Tribunale
Divisi, erano stati lontani dai guai per un paio d'anni. Il primogenito perché in carcere, l'altro forse per il timore di fare la stessa fine o più semplicemente in seguito a una sterzata. Giovanissimo, classe 2002, aveva seguito corsi professionali, che di certo gli avrebbero aperto la strada per un posto di lavoro. Si era anche fidanzato. Un taglio netto, sembrava, al periodo burrascoso costellato, sia per lui che per il fratello maggiore di un anno, di fin troppi incontri ravvicinati con le forze dell'ordine per scorribande da baby gang. Lunga, la lista di reati contro la persona e il patrimonio contestata a entrambi, nordafricani di origine ma nati a Parma, prima dei due anni di tregua. Lunga e cominciata quando entrambi erano poco più che bambini. I problemi si sono ripresentati quando, scarcerato il primogenito, i due fratelli si sono ritrovati. Un incontro che li avrebbe presto riportati davanti al giudice.
Erano le 4 del 13 maggio scorso, quando da viale Piacenza un cittadino chiamò il 112, vedendo alcuni ragazzi armeggiare con il lucchetto di una bicicletta legata a un palo. Al suo arrivo, la pattuglia del Nucleo radiomobile non vide nessuno nel punto segnalato, ma notò dei giovani nel vano che ospita un distributore automatico di bibite vicino a piazzale Pablo. La richiesta dei carabinieri di mostrare i documenti scatenò un putiferio. Il ventunenne di origini marocchine dapprima rifiutò di lasciarsi identificare, facendosi forte anche dei propri trascorsi in carcere. I carabinieri ovviamente insistettero, aggiungendo di essere pronti a procedere al fermo per identificazione. A quel punto, il giovane sfoderò una lama, minacciando di tagliarsi la gola se non l'avessero lasciato andare. Ci fu, nel gruppetto, anche chi provò a calmare la situazione, ma il trambusto (con il rischio che qualcuno si ferisse) fu tale che il ragazzo con la lama riuscì ad allontanarsi, dopo che un altro aveva sferrato un colpo a un appuntato.
Nella fuga, però, seminò un portafogli. All'interno, furono trovati i documenti di un giovane italiano, derubato la notte prima in un circolo cittadino. Dal portafogli saltò fuori anche una tessera Arci intestata a una ragazza. Poche ore dopo, sarebbe emersa una tessera ancora più preziosa: al Fidenza Village, dove un ragazzo nordafricano era stato arrestato per aver acquistato capi d'abbigliamento per 300 euro con la carta di credito della proprietaria della tessera Arci. Raccolte le informazioni dai colleghi fidentini, i carabinieri di Parma scoprirono che a usare la carta di credito era stato il giovane che aveva colpito l'appuntato. Il giovane, arrestato, finì ai domiciliari.
Attraverso le foto segnaletiche, fu riconosciuto anche il fratello: per i carabinieri era colui che aveva brandito la lama la notte prima in viale Piacenza a Parma. Nel frattempo, era emerso che oltre alla carta di credito alla giovane era stato rubato il cellulare. Seguendo il suo segnale, i carabinieri erano riusciti a ritrovarlo nel negozio di telefonia gestito da uno straniero. L'uomo raccontò che gli era stato portato da due giovani che volevano farlo sbloccare. Messo di fronte alle foto segnaletiche dei due fratelli, disse di riconoscere entrambi. E così il minore, che avrebbe dovuto essere ai domiciliari, finì nei guai anche per evasione, oltre che per ricettazione, utilizzo di carta di credito rubata e resistenza a pubblico ufficiale. Ieri, i due sono stati processati con rito abbreviato dal Gup. Il giudice Sara Micucci ha accolto le richieste del pm Ignazio Vallario. Il 20enne, assistito dall'avvocato Cristina Salvi (che, come la collega preanuncia il ricorso), è stato condannato a tre anni e 8 mesi. L'altro, difeso dall'avvocato Monica Moschioni, a due anni e un mese. Il primo è stato rinchiuso nel carcere di Modena; l'altro è ai domiciliari in una comunità terapeutica. Oltre a quello della reciproca infausta influenza, ci sarebbe anche un problema di dipendenza da stupefacenti. Cosiddetti leggeri, ma usati, sembra, in maniera pesante.
Roberto Longoni
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