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Due grandi ex premiati dall'Uefa

Le radici crociate di Sacchi e Ancelotti

Le radici crociate di Sacchi e Ancelotti

27 Agosto 2022, 03:01

Che bello, per noi italiani e soprattutto se siamo parmigiani, vedere l'altro giorno Arrigo Sacchi e Carlo Ancelotti premiati dall'Uefa. L'ex ct ha ricevuto il premio del Presidente, un omaggio alla carriera, Carletto quello come miglior tecnico dell'ultima stagione. Tra le motivazioni del riconoscimento a Sacchi questa frase: «C'è un calcio prima di Sacchi e un calcio dopo di lui». Che, tra l'altro, è un'assoluta verità. Siccome lo spartiacque è stato il suo Milan, a Parma abbiamo visto da vicino un calcio tra il prima e il dopo, che non illuminava ancora le notti europee e mondiali ma che si stava assemblando secondo i rigidi concetti sacchiani.

La squadra crociata nella primavera dell'85 era appena retrocessa, malamente, in C dopo un solo anno di B. Ernesto Ceresini volle dar retta al diesse Riccardo Sogliano che aveva messo nel mirino un giovane tecnico capace di vincere lo scudetto Primavera col Cesena nell'82 (con Zoratto e Ballardini in campo) e di impressionare tutti con un gioco nuovo e dinamico alla Fiorentina Primavera e in C al Rimini. Era lui, era Sacchi, che arrivò a Parma e vi trovò Carmignani e Pincolini, preziosi collaboratori poi per lunghi anni.

Agli allenamenti ai campi Stuard cominciammo a intravedere il «nuovo calcio», basato sì su un maggiore atletismo ma soprattutto sull'idea collettiva del gioco. E siccome in quegli anni c'erano ancora le amichevoli in provincia il giovedì, i semi del Verbo presero a girare anche tra i Dilettanti. Il primo anno fu subito promozione in B, il secondo venne sfiorata quella in A. E se Parma è stata trampolino per Sacchi, che poi ci è tornato un mese ad allenare nel 2001 e tre anni da dirigente (2001-2004), lo stesso si può dire per Carlo Ancelotti, il suo allievo prediletto che, partito come tecnico nel rigido solco del 4-4-2 sacchiano, ha saputo aggiornarsi e temperare gli spigoli del maestro con atteggiamenti più saggi e concilianti.

A Parma Carletto ha mosso i primi passi da calciatore, ingaggiato a metà anni '70 dal Reggiolo e fatto debuttare in prima squadra nel '77 da Tito Corsi in Coppa Italia e da Bruno Mora in campionato dopo aver trascinato gli Allievi allo scudetto tra i semiprofessionisti, bissato l'anno dopo. E anche da allenatore Ancelotti ha avuto a Parma la sua prima platea di un certo rango. Non ce ne voglia la Reggiana, che Carletto, reduce dall'esperienza al Mondiale '94 come vice del suo maestro, portò in A nel '96. A Parma centrò il secondo posto e la partecipazione alla prima Champions per i crociati. Pagando dazio alla gioventù con il rifiuto di Baggio e l'accantonamento di Zola, ma appuntandosi al petto la medaglia della valorizzazione controcorrente di Crespo.

Il quadro sarà completo quando sul palco dell'Uefa salirà Stefano Pioli, altro rampollo dell'era Ceresini. Già così però, si capisce che la grandeur crociata non è un'invenzione...

Paolo Grossi

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