Il caso
Racconta la signora Cinzia, con un misto di delusione e tristezza, un episodio di ordinaria tifoseria (becera aggiungiamo noi) che induce a una riflessione.
Stadio Tardini, pomeriggio del 19 ottobre. Va in scena Parma-Bari di Coppa Italia. L'epilogo lo conosciamo tutti ma non è della prestazione dei crociati o della prossima ed esaltante sfida con l'Inter a San Siro che la signora Cinzia vuole parlare. Bensì di suo nipote tifosissimo del Parma e quel giorno sugli spalti insieme alla nonna e al papà. Immaginiamo la gioia del piccolo al fischio finale. Gioia che, di lì a poco, si sarebbe trasformata in un pomeriggio indimenticabile, di quelli che a distanza di decenni ancora ricordi e racconti agli amici. Il bambino, a fine gara, scende dalla scalinata, insieme ad altri coetanei e ai loro papà, per salutare e celebrare la vittoria e per sentirsi ancora più vicini ai giocatori. C'è il rito del lancio della maglietta. «Metti che arrivi a me» - pensa il nipote della signora Cinzia. E, magicamente, quella speranza diventa quasi realtà. Gabriel Charpentier si sfila la divisa di gioco e, dopo uno sguardo attento, la lancia al gruppetto di bambini, certo di regalare uno di quei momenti che rimangono impressi nella mente. La maglietta non finisce al nipote della signora Cinzia ma a un altro piccolo tifoso che esibisce con orgoglio il preziosissimo trofeo.
A questo punto succede una di quelle cose che ti fanno pensare che il mondo gira davvero dalla parte sbagliata: un tifoso diciamo maturo («avrà avuto una sessantina d'anni» - descrive Cinzia), strappa la maglietta dalle mani dello sbalordito giovanissimo tifoso crociato. Il piccolo, in lacrime, rivolge lo sguardo al papà che, a quel punto, si limita a rimproverare l'attempato ladruncolo senza andare oltre, dimostrando di possedere una quantità industriale di autocontrollo. L'impostore si allontana senza vergogna lasciandosi dietro una scia di improperi che gli vengono rivolti da altri tifosi che hanno assistito attoniti alla scena.
«Sono indignata da questi esseri che non si possono definire persone» - commenta amara la signora Cinzia e ha ragione. D'altronde, questo episodio è un po' lo specchio dei tempi dove si tende a prevaricare l'altro e a voler imporre la legge del più forte. In questo caso, poi, c'è l'aggravante dettata dal fatto che la lotta era impari, adulto vs bambino. Che gusto ci sarà mai? Ma siccome abbiamo una infinita fede nel prossimo, invitiamo il novello Lupin da stadio a cercare di rintracciare quel bambino e a restituirgli non solo la maglietta ma anche la fiducia negli adulti.
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da BCC Rivarolo Mantovano
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata