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DIALETTO & dintorni

Quando la polenta era sorda. O vedova...

Quando la polenta era sorda. O vedova...

di Giovanni Petrolini

21 Dicembre 2022, 03:01

Nelle nostre terre emiliane e lombarde la polenta sorda (di cui già abbiamo ampiamente parlato, vd. Gazzetta di Parma del 30 novembre) fu anche chiamata, non meno scherzosamente, polenta vedova . Cfr. per es. il parmigiano “polenta vedva ” ‘polenta senza condimento’ già nel lunario Caporal Quattordez Cazzabal del 1771, ma anche il milanese polenta vedova 'id.' nel Vocabolario del Cherubini a. 1841). L’aggettivo ‘vedova ’ qualificava scherzosamente la polenta senza condimento come una povera donna sola, priva del marito (si badi che è comune anche oggi nel linguaggio culinario parlare di ‘maritarsi’ o di ‘sposarsi’ a proposito di cibi o ingredienti che si armonizzano piacevolmente l’uno con l’altro).

È allora possibile che il nostro 'polenta sorda ', ‘polenta priva di condimento’, sicura estensione –come già altra volta si diceva– del più antico lombardo ‘pane sordo ’, cioè ‘pane privo di companatico’, rappresenti al tempo stesso un’ “irradiazione sinonimica” (direbbero i linguisti) proprio da ‘polenta vedova '. Come? Attraverso un ricostruibile, anche se non attestato, ‘polenta orba ’. Un perfetto sinonimo dell’agg. latino femminile vidua ‘priva di, mancante di’ (da cui l’it. vedova , il parm. vèddva ecc.), fu anche l’aggettivo femminile latino orba (da cui l’ it. orba , il parm. òrba ecc.), che nei nostri dialetti si è affermato specialmente nel senso antonomastico di ‘priva della vista, cieca’.

C’è dunque da chiedersi se il nostro polenta sorda non dipenda anche in qualche misura da un ‘polenta vedova ’ inteso come ‘polenta orba ’ e se proprio sulla scia di un ricostruibile ‘polenta orba ’, cioè ‘polenta cieca’, la polenta priva di condimento abbia potuto essere scherzosamente immaginata anche come polenta sorda , cioè come una povera donna priva dell’udito, un bene altrettanto essenziale quanto quello della vista. L’associazione di aggettivi come sordo e cieco è purtroppo tristemente facile e comune. Non andrà poi dimenticato che l'attribuzione scherzosa di aggettivi indicanti un difetto fisico proprio dell’uomo o della donna anche ad esseri inanimati, non è inconsueta nei nostri dialetti, cfr. per es. il parm. vjóla sòpa 'viola senza profumo', propr. ‘viola zoppa’, il lombardo di Val Verzasca (a San Vittore) gran scèg , propr. 'grano cieco', nel senso di 'grano inaridito, secco', vd. Ottavio Lurati - Isidoro Pinana, Le parole di una valle, Dialetto, gergo e toponimia della Val Verzasca , Basilea 1983, p. 50, ecc.

‘Mangiare la polenta con una mano sola’
Non pochi altri curiosi modi dialettali settentrionali equivalenti al parmigiano magnär polénta sórda a ben vedere si collocano all’interno di uno stesso ampio quadro geosinonimico (direbbero i linguisti) in cui la polenta priva di condimento, quasi “animatizzata” dalla fame, appare dolorosamente “figurata” come una povera donna svantaggiata, mancante di qualcosa, di qualcosa di vitale importanza. Così per es. il dialetto ladino conosce mangé poléinta kon ‘na man zóla propriamente 'mangiare polenta con una mano sola ’, vd. Vito Pallabazzer, Lingua e cultura ladina , Istituto Bellunese di ricerche sociali e culturali, Belluno, s.a., s.v. polèinta ) quasi che quel 'polenta con una mano sola ' valesse 'povera polenta monca, priva di una mano' perché non accompagnata da quel condimento che le è, o le dovrebbe essere naturalmente “compagno”. Molto presto tuttavia il parlante avrà potuto reinterpretare scherzosamente 'mangiare la polenta con una mano sola' come se quel 'con una mano sola’ valesse pressapoco ‘solo con una mano’ e si riferisse al gesto dell’afferrarne una fetta e del portarla alla bocca come al solo “elemento comitativo” (chiamiamolo così) che accompagnava il mangiare quella povera polenta priva di condimento. Il ticinese di Val Verzasca conosce significativamente la variante mangià la polenta con ne magn propr. 'mangiare la polenta con una mano', vd. Lurati–Pinana cit., p. 272. Il modo di dire ticinese si allinea perfettamente ad altri tipi sinonimici italiani, ugualmente ironici e scherzosi (oggi fortunatamente dimenticati) come ‘’ già nell’italiano cinquecentesco del Machiavelli ‘mangiare pane e sputo ’; cfr. per es. il parm. magnär pan e spuda ; ‘mangiare pane e saliva’, ‘mangiare pane e lingua ‘, ‘mangiare polenta con l’aria della finestra ’, cfr. per es. il parm. magnär la polenta con l arja dla fnéstra , ecc. Dalle nostre parti parmigiane si racconta ancor oggi di un padre di molti figli che in tempo di carestia, rovesciando una grossa polenta sulla tavola , dicesse -Alégor ragàs incó s magna ! -Papà, la magnèmmja csì? -No, la tajèmma col fil... " ‘–Allegri ragazzi oggi si mangia! – Papà, la mangiamo così? – No, la tagliamo col filo…”

‘Mangiare polenta e una mano sul viso’
Di analogo ironico tenore è per es. il modo di dire ladino, in particolare cadorino di Auronzo, ‘mangiare polenta e una mano sul viso ’ per dire ugualmente ‘mangiare polenta priva di condimento', vd. I. Zandegiacomo De Lugan, Dizionario del dialetto ladino di Auronzo di Cadore , con prefazione del prof. G.B. Pellegrini, Ist. Bellunese di Ricerche Sociali e Culturali, 1988 s.v. Il modo cadorino ha tutta l’aria di essere un ampliamento ulteriormente scherzoso del già ricordato e più comune ‘mangiare la polenta con una mano ’ proprio di altri dialetti alpini. Con una differenza. Che la singolare e curiosa variante cadorina (‘mangiare polenta e una mano sul viso ’) sembra più precisamente analizzabile come se quel gesto pudico di mangiare la polenta coprendosi il viso con una mano alludesse al mangiare la polenta scondita quasi vergognandosi di vederla nuda, senza niente addosso, cfr. per es. il parmigiano magnär polénta Sbjòsa 'mangiare polenta priva di condimento' propr. 'mangiare polenta nuda', il mantovano magnar polenta sbjossa 'id.', modi che fanno il paio con il veneziano magnàr pan bioto , con il mantovano magnar pan biut ‘mangiare pane nudo’, vd. Arrivabene, ecc. nel senso di ‘mangiare il pane senza companatico’ .

Pietà e pietanza
A ben vedere insomma la nostra povera parmigiana polenta sorda non è poi sola come sembra. Si colloca all’interno di un folto gruppo di locuzioni dialettali norditaliane che vogliono dire la stessa cosa e che si esprimono scherzosamente in modo non molto diverso. Agli occhi di povera gente spesso affamata l’idea di ‘polenta priva di condimento’ mostra di essersi tradotta in termini linguistici ironici che l’hanno trasfigurata nientemeno che in una povera donna (già il giovane Tonellus , innamorato di Zanina nel latino maccheronico della Zanitonella del Folengo v. 896 parlava di muliebre polenta , forse alludendo alla sua molle femminea rotondità). Una tenera e povera donna molto appetita ma tristemente svantaggiata, ora sorda ora vedova, ora mutila, ora ignuda, ora malata (cfr. per es. il milanese polenta crotta , propriamente ‘polenta crocchia, polenta malaticcia’). La nostra parmigiana polenta sorda nel senso di ‘polenta scondita’ partecipa insomma di un coro di locuzioni che dietro un amaro sorriso, sembrano invocare a gran voce un po’ di pietà. E soprattutto un po’ di pietanza .

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