Covid
A Parma e provincia sono 109, fra medici e infermieri, i professionisti della salute no vax che a giorni rientreranno nelle aziende di cui erano dipendenti o che - nel caso di liberi professionisti - potranno riprendere l'attività nei propri studi e ambulatori.
A livello regionale i dipendenti sospesi della sanità pubblica sono 480.
Lo ha deciso il governo con un decreto - pubblicato martedì sulla Gazzetta Ufficiale - che anticipa dal 31 dicembre al primo novembre il «via libera» ai «contestatori» del vaccino anti-Covid.
Nel dettaglio, i medici sospesi, a Parma e provincia, sono 58 (su un totale di oltre 4.300 iscritti). Nessuno di loro è dipendente dell'ospedale Maggiore e solo uno è dipendente dell'Ausl di Parma.
Fra gli iscritti all'Ordine delle professioni infermieristiche i sospesi sono 51 (su un totale di 3.220). Dieci di loro sono dipendenti dell'ospedale Maggiore, cinque dell'Ausl.
Il decreto non interessa però solo medici ed infermieri, ma anche oss (operatori socio sanitari) e personale tecnico e amministrativo.
Nel dettaglio, fra i 36 «sospesi» all'ospedale Maggiore, ci sono anche tre tecnici di radiologia, 14 operatori socio sanitari, nove addetti tecnici e amministrativi. Fra i 17 sospesi all'Ausl, ci sono anche uno psicologo, un fisioterapista, un tecnico di radiologia, due operatori socio-sanitari, cinque addetti tecnici e amministrativi e un ingegnere.
Per le professioni non strettamente sanitarie il reintegro avverrà subito. Per medici ed infermieri, invece, poiché la sospensione dall'attività era stata preceduta dalla sospensione dai rispettivi ordini professionali, sarà necessaria la riammissione prima che le varie aziende o strutture socio sanitarie possano dare il via libera al rientro al lavoro.
Una situazione non facile da gestire, in attesa che la direzione generale dell'assessorato regionale alla Sanità invii alle aziende sanitarie le indicazioni sull'iter. «Da stamani siamo subissati di chiamate - spiega ad esempio Walter Rossi, presidente dell'Opi (Ordine delle professioni infermieristiche) di Parma - Occorre inviare a ciascuno degli iscritti sospesi una pec che comunichi la revoca della sospensione. La stessa comunicazione va inviata anche alla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, ai datori di lavoro dei singoli professionisti, al procuratore della Repubblica e ai Nas. Un iter complesso, per il quale saranno necessari alcuni giorni».
Lo stesso problema che deve fronteggiare anche l'Ordine dei medici di Parma. Tanto che, per stabilire un metodo e una linea comune, la Fnomceo (Federazione nazionale Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri) ha indetto ieri pomeriggio un incontro online con i vari responsabili provinciali.
Burocrazia a parte, il rientro anzitempo del personale sanitario no vax solleva le perplessità di pazienti ospedalieri, ospiti di strutture socio sanitarie o semplici cittadini che, durante una visita o un esame diagnostico, potrebbero venire a contatto con professionisti non vaccinati. Oltre a creare imbarazzo negli ordini professionali, che durante la pandemia hanno sempre sostenuto con parole forti e chiare la necessità, pratica e deontologica, della vaccinazione per poter esercitare.
«Parliamo di numeri irrisori, risibili - mette le mani avanti Ester Pasetti, segretaria regionale di Anaao-Assomed, il sindacato che riunisce i medici ospedalieri - Sui quattromila sospesi a livello regionale, meno di un terzo sono medici. Mi sembra sensata l'ipotesi che chi lavora in strutture pubbliche o di comunità sia almeno assegnato a posti che non prevedano il contatto con persone immunodepresse o fragili».
D'accordo anche Mario Scali, medico di base e referente della medicina generale per il distretto Ausl di Parma, che fa notare come nessun medico di famiglia, a Parma e provincia, sia stato sospeso per aver rifiutato di vaccinarsi.
«Un no vax è senza dubbio una fonte di maggior pericolo di contagio - dice Scali - Corretta quindi la proposta di non mettere operatori non vaccinati a contatto con i pazienti più fragili. Questa non può essere considerata una discriminazione: quella sanitaria è una professione particolare, che deve sempre privilegiare la sicurezza e la salute dei pazienti».
Monica Tiezzi
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