La testimonianza
Se gli chiedi qual è la molla che lo spinge ad affrontare sacrifici, distanza, rischi, non ci pensa su neppure un secondo: «La condivisione. Essere utile agli altri. La forza di una comunità che condivide la stessa idea della medicina: cure gratuite per tutti, di altissima qualità».
Ma non si sente affatto un eroe, Franco Masini, il cardiologo parmigiano che dirige, come «medical coordinator» per Emergency, il Centro Salam di Khartoum in Sudan, il più grande ospedale di cardiochirurgia completamente gratuito di tutta l'Africa. 600 dipendenti, liste d'attesa infinite, un porto di speranza e professionalità in un'area in cui abitano oltre 300 milioni di persone e l'assistenza sanitaria è un privilegio di pochi. «Stupendo essere utili, qui realizzo appieno il senso dell'essere medico».
Il «mio» Salam
Una carriera da levarsi il cappello. Oltre quarant'anni in corsia al Maggiore, cardiologo, prima responsabile della struttura semplice di Cardiologia clinica e poi dell'Unità coronarica e terapia intensiva, conosciuto e stimato, dopo anni di spedizioni periodiche in angoli a rischio della terra, Masini, con la pensione, ha scelto di dedicarsi a tempo pieno ad Emergency. «Sono sempre stato contento del mio lavoro al Maggiore, un sistema sanitario di alta qualità, un ospedale cui sono molto affezionato. - spiega - Ma il Salam lo sento più mio». Come se fosse la cosa più normale del mondo, ricominciare in prima linea, quando non si è più giovani, e gettarsi nella mischia dall'altra parte del mondo: della sua esperienza parlerà domenica a Reggio Emilia, durante l'incontro «Terzo settore: quanto fa bene chi fa del bene?» (in piazza Prampolini alle 18,30), nell'ambito del Festival di Emergency, dal 2 al 4 settembre. Un Festival dal titolo emblematico: «La scelta».
Sanità d'eccellenza gratis
È la scelta del Salam, che in arabo vuol dire pace. Salam di Khartoum, l'ospedale sul Nilo blu, bello come un hotel a cinque stelle, pluripremiato nei concorsi di architettura. La sanità d'eccellenza nella pancia dell'Africa dimenticata, dove si curano, gratuitamente, i pazienti di 33 Paesi che in corsia, uno di fianco all'altro, ritrovano salute e pace. Un'oasi di vita e di competenza: 9.651 interventi chirurgici e 84.444 visite specialistiche cardiologiche dal 2007 ad oggi, 70 posti letto di cui 15 in terapia intensiva, la scuola di specializzazione universitaria che apre la porta della cardiochirurgia ai giovani medici africani. Gino Strada ed Emergency, scelte di cuore e di testa per Masini: «Volevo usare la mia esperienza professionale per fare volontariato. Non tutti lo sanno, ma questi sono ospedali dove vorresti essere curato tu e le persone a cui vuoi bene. Meglio che nei paesi industrializzati».
Cambio di passo
Un cambio di passo nella sanità africana e nelle strategie del volontariato. Il Salam nasce da un'idea semplice: mettere in pratica un nuovo modello di intervento nei Paesi in via di sviluppo. «All'inizio abbiamo avuto critiche, anche pesanti. C'era chi sosteneva che in Africa servono cure di base più che medicina ad alta complessità. Ma per noi sono due binari paralleli. In Sudan Emergency interviene, ad esempio, nel campo di Mayo, a 20 chilometri da Khartoum, dove abitano oltre 300mila profughi in condizioni disastrose, metà ha meno di 14 anni. In fondo, è un'idea un po' coloniale che in Africa si debba fare solo medicina di base. Il Centro Salam fa parte della rete Anme, l'associazione voluta da Emergency nata per promuovere la costruzione di centri medici di eccellenza in Africa».
Cuori giovani e malati
Al Salam arrivano ragazzi con il cuore a pezzi e il fiato che manca al cammino. Quella che in Occidente è quasi sempre una malattia legata all'invecchiamento, in Africa fa morire i giovani. Si chiama valvulopatia reumatica e colpisce con un'incidenza 20-30 volte maggiore rispetto ai Paesi sviluppati. «Ci sarebbe bisogno circa di un milione di interventi all'anno. Noi ne facciamo 4 al giorno. La difficoltà vera, lo strazio, è selezionare i pazienti. Abbiamo ragazzi di 20 anni, bambini scompensati che hanno bisogno urgente di intervento». Come un'epidemia. Perché basta una banale infezione, un mal di gola, una febbre: non ci sono gli antibiotici e l'infezione può aggredire le valvole cardiache. «Tutti i giorni arrivano al triage centinaia di malati. Non possiamo ricoverarli tutti. Sarebbero necessari altri centri come il nostro. Operiamo principalmente con valvole meccaniche e abbiamo una struttura, dentro all'ospedale, in cui facciamo circa 300 controlli al giorno direttamente o da remoto. Formiamo personale locale, medical officers che parlano arabo, circa una ventina, anche donne. C'è la foresteria per i familiari dei malati. Abbiamo avuto specializzandi e oggi abbiamo gli specialisti, cardiochirurghi sudanesi. Negli anni è cresciuto il peso del personale locale anche tra gli infermieri: in terapia intensiva, ad esempio, oggi lo staff è quasi tutto locale».
La vita a Khartoum
Dodici ore di lavoro al giorno, una gran fatica ricompensata dalla carica di energia dei pazienti che tornano a camminare, correre. Alla normalità. Ma com'è la vita fuori dal lavoro al Salam? «Ci sono i momenti comuni, abbiamo due mense, una collegata all'Ospedale per tutto il personale e una caffetteria per l'organico internazionale. Possiamo uscire, i pulmini ti portano in un certo posto e da lì prendi il taxi. Certo, adesso è in corso una gravissima crisi economica e politica che complica tutto. Abbiamo aumentato i salari del personale, ma l'inflazione se li mangia. Il nostro organico, formato in modo eccellente, è molto ricercato in tutti i Paesi del Golfo, anche in Arabia Saudita, che può offrire compensi giganteschi. Ma tanti rimangono con noi».
L'amore a Parma
Poi c'è Bernadette, la compagna della vita. Riccioli ramati e sorriso limpido. La casa parmigiana è un rifugio affacciato sul torrente: «In Africa viviamo in una stanza, qui mi sembra tutto gigantesco». Come fa a resistere la coppia, se si sta da parti opposte del mondo e per di più c'è il Covid? «Quando lui è là e io sono qua, la mia testa è con lui e con tutto il gruppo. Di fatto viaggio continuamente, alterno le missioni. Al Salam siamo in mezzo ai giovani, siamo un punto di riferimento». Arrivano anche giovani medici dall'Italia, il Covid ha causato profonde crisi professionali. «E al Salam - dice Masini - si capisce davvero che fare il medico è stupendo».
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da BCC Rivarolo Mantovano
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata