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Intervista

Daniele Gatti: «Villa Verdi sia un monumento nazionale»

Daniele Gatti: «Villa Verdi sia un monumento nazionale»

di Mara Pedrabissi

15 Ottobre 2022, 03:01

Bacchetta di verace verdianità: a Daniele Gatti basta una “certa” luce per scrutare i paesaggi della Bassa e ravvisarvi quel che vi ravvisava, allora, il “Genius loci”. Conosce palmo a palmo le Terre natie del Cigno, “croce (sì, anche Villa Sant’Agata) e delizia, delizia al cor”. Ci andrà anche stamattina, ospite degli Amici di Verdi, prima del Concerto al Teatro Regio, alto sigillo del Festival Verdi 2022. Partiamo da lì, il concerto delle 18.

Maestro Gatti, accosterà nel programma Verdi e Wagner, due “nemici” che così “nemici” forse non erano.
«I Quattro pezzi sacri sono una composizione peculiare per durata e costruzione; innanzitutto erano tre, il quarto fu aggiunto dall’editore Ricordi dopo Parigi, due sono per Coro a cappella: non sono semplici da abbinare. Ho scelto di farli precedere dai brani strumentali del “Parsifal” accostando così l’ultima composizione di Wagner e l’ultima di Verdi, trovando entrambi i lavori votati a un sentimento religioso molto interessante. Verdi e Wagner nemici? Certamente si saranno guardati con una qualche diffidenza ma entrambi, da compositori, avevano un uguale obiettivo: cercare di arrivare a una verità, seppur con due estetiche diverse. Già nel 2013, anno “verdiano”, venni al Festival in due serate consecutive, allora alla guida dell’Orchestra francese; nella prima proposi la “Messa”, nella seconda pagine di Verdi e Wagner: dunque già Wagner è entrato con me una volta al Teatro Regio ospite di Verdi».

Dal gennaio è alla guida dei complessi del Maggio Musicale Fiorentino: quale lavoro sta impostando?
«L’idea è allargare i confini del Festival vero e proprio, che si svolge da aprile a giugno, e creare due costole, una in autunno e l’altra alla fine dell’inverno. Ad esempio in questo festival d’autunno proponiamo “Trovatore”, “Ernani”, ora in preparazione, e poi “Don Carlos”: non semplicemente tre opere di Verdi ma tre opere di Verdi su soggetto spagnolo e questo mi permette di porvi accanto un programma sinfonico dedicato. Ecco, l'esempio calzante è quello di Salisburgo».

Viene sempre con piacere nelle Terre Verdiane, di cui apprezza anche i sapori.
«Sì, apprezzo i sapori ma non è quella la ragione principale. Vengo perché amo la terra di Verdi, trovo che abbia un calore e un fascino particolare. Da ragazzo passavo spesso con i miei genitori, ci fermavamo a visitare le Roncole e Villa Sant’Agata. Da appassionato di storia e biografie, ho letto molto su questi luoghi e, quando li visito, la fantasia mi riporta indietro. La luce del giorno è un mezzo potente perché è la stessa che c’era allora, ci restituisce il passato. Mi colpisce sempre vedere i tagli della luce del sole o le giornate di nebbia o guardare quel paesaggio dal punto in cui lo vedevano gli occhi di Verdi come entrare a Busseto delle Roncole dove c’erano le mura di cui si vedono ancora i segni. E immaginarmi il suo innamoramento giovanile per Margherita, i primi passi da gloria locale o i battibecchi con i Filarmonici: sono vicende che si ricreano sotto i miei occhi anche se il paesaggio si è trasformato e in via Roma oggi ci sono le auto. Ritrovo un clima, sento anche una malinconia, ad esempio il terzo atto di “Rigoletto” è impregnato di questa atmosfera, dell’umidità della nebbia, dell’imbrunire nelle campagne. E non è sentimentalismo».

Oggi donerà una sua bacchetta agli Amici di Verdi.
«E ne sono fiero e onorato, un momento molto bello. Verdi è il compositore che ha segnato la mia strada sul lato lirico. Nel mio cuore gioca alla pari con Wagner, sono i due autori che non smetto di studiare, più passa il tempo. Come dicevo, nella loro diversità estetica, hanno perseguito lo stesso fine: il dramma in musica. Verdi lavora sull’uomo: mette in scena le nostre miserie, la nostra cattiveria, le nostre debolezze quasi facendone una denuncia. Wagner passa per i massimi sistemi, ricorre al mito, è quasi metafisico».

Ha parlato della Villa di Sant’Agata che visitava fin da bambino: sa che andrà all’asta?
«Sì, ho saputo. Che dispiacere! Come è un dispiacere vedere Palazzo Cavalli in cattivo stato, lì Verdi scrisse Rigoletto, Luisa Miller. Mi auguro che lo Stato italiano, quando sarà il momento, acquisti Villa Verdi, la conservi bene, ne faccia un monumento nazionale, per tutelare il nostro massimo compositore. Alla Casa natale alle Roncole è stato eseguito un bel recupero, mentre fino a una trentina d’anni fa si poteva visitare solo una stanza».

Un altro parmigiano, come lei direttore: Toscanini. Quale rapporto ha con i modelli?
«Certamente ci sono figure di musicista che, per le idee, sono stati stimolanti e Toscanini è uno di questi. D’altra parte, ho sempre perseguito un lavoro personale, cioè lo studio della partitura perché è la sola che dà dei suggerimenti. Chi ci ascolta, deve sapere che dietro quella “lettura” ci sono riflessioni e pensieri».

Mara Pedrabissi

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