci provo con qualcun altro».

Ma Beppe non dà fastidio, le sue storie sono fatte di sofferenza e gioia, come è la vita. Di rinunce e conquiste. Ma resta sempre un sorriso contagioso, uno sguardo magnetico nonostante l’età. E nonostante il Covid. «Ma io non l’ho preso. Sono rimasto qui, da solo. Due anni con poca gente in giro. Nessuno praticamente. Invece morivano in tanti, da un giorno all’altro non li vedevi più». Per lui, che voleva «fare il contadino, con le mie mucche: in montagna si viveva bene con una decina di bestie nella stalla appena finita la guerra». Poi la vita l’ha portato a Parma, a «lavorare da Salvarani». Da Parma a Sala Baganza e poi a Calestano. Con quella voglia di tornare nella sua montagna. «Qui mi sembra di esserci nato. Basta adeguarsi alle abitudini del posto». Perché il bello della montagna è che puoi «stare in alto, vedere il cielo da ogni parte si guardi, avere lo sguardo libero». E poi il Covid. Fortunatamente mai avuto, come detto. Ma subìto sì, bloccato nel silenzio di Calestano. «Alla fine mi sono anche divertito, ho dato una mano qui. Abbiamo pitturato gli scuri, fatto dei lavoretti». Merito del suo essere nato contadino, perché «da contadino non sei un artista, ma ti arrangi a fare tutto».

Una storia parmigiana, senza social e senza pubblicità. «La mia vera passione era fare il falegname, ma restaurare più che costruire». Quasi come si fa con la vita che prende strade inaspettate, dove i ricordi valgono più di mille manuali e dove spesso ci sono parti da restaurare. «Mio padre è morto che avevo undici anni. C’era da lavorare. Però ho la quinta - spiega fiero -: i primi tre anni li ho fatti a Castellonchio, gli altri due a Cassio. Andavo a piedi, “col scherpi busi”: quattro chilometri andare e a tornare. Rientravamo, mangiavamo al sacco sotto una volta se pioveva e sulle scale della Madonnina se c’era bello. Poi si lavorava sempre, sabato e domenica compresi».

Tempi duri, ma chi se li ricorda? Beh, è facile. Beppe lo trovate spesso al bar pizzeria Fontana, a Calestano, e fare due chiacchiere per lui è un piacere. «Sono qui, guardo giocare a carte e poi li critico (ride sincero). Qui sto bene, ho trovato della brava gente». E per noi incontrarlo è stata un’emozione, vera.

Storie parmigiane da raccontare in questa estate calda. Mai come il grande cuore di Beppe. Che riparte, con il suo bastone, un giretto per Calestano, due chiacchiere e tanti ricordi. «E non avrei mai pensato di vedere un’altra guerra». E se lo dice lui, fa riflettere. Anche sotto il sole cocente di questa estate.

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