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La storia

Rinaldo Ebasta: «Le mie sofferenze per la verità»

Rinaldo Ebasta: «Le mie sofferenze per la verità»

di Roberto Longoni

03 Novembre 2022, 03:01

Esiliato dalle scene e dalle hit parade, rapinato dalla vita come le vittime di Bonnie & Clyde cantati nella sua breve stagione di grandezza. Del male patito allora Rinaldo Del Monte ancora paga le conseguenze. Sarà trascorso quasi mezzo secolo da quando lui reagì a spintoni alle molestie di un importante produttore televisivo. Non erano proprio «gratuiti» gli aiuti promessi dall'italico Weinstein. Rinaldo corse nella propria casa discografica a ribaltare scrivanie: per lui tutti erano conniventi con il satrapo. Ma oltre alla vena gli si erano chiusi gli occhi. Firmò la rescissione del contratto ma anche la rinuncia ai diritti d’autore. Fu allora che quell’Ebasta sostituto del cognome prese altri significati. Il mondo dello spettacolo gli sbarrò per sempre le porte. Ecco come divenne meteora il roco chansonnier scalatore di classifiche, per un inverno vincitore di Settevoci e destinato a ribalte di gloria. Stop. Basta, appunto.

Oggi, una causa ci starebbe tutta. Invece, allora, in casi simili se una parte offesa si offendeva davvero firmava pure la propria condanna. Il risarcimento, Rinaldo continua ad aspettarlo. «E ora spero siano riconosciuti i miei meriti» dice. Da anni chiede la legge Bacchelli, con il vitalizio «per i cittadini illustri che versino in uno stato di particolare necessità». Ma la porta non si è mai aperta. Nonostante i dischi venduti (600mila con il solo Bonnie & Clyde del 1968) e l'umanità dimostrata. Ne diede prova dopo il terremoto del Friuli del 1976, pagando una casa antisismica a una famiglia rimasta senzatetto. E poi ci mise faccia e voce, per l'appello ai parmigiani solidali. Ora, la medaglia d’oro ricevuta in una cerimonia solenne al Regio per quanto fece in quei frangenti è al banco dei pegni, per lo «stato di particolare necessità» costante. «Eppure dovrebbe essere un merito sufficiente per chi valuta i requisiti per la Bacchelli».

Chi conosce Rinaldo sa che non di soli soldi si tratta, ma di giustizia per un uomo che ha pagato a caro prezzo il rispetto della propria dignità. E anche questo è solo un aspetto. Molti gli riconoscono doti particolari, scoperte forse proprio nella sofferenza: per sé, ma anche per un mondo troppo spesso in rotta di collisione con il Bene. Mondo incapace di ascoltare. «L'uomo senza Dio è un animale che muore» è scritto non a caso nella controcopertina di «Grida», suo ultimo Cd. «Ho vissuto sei anni di morte quotidiana - racconta -. Fumavo 200 sigarette al giorno, non mangiavo, pesavo 43 chili». Una notte chiese a un tassista di portarlo da Roma al santuario di San Vittorino: l’altro accettò, pur sapendo che non sarebbe stato pagato. «E io da padre Gino sentii profumo di rose, mentre una colomba di luce mi attraversava la testa». Difficile dare un ordine a quanto è avvenuto da allora. La memoria di Rinaldo è un fiume in piena tra sbalzi di energie e suggestioni. Fondamentale l’incontro con le figure di Padre Pio e san Leopoldo Mandic, dei quali si dice strumento. «Fu san Leopoldo - ricorda - a comparire al mio capezzale poco prima dell'intervento per una lesione all’aorta diagnosticata dalla Tac. Pur di non essere operato, l'avevo pregato di farmi morire. Lui mi sorrise e mi accarezzò e io, staccati aghi e cannule, me ne andai a casa. L’aorta, come riscontrarono i medici, si era cicatrizzata». Ma san Leopoldo si era già fatto sentire. «Ero in Ghiaia e gli chiesi un segno: una carriola di cemento cadde da una carrucola, sfiorandomi». Furono sempre Padre Pio e San Leopoldo, prosegue Rinaldo, a fargli bloccare il Dc10 sul quale stava per decollare da Rio de Janeiro per Milano. «”Fermalo o morirete tutti” mi dissero. Mi misi a gridare. Stavano per sedarmi, quando il comandante mi raggiunse. “Si è accesa una spia ora: il motore sinistro sarebbe andato in avaria in volo. Come lo sapeva?” disse. La storia fu poi pubblicata dalla Domenica del Corriere».

