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Intervista

Felici, direttore del Conservatorio Boito: «Boom di studenti stranieri»

Felici, direttore del Conservatorio Boito: «Boom di studenti stranieri»

di Mara Pedrabissi

15 Novembre 2022, 03:01

Il Conservatorio che verrà: tra lavori da far partire (c'è un finanziamento statale di quasi 6 milioni di euro, il più grande mai ricevuto dal «Boito» in tempi moderni) e una progettualità da condividere con altre istituzioni del territorio, nella consapevolezza che i lacciuoli burocratici costituiscono un forte intralcio. Chiacchierata con Massimo Felici, nato a L'Aquila 54 anni fa, neo direttore del Conservatorio «Arrigo Boito», in carica dal primo novembre, con il decreto di nomina del MUR, il Ministero dell'Università e della Ricerca, mandato triennale.

Concertista apprezzato (suona la chitarra classica da quando aveva nove anni), ha ottenuto il primo incarico al Conservatorio di Monopoli, dove è rimasto 17 anni: «Lì - abbiamo vissuto tutto il processo della riforma universitaria dei Conservatori», racconta, per dire che conosce bene la “macchina”, la sa far andare. Da nove anni sta a Parma, occupandosi anche, a livello organizzativo, dei master di perfezionamento post laurea (il “terzo livello”), durante le direzioni di Cappello e Ceni, «un segmento importante nell'alta formazione».

Felici, che Conservatorio riceve? Con quanti iscritti? In quale stato di salute dopo la pandemia?

«Il Conservatorio ha circa un migliaio di studenti, un numero equo; magari va incentivato l'interesse per alcuni strumenti d'orchestra. I competitor più vicini, al nostro livello, sono solo Milano e Bologna, quest'ultimo più piccolo di noi. Andiamo forte nel canto lirico in tutte le sue declinazioni, dal cantante “tout court”, all'accompagnatore pianista, ai vari ruoli del teatro musicale. Altro nostro punto forte sono i nuovi linguaggi pop rock e jazz che abbiamo stabilizzato (erano sperimentali) e che vorremmo implementare con profili interessanti, come tecnico del suono. I due anni di pandemia ci hanno lasciato la consapevolezza che, per noi, la didattica a distanza è più difficile che per altri perché per molte nostre attività c'è bisogno di vedere e ascoltare in presenza. E perché noi abbiamo bisogno di “contagiarci” del reciproco entusiasmo».

Canto lirico, una delle eccellenze, anche grazie alla presenza di altre importanti realtà sul territorio, il Regio su tutte. A Parma la percentuale di studenti dall'Oriente è del 24%, più alta che a Milano e Bologna.

«L'opera italiana ha creato nell'immaginario di questi Paesi qualcosa di potentissimo. Noi la guardiamo con la profondità storica; a loro arriva in modo “piatto”, di grande impatto. Per i ragazzi orientali venire a studiare a Parma è importantissimo, un lasciapassare per la carriera quando tornano nei loro Paesi. Iniziarono trent'anni fa i Giapponesi, poi i Coreani. Ora arrivano tanti Cinesi».

Lavorate spesso in rete con il Teatro Regio e la Fondazione Toscanini.

«Sì, collaboriamo in alcuni progetti. Ma si può fare di più. Penso a un percorso integrato di alta formazione in sinergia con queste altre realtà, so che non è semplice perché dipendiamo da Ministeri diversi».

Immagina un Conservatorio che vada più verso il mondo del lavoro?

«Non voglio tanto preoccuparmi di che mestiere faranno i miei studenti ma di cosa faranno qui, anche perché i mestieri possibili, poi, sono sono tantissimi. Certo questi sono percorsi in cui non basta prendere il “pezzo di carta” per entrare nel mondo del lavoro. Un musicista deve essere un musicista prima di farlo. Se non “sfondi” nello star system non diventi “ricco”, ma la creatività, la libertà danno soddisfazioni impagabili».

Quale sarà il massimo impegno per i prossimi tre anni?

«Saranno tre anni decisivi perché stiamo per affrontare un importante lavoro di riqualificazione con un contributo statale di quasi 6 milioni. Recupereremo alcune caratteristiche strutturali cambiate nel secolo scorso, aumenteremo la fruibilità degli spazi grazie a adeguamenti acustici. C'è il grande tema del nostro polo museale che, al momento, tale non è. Abbiamo un patrimonio in lasciti, donazioni; gli studi con la mobilia originale di Arrigo Boito e Arturo Toscanini. Il punto è che la conservazione beni culturali non sta nella mission di un Conservatorio, per cui vorrei aprire un discorso con il Complesso della Pilotta, la Biblioteca Palatina; loro stanno nel MIBAC, noi nel MUR... la solita difficoltà burocratica italiana».

Nuovi spazi per aprirvi sempre più alla città...

«Eredito una programmazione già pronta, tante rassegne a ingresso libero. Il mio desiderio è che riparta l'attività di un'Orchestra stabile del Conservatorio, formata da docenti, studenti ed ex studenti che si sono formati qui per dare loro un punto di riferimento».

Cosa augura a un ragazzo o a una ragazza quando entra qui?

«Di diventare un artista».

Mara Pedrabissi

© Riproduzione riservata

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