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LA STORIA

Francesco Quintavalla, dal Monticelli al «soccer»

Francesco Quintavalla, dal Traversetolo al «soccer»

di Matteo Billi

15 Dicembre 2022, 03:01

Ha lo sport nel dna Francesco Quintavalla, 19 anni compiuti a luglio, in procinto di volare negli States per giocare a soccer (e studiare Economia) al Mercer County Community College situato nei pressi di Trenton, città del New Jersey che si trova vicino a Filadelfia e non troppo distante da New York.

Quintavalla fino a inizio dicembre ha giocato trequartista nel Terme Monticelli, in Promozione, e allena alcune giovanili di volley della Polisportiva Coop Parma 1964 che ha fondato - insieme ad altri sette - suo nonno Enrico Zurlini. Papà e mamma di Francesco sono sportivi: Paolo Quintavalla, una carriera da calciatore iniziata nelle giovanili del Parma, e Paola Zurlini, allenatrice e responsabile sezione pallavolo della Coop.

La sorella Nina gioca libero sempre nella Coop, in serie D di volley. Francesco, che l’estate scorsa si è diplomato al liceo classico del Maria Luigia, ha ottenuto due anni di contratto con una borsa di studio per giocare nei Vikings, la squadra di calcio del Mercer, ma per problemi burocratici partirà a gennaio, perdendo il primo semestre.

Francesco, perché hai deciso di andare negli Usa a giocare a… soccer?

«Mi hanno contattato loro mentre frequentavo la quarta liceo. La passione per gli Stati Uniti è nata guardando film e serie tv. Negli ultimi tempi ho meno stimoli nello studio pur essendo consapevole che oggi non si possa prescindere dallo studiare. Negli Usa c’è la possibilità di integrare al meglio studio e attività sportiva, quindi è la scelta più congeniale per me».

In che modo ti hanno contattato?

«Da Instagram. All’inizio pensavo si trattasse di un fake, invece era tutto vero. Avevano visto un articolo su un sito locale dove si diceva che da “under” ero arrivato in prima squadra con due anni di anticipo. Sono andato a Milano a fare un provino, poi ho ricevuto offerte da trentasei college diversi. Dopo vari colloqui ho scelto Mercer sia per il ranking sia per la posizione geografica».

Dalla squadra dei Vikings cosa ti aspetti?

«Il posto in squadra è assicurato, ma da freshman (matricola, ndr) mi servirà un po’ per ritagliarmi il posto da titolare, anche se mi risulta che gli italiani difficilmente non giochino…».

Che cosa rappresentano per te gli Usa? Un sogno o un’opportunità?

«L’opportunità di crescere sia dal punto di vista lavorativo, sia da quello calcistico - penso di avere le caratteristiche per far bene -, sia da quello culturale. Di arrivare al top in tempi più brevi rispetto all’Italia».

Cos’è lo sport per te?

«È l’unica cosa che mi fa divertire e che mi interessa in tutti i suoi aspetti. Mi piace seguire tutto lo sport, anche se al calcio in tv preferisco quello giocato. Sono un grande appassionato di Nba: il mio idolo era Kobe Bryant, ho la sua maglia appesa in camera e me la porterò in America; ammiro James Harden che spero di andare a vedere dal vivo a Filadelfia».

E nel calcio?

«Sono tre. Wayne Rooney mi piaceva molto quando ero piccolo, poi Andrés Iniesta per come giocava e per il suo soprannome, “Il Mago”, che è anche il mio. Ma il preferito è Eden Hazard, ora al Real».

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