San Leonardo
E' una zona con due fusi orari, che si trasforma in base alla luce: tra il giorno e la notte cambia tutto. Ma è anche una zona che muta a seconda dei punti di vista: tra davanti e dietro, da piazza Rastelli a stradello Marca-Relli, ci sono pochi metri. Ma paiono mondi lontani. E a rendere più complesso il tutto c'è anche un sopra e un sotto: la parte bassa, troppo spesso, diventa rifugio per anime raminghe, senza pace.
Secondo l'archistar che lo ha progettato e immaginato quello che tutti conoscono come Stu Pasubio - anche se ora si chiama Nopa District - avrebbe dovuto essere un rivoluzionario «progetto di riqualificazione in cui l'architettura dialoga con l'urbanistica». Secondo chi lo abita è invece una pezzo di città sorto con grandi aspettative e ottime potenzialità che però ha incontrato nella sua storia intoppi, fallimenti, abbandoni, tentativi di rilancio. E che ora, nonostante tutto, fatica a prendere il volo.
«Come si vive qui? In teoria bene. In pratica, dopo il calare del buio non permetto a mia figlia di uscire da sola - spiega un residente - Devo aggiungere altro?». Perché lo abbiamo detto: questa sfida urbanistica che evoca scenari scandinavi merita le pagine delle riviste d'architettura. Ma dopo il tramonto il panorama cambia. E sciamano ombre che fanno paura.
«E' inutile girarci intorno: c'è spaccio, ci sono tossici che si infrattano ovunque per bucarsi o fumare il crack, scoppiano risse. - racconta una altra residente - A volte basta anche solo affacciarsi alla finestra per assistere a rapporti sessuali in strada: ed è evidente che si tratta di prostituzione, di scambi per una dose». Per spiegare meglio quale sia la situazione indica le grate installate per proteggere gli angoli più appartati, racconta della attenzione necessaria per arrivare ai garage: «Si deve aspettare che il cancello si chiuda completamente alle spalle: altrimenti qualcuno ne approfitta per infilarsi dentro».
Insomma, una quotidianità fatta di precauzioni e cautele che a molti stanno strette, per la quale si vorrebbe un giro di vite. Anche se, per altri, al contrario, la situazione è migliorata. «Rispetto a qualche anno fa è un altro mondo: e lo dico in positivo», replica un commerciante che qui opera da parecchio tempo. - Ora quasi tutti gli spazi commerciali sono stati affittati, si sono trasferiti qui studi professionali e artigianali innovativi, anche molti appartamenti sono stati acquistati. E l'impresa che gestisce l'area, che è subentrata dopo il fallimento della precedente società, ha iniziato lavori indispensabili di ripristino sui parcheggi sotterranei, sugli accessi». Mentre anche nel cantiere del Wopa – che secondo il beffardo cartello avrebbe dovuto chiudersi nel 2020 – sono tornati gli operai. La sensazione di un non luogo destinato a restare tale per sempre, almeno, è scomparsa.
Tutto bene quindi? Non proprio. Perché per uno che sorride ce n'è un altro che scuote la testa. E inizia a raccontare. «Quest'estate, in pieno giorno, una ragazza è stata aggredita e derubata proprio qui, nel sottopasso su via Brescia - prosegue un residente. - Spesso di sera si sentono grida, rumori di zuffe: tra clienti e spacciatori scoppiano litigi che impiegano poco a degenerare».
Quello che resta, alla fine, è una sensazione di sospensione, di timore difficile da raccontare: «Siamo vicini al centro, gli edifici sono molto belli, questa grande piazza avrebbe tante possibilità per essere attrattiva. Ma manca quel piccolo salto in avanti che farebbe la differenza». Ecco allora la richiesta di più illuminazione («gli angoli bui, si sa, attirano degrado»), di maggiore presenza di divise che fungano da deterrente ai disperati più molesti («quella specie di ufficietto della polizia locale non basta di certo»), un ulteriore incentivo all'apertura di esercizi commerciali e attività («e magari qualcosa che vivacizzi la piazza come promesso più volte»). Perché la magra consolazione che prima era peggio non convince e non basta.
«Soprattutto non si può cedere alla rassegnazione di chi allarga le braccia e dice che in fondo non è un problema solo di questa zona, che anche la stazione, via Garibaldi e via Verdi vivono un analogo destino – conclude un altro residente che accompagna in giro a vedere le tracce lasciate dal passaggio serale delle solite ombre: lattine di birra, fogli di stagnola che contenevano le dosi, bottiglie di plastica trasformate in pipe da crack. Mentre dal parcheggio di via Palermo arrivano gli strilli di due che si minacciano. «E poi bisognerebbe guardare tra gli alberi, dietro le macchine dove nascondono le dosi». Ma quello è roba da cani antidroga, meglio lasciar perdere e fermarsi tra i palazzi, guardarsi intorno. In questi giorni di quasi festa le luci di Natale ai balconi provano a regalare una pennellata di allegria. «Io ho una bella casa ma sto veramente pensando di andare via, di trasferirmi. Qui intorno ci sono ovunque cartelli che dicono che questa è Parma che guarda al futuro. Ecco, se questo è il domani non è proprio quello che vorrei».
Luca Pelagatti
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