Il caso
La vicenda che riguarda la miniera di Corchia non smette di far parlare di sé, ma ci sono buone novità peri tutti gli esponenti del territorio della provincia di Parma che ne sono direttamente coinvolti. Ieri, infatti, è arrivato un secco no alla riapertura da parte della Regione Emilia-Romagna che dovrebbe placare il timore per quella che potrebbe essere una operazione dagli esiti disastrosi per il territorio. Ieri a scongiurarla è arrivata una dichiarazione importante da parte della vicepresidente della Regione Irene Priolo che ha detto: «Nella zona tutelata dal Sic non ci sarà mai nessuna ricerca». Ma andiamo con ordine.
Le tappe della vicenda
Tutto è cominciato quando la ditta Energia Minerals, controllata al cento per cento dall'australiana Altamin, ha fatto richiesta di poter esplorare il territorio di Corchia per verificare la possibilità di estrarre zinco, rame, cobalto e altri minerali. Un'intenzione, questa, contro la quale si sono schierati subito i residenti della zona che si sono riuniti in un comitato. Ma il no alla possibilità di una riapertura della miniera è arrivato praticamente all'unanimità da parte di tutti i soggetti interessati: dai sindaci dell'Unione dei Comuni delle valli del Taro e del Ceno alle associazioni ambientaliste nazionali (Legambiente, Wwf e Lipu), dalla Provincia di Parma fino ad arrivare alla Regione, il cui presidente Stefano Bonaccini ha espresso la sua contrarietà a questo tipo di business nella valle. Ovviamente contraria ad una simile ipotesi anche tutta la filiera dell'agroalimentare, visto che le acque del Taro sono fondamentali sia per l'irrigazione che per l'industria alimentare. Le estrazioni minerarie comportano effetti negativi in termini ambientali sulle falde acquifere e tutta la zona del nostro Appennino ne uscirebbe devastata.
Quale potrebbe essere la ricaduta sulla food valley è facilmente immaginabile: oltre al danno economico primario anche una ricaduta pesantissima sul fronte dell'immagine. A materializzare le paure di tutti è arrivato poi il via libera dato dal Ministero della Transizione Ecologica (oggi Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica) con la Valutazione di Impatto Ambientale che ha di fatto aperto le porte all'attività di ricerca richiesta da Energia Minerals.
La ricerca contestata
Ma in cosa consiste questa ricerca? In sé per sé non sembra nulla di eccezionale (si tratta di una raccolta, a mano e sotto la supervisione dei carabinieri forestali, di campioni di ciotoli e del sorvolo dell'area con un aeroplano) e non avrebbe un impatto ambientale significativo. Da qui il via libera ministeriale. Il fatto è che l'area di interesse è composta da una zona abbastanza ristretta nella quale è interdetta anche la ricerca per il piano territoriale provinciale, ma l'area più ampia (quella che nella quale ricadono le vecchie miniere di Corchia) è sottoposta a Sic, cioè sito di interesse comunitario. Nei Sic non si possono aprire nuove cave o ampliare quelle esistenti così come è vietato asportare materiale mineralogico e paleontologico, salva autorizzazione dell'Ente gestore (cioè la Regione). Ed è questo il nocciolo della questione.
Cave no e miniere sì?
Se non si possono aprire le cave, si domandano i cittadini del comitato, come si possono aprire le miniere? E se c'è la volontà da parte della Regione di non concedere la riapertura delle miniere di Corchia, perché si dà il via libera all'attività di ricerca?
La Gazzetta ha rivolto queste domande ai vertici della Regione, ma sia il presidente Stefano Bonaccini che l'assessore Barbara Lori, che ha la competenza sui Sic, non rispondono direttamente ma delegano a farlo la vicepresidente Irene Priolo, assessore alla Transizione Ecologica, al Contrasto al cambiamento climatico, all'Ambiente, alla Difesa del suolo e della costa e alla Protezione Civile. Interpellata su questi punti, la Priolo risponde così: «Come abbiamