CONDANNA
L'eroe buono che finisce nelle grinfie di una banda. Di quattro criminali che lo sequestrano, lo rapinano e gli fanno anche ingurgitare una bevanda con effetti stupefacenti. Un incubo da romanzo criminale, se non fosse che la trama se l'era inventata di sana pianta. Un grande bluff per giustificare il fatto che quella stessa sera era stato segnalato per guida in stato di ebbrezza dopo aver avuto un incidente sulla via Emilia. Da presunta vittima a imputato di simulazione di reato: 40enne, operaio, origini calabresi ma da tempo residente nel Parmense, ieri è stato condannato a 8 mesi dal giudice Giuseppe Saponiero (pm Lino Vicini). Unico sollievo, la sospensione della pena.
Quel 5 dicembre 2016 sarebbe trascorso come tanti altri giorni tra casa e lavoro, se non fosse che alle 8,35 di mattina gli agenti della polizia municipale gli avevano consegnato alcune multe relative all'incidente stradale di tre giorni prima. Oltre ai soldi da sborsare, aveva capito che avrebbe dovuto fare i conti con una denuncia per guida in stato di ebbrezza. Così, a fine mattinata, si era presentato in caserma per tentare di propinare ai carabinieri la sua storia thriller.
L'incontro con il destino (maledetto) era avvenuto poco dopo essere uscito dal lavoro, verso le 18,30: a bordo della sua Lancia Libra, percorrendo la tangenziale che dal Cepim porta alla via Emilia, aveva incrociato una persona, accanto a una Bmw parcheggiata in una piazzola di sosta, che gli aveva fatto cenno di fermarsi. E lui si era comportato da buon cittadino, accostando l'auto. Ma proprio mentre stava chiedendo quale fosse il problema all'automobilista (neanche a dirlo un 40enne con carnagione scura e accento straniero), un'altra persona lo aggrediva alle spalle, gli infilava un cappuccio in testa e lo obbligava a salire su una macchina.
Che fosse la sua auto o la Bmw, non era in grado di dirlo, ma il viaggio era durato una ventina di minuti. Fino a raggiungere un prato, dove, una volta che gli avevano sfilato il cappuccio, aveva scoperto che i suoi rapitori erano quattro, ma solo la persona che gli aveva chiesto di fermarsi aveva il volto scoperto mentre gli altri tre indossavano un passamontagna. Volevano soldi, e lui gli aveva consegnato i 350 euro che aveva con sé. Ma ne avrebbero voluti ancora: l'avevano tenuto lì 3 ore a suon di minacce. Fino all'affondo finale, quando era stato costretto a bere le gocce versate da un flaconcino di medicinali.
Per un quarto d'ora si era sentito completamente intontito, ma non aveva accettato di farsi riaccompagnare a casa dai quattro, perché poi avrebbero scoperto dove abitava. Si era messo al volante della sua auto, ma dopo una ventina di minuti si era schiantato contro un albero. Incidente vero, pura fantasia tutto il resto. Ai carabinieri è bastato controllare le telecamere che avevano ripreso la sua auto all'entrata e all'uscita dal Cepim. Ed è crollato tutto, compreso lui. Davanti alla verità.
Georgia Azzali
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