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Il caso

Epiteti razzisti dagli spalti, Audace ammonita. Il presidente: «Decisione giusta»

Epiteti razzisti dagli spalti, Audace ammonita. Il presidente: «Decisione giusta»

di Roberto Longoni

17 Ottobre 2022, 03:01

L'arbitro? È dalla nostra parte. Anche se ci ha «fischiato» contro, anche se ha scritto il nostro nome sul taccuino. Quando in campo ci sono valori più alti, non c'è colore di casacca che abbia ragione a priori, così come non c'è colore di pelle che abbia torto. Non immune da arlìe ed esasperazioni (specie dei genitori), il calcio dilettantesco è capace di slanci sconosciuti alle massime serie. La lezione qui viene dal presidente dell'Audace. Saputo della sanzione alla propria società per gli epiteti razzisti proferiti da uno dei suoi tifosi all'indirizzo di un giocatore avversario, Luigi Mavilla ha definito il provvedimento «giusto e incontestabile».

Incolpevole come tutta la società (impossibile frenare la lingua del cretino di turno), lui per primo è offeso dalle becere grida. «In veste di presidente, audacino e di essere umano - scrive - sono profondamente toccato e deluso da questa triste vicenda da cui prendo le distanze ed esprimo la mia più sincera vicinanza a chiunque subisca tali offese. Da qui io e il mio intero staff ripartiamo ad affermare con la stessa forza e vigore di sempre i valori dell’Audacino e a metterli in pratica con la stessa determinazione e convinzione che ci distingue da ben 72 anni».

La partita è Audace-Santos dell'altra domenica, giocata con grande agonismo dagli under 15 in campo a Sorbolo (in casa biancazzurra). Due gol per parte, e tutti negli spogliatoi. Qualcuno più irruento c'è andato prima, espulso: fa parte del gioco. Ma è verso gli spalti che l'arbitro ha sventolato il cartellino rosso più pesante, per uno sgambetto all'intelligenza. A commetterlo, un «adulto», quasi di certo un genitore di un calciatore dell'Audace. All'ennesima entrata ai limiti del regolamento da parte di un avversario, gli altri accompagnatori hanno levato grida di sdegno, mentre lui urlava epiteti razzisti. Colpevole, il ragazzino del Santos, oltre che di essere piuttosto aggressivo (ma pure dotato di buona tecnica) di avere la pelle scura. Niente a che vedere con gli episodi da moviola o da Var. Qui semmai, sarebbe servito un registratore. Ma l'arbitro non ha avuto dubbi nel refertare il fallaccio verbale. Morale: l'Audace è finita nel mirino della giustizia sportiva, rimediando un ammonimento con sospensione. Per un anno sarà tenuta d'occhio perché episodi analoghi non si ripetano.

Un autogol morale subito questa volta sugli spalti. E di casa. «Sulle nostre maglie - sottolinea Mavilla - abbiamo inciso la frase “ragazze e ragazzi alla pari su ogni campo per crescere insieme” per affermare la parità di genere in cui crediamo. Uno dei nostri valori fondamentali è l’inclusione. Ogni giorno siamo in prima linea accanto a chi è meno fortunato per dargli voce, supporto, collaborazione, solidarietà con azioni concrete e testimoniabili. Chiunque entra a far parte dell’Audace a qualunque titolo, genitori degli atleti compresi, firma e quindi accetta e si impegna a rispettare le regole del “Codice di condotta per famiglie ed accompagnatori” che prevede, tra i vari punti, che ci si impegni a tenere un comportamento collaborativo e rispettoso nei confronti di tutti i soggetti coinvolti siano essi giocatori, giocatrici, tecnici o altri membri dello staff, genitori, direttori di gara ecc. Per questo siamo ancora più indignati e arrabbiati per quanto accaduto».

Un autogol in tutti i sensi. Su 600 tesserati, tra maschi e femmine, oltre il 10 per cento è rappresentato da atleti di colore, di diverse etnie e religioni. Basti pensare che in campo contro il Santos l'Audace schierava il figlio di Omar Daffe. Il portiere testimonial contro la discriminazione era in tribuna. E così ha commentato la presa di posizione della società: «Complimenti per la determinazione, convinzione, sensibilità e serietà dimostrata da tutta la famiglia Audace, ogni giorno dentro e fuori dal rettangolo di gioco. Orgogliosi di fare parte del Team». Ne ha fatto parte anche l'ivoriano Chaka Traorè. Classe 2004, sbarcato in Italia nel 2015 ha indossato per prima la casacca dell'Audace: qui è stato accolto a braccia aperte. Ora è nella Primavera del Milan, considerato l'erede di Leao. Già, Leao, Ronaldo, Gullit, Pelè... Di colore o «peggio»? No, campioni.

Roberto Longoni

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