Record di accessi
Dopo giornate di fuoco, con decine di pazienti nel pronto soccorso in attesa di un posto letto nei reparti ordinari, e con medici ed infermieri alle prese con la difficoltà di gestire pazienti positivi al Covid e non, la protesta del personale del pronto soccorso è esplosa la scorsa settimana con un atto clamoroso, sebbene simbolico: la richiesta in massa di trasferimento in un altro reparto dell'ospedale Maggiore.
Una mossa che fa seguito a varie iniziative sindacali che nei giorni scorsi hanno coinvolto anche il sindaco Michele Guerra, l'assessore comunale al welfare Ettore Brianti e il prefetto Lucio Garufi. Sul tavolo le richieste degli operatori della sanità locale (ma anche nazionale) in merito alla carenza di fondi contrattuali per il pagamento delle voci accessorie in busta paga, fra le quali straordinari e guardie: un problema che vede le due aziende sanitarie di Parma, Ausl e ospedale Maggiore, fra quelle più in sofferenza in Regione. Ma anche la situazione al pronto soccorso, dove, come recita una lettera dei giorni scorsi della Cgil sanità, «si registra una grave criticità per l'aumento degli accessi sia Covid che non. Il ps ospita pazienti in attesa di un posto letto da giorni, diventando di fatto un reparto e perdendo la funzione di emergenza-urgenza». Una situazione per la quale il personale - anche per le ferie e le malattie da Covid - non è preparato, continua il sindacato.
Il direttore generale dell'Azienda ospedaliera universitaria, Massimo Fabi, non nasconde il problema. E dal canto loro i sindacati danno atto che proprio un intervento del direttore generale nei giorni scorsi ha contribuito a normalizzare la situazione.
«La richiesta di trasferimento di massa è un comprensibile grido di aiuto. Ed arriva anche da chi non ha fatto gesti clamorosi ma da tre anni lavora “in tuta” per affrontare la pandemia - premette Fabi - Ma il problema va affrontato con interventi di sistema e di organizzazione generale, non con iniziative puntuali nel singolo reparto».
Che il pronto soccorso sia la «prima linea» degli ospedali non è una novità. Ma quello che nei giorni scorsi ha portato ad un punto di rottura è (anche) l'inattesa ondata pandemica estiva, e in generale il quadro epidemiologico post-Covid, «che ha cambiato la connotazione demografica degli accessi al ps. Nel luglio 2021 avevamo avuto 23 accessi di anziani polipatologici, questo luglio abbiamo chiuso con 82 accessi di questo tipo», dice Fabi. E a fronte dei 12.995 pazienti over 65 presi in carico dal ps nei primi sette mesi del 2021, quest'annoi la cifra, nello stesso periodo, è salita a 14.786.
Pazienti che si presentano al ps per un infortunio o una patologia cronica non legati al coronavirus, e che si scopre essere positivi, rendendo difficoltoso il loro isolamento da quelli no Covid.
Proprio la gestione dei ps è uno dei tre temi prioritari della sanità regionale, assieme alle attese per la specialistica ambulatoriale e per i ricoveri chirurgici programmati.
Due, secondo Fabi, gli snodi da affrontare: «Governare l'accesso al ps e agevolare le dimissioni. L'unificazione delle due aziende sanitarie, Ausl e ospedale, crea opportunità prima inesplorate che abbiamo affrontato, la scorsa settimana, nella nuova direzione strategica congiunta».
Per quanto riguarda l'accesso al pronto soccorso, Fabi parla di un maggiore ruolo di Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) e Umm (unità mobili multidisciplinari), «ossia l'ospedale che esce nel territorio e visita a domicilio gli anziani pluripatologici. Oggi la decisione dell'accesso viene presa soprattutto dai medici di famiglia. Per supportare questi ultimi andranno rafforzati gli ambulatori di cronicità delle Case della salute».
Cambierà anche, a fine settembre, l'organigramma ospedaliero, continua Fabi, «con la riorganizzazione delle aree internistiche e con 170 posti letto di degenza ordinaria per acuti e pazienti fragili e pluripatologici prevalentemente nel padiglione Barbieri. Altre aree ad alta competenza saranno nella Torre delle Medicine e nell'Ortopedia. In quest'ultima sarà istituita un'area a funzione ortogeriatrica».
Il 10% dei 320 posti letto internistici del Maggiore, continua Fabi, sarà dedicato alle necessità del pronto soccorso, ossia all'accoglienza di pazienti entrati per la «porta» di via Abbeveratoia.
«Con il direttore e gli operatori del pronto soccorso identificheremo inoltre aree in stretto collegamento con il reparto, all'interno delle quali gli internisti della fragilità possano supportare i medici dell'emergenza per degenze brevi». E poiché, dice sempre Fabi, «la durata della degenza viene dalla capacità del territorio di gestire il percorso in dimissione», cruciale sarà il raccordo con le realtà sanitarie ed assistenziali al di fuori del Maggiore. Fabi ricorda i 20 posti letto Covid istituiti all'ospedale di Vaio, e il ruolo dell'ospedale nella Casa della salute di San Secondo, «che già ora è riferimento per le cure intermedie rivolte ai pazienti fragili della zona bassa ovest e vedrà l’attivazione di 38 posti letto, di questi 10 a gestione dei medici di medicina generale e i restanti a gestione della medicina interna di Vaio, rivolti ai pazienti in dimissione da Vaio e Maggiore».
«Come abbiamo fatto nel pieno del periodo pandemico, anche in questo momento di forte transizione contiamo di rispondere con progetti organizzativi concreti», conclude Fabi.
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