Sembra la scena di un film, questo episodio della vita dell'ex chansonnier, apprezzato tra gli altri anche da Jacques Brel. Alla colonna sonora lui ha continuato a lavorare, componendo testi ispirati e musiche piene di ritmo ed energia (parola chiave nella sua biografia). La voce è ancora potente. «Grazie alla generosità di una persona che crede in me conto di pubblicare presto un nuovo disco». Lui, di storie, ne racconta tante altre. Come quella della sconosciuta che lo salvò a New York, donandogli migliaia di dollari, della donna salvata questa volta da lui su un aereo in mezzo all'Atlantico, e delle persone che hanno potuto curarsi dopo aver saputo da lui di essere malate. Ognuno la veda come meglio crede, anche se si fatica a spiegare tutto con la sola razionalità. Ci sono testimoni pronti a giurare di avere ricevuto benefici da lui. I familiari di Eleonora Minio, 21enne di Licata in coma irreversibile per un incidente guarita tre giorni dopo la telefonata dei genitori al cantante parmigiano (ne parlò «La Sicilia»). Alcuni ex calciatori del Parma. Tra loro Beppe Cardone, che ricorda quando lui predisse, oltre il 2-1 finale, la sua carambola vincente nello spareggio con il Bologna. «Non mi vergogno ad affermare che tutte le cose dette da Rinaldo si sono avverate» ha sottolineato. E Gigi Apolloni, che sempre alla Gazzetta ha ricordato i «problemi alla caviglia alleviati grazie alle sue manipolazioni. Anche durante i Mondiali negli Usa: mi fece sentire caldo e freddo anche per telefono». Giuseppe Fiaccabrino, tecnico aeronautico, ha raccontato di una 22enne cugina della moglie: «Un primo intervento in Germania non la guarì da un tumore alla testa. La famiglia la portò a Parma. Rinaldo mise tutti a pregare e fece sentire la sua energia alla ragazza. Poi, continuò le sedute anche per telefono con la Germania. Il secondo intervento fu risolutore. E lei, stupendo i medici, si alzò da letto il giorno dopo».

Da Cavenago d'Adda, Ivan Miragoli (nome già di una certa assonanza) racconta del calcolo di 8 millimetri a lui diagnosticato nel marzo del 2021. Il 51enne collaudatore di apparecchiature d'alta tensione si iscrisse in una lista d'attesa sterminata. «Così - racconta - decido di contattare Rinaldo. La notte prima, alle 4,57, nonostante dorma con i tappi, sento bussare e vedo la porta aprirsi da sola per metà. Non provo paura: mi alzo e vado a chiudere. La sera, chiamo finalmente Rinaldo. Durante la chiacchierata sento un formicolio nella mano sinistra e una scossa dal petto alle ginocchia. E a fine telefonata mi è passato il mal di testa che di solito resiste anche a due Oki. Al di là di questo, mi pervade una gioia intensissima». Miragoli racconta di aver seguito le raccomandazioni di Rinaldo, andando a messa, confessandosi e pregando tutti i giorni Padre Pio e san Leopoldo. «A Parma, senza che entrassi troppo nei dettagli, ho sentito la la sua energia concentrarsi sulla zona in cui ho il calcolo. Un mese e mezzo fa, poi, ne ho urinato uno largo mezzo millimetro. Senza provare alcun dolore». L'altro c'è ancora, ma Miragoli è convinto che sparirà prima di dover entrare in sala operatoria.

Roberto Longoni

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