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Segnalazioni in aumento: 10 casi quest'anno

Carcere, un altro infermiere aggredito

Carcere, un altro infermiere aggredito

12 Novembre 2022, 03:01

È successo di nuovo: mercoledì mattina un infermiere è stato aggredito da un detenuto nel carcere di via Burla. L'uomo era nell'infermeria del carcere per un controllo della glicemia. Non sono ancora chiari i motivi dell'aggressione (spintoni e minacce di morte), avvenuta dopo che il detenuto aveva verificato i risultati del test. Si sa solo che al momento del fatto non erano presenti nell'infermeria agenti di polizia penitenziaria, intervenuti non appena richiamati dalle grida.

A settembre un altro infermiere è stato aggredito da un detenuto che sosteneva di non aver ricevuto tempestivamente gli interventi richiesti, mentre ad agosto un detenuto ha distrutto materiale dell’infermeria terrorizzando gli infermieri. Ma episodi analoghi sono avvenuti in via Burla anche a giugno e maggio di quest'anno. Complessivamente, dall'inizio del 2022 - spiega Walter Rossi, presidente dell'Ordine delle professioni infermieristiche di Parma - sono state segnalate 10 aggressioni a infermieri in via Burla.

Le lamentele degli aggrediti? Le mancate conseguenze degli atti violenti, incluso l'obbligo di seguire percorsi psicoterapeutici, e spesso l'assenza di agenti durante controlli e terapie.

«Le segnalazioni di aggressioni agli infermieri in carcere sono in aumento in tutta la regione - conferma Roberto Cavalieri, garante regionale dei detenuti - È un fenomeno da non sottovalutare, di cui occorre capire le ragioni. Penso ad esempio al fatto che c'è carenza di personale per le carceri e forse gli operatori sono sovraccaricati e stressati. Ci può essere anche un'ipersensibilità da parte degli infermieri nella gestione di detenuti sempre più aggressivi. Occorre comprendere le motivazioni di queste segnalazioni, tutte molto simili nei contenuti».

«L’Ausl , la direzione degli istituti penitenziari e la polizia penitenziaria hanno aperto un tavolo di confronto per trovare, ciascuno per la propria competenza, possibili soluzioni alle aggressioni ai danni di operatori sanitari o di personale del carcere - dice Michele Serventi, direttore dell'unità operativa “Salute negli Istituti penitenziari” dell'Ausl - L’ultimo incontro si è svolto martedì scorso. Le azioni già intraprese dall’Ausl sono diverse. Sta per concludersi un corso di formazione per gli operatori sulla gestione dei rapporti con i detenuti, per prevenire e contrastare possibili situazioni di conflitto. Sono state inoltre individuate soluzioni logistiche differenti per gli incontri tra personale sanitario e detenuti. Il fenomeno è trattato anche al tavolo regionale, perché è un problema comune a tutte le carceri della regione».

«Lavorare all’interno del carcere presenta indubbie difficoltà - aggiunge Domenico Cannizzaro, responsabile del Servizio infermieristico e tecnico Ausl “Salute negli Istituti penitenziari” - L’impegno è di mettere in atto tutte le azioni possibili per creare migliori condizioni di lavoro e quindi per assicurare il migliore servizio. La formazione rappresenta sicuramente un utile strumento. Anche a livello regionale si stanno mappando le competenze degli infermieri che operano all’interno delle carceri. È una professione in continua evoluzione, che deve essere messa in grado di far fronte alle esigenze di salute di una popolazione peculiare, quale è quella carceraria. Ricordo che, nonostante le difficoltà anche a livello nazionale e regionale a reperire personale infermieristico, nei prossimi mesi è prevista l’assunzione di cinque infermieri. Grazie alla convenzione con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria stiamo raccogliendo le prime richieste di colleghi del Maggiore disponibili a collaborare con l'unità Salute negli Istituti penitenziari».

Anche Walter Rossi auspica «un piano formativo per gli operatori del carcere, visto che il compito richiede competenze non solo sanitarie ma anche relazionali. Purtroppo il Covid ha in parte interrotto un percorso che era stato già delineato. Auspico anche un lavoro sinergico con l'amministrazione penitenziaria per creare un osservatorio permanente nel quale polizia penitenziaria e operatori possano confrontarsi su tutte le eventuali situazioni di rischio».

m.t.

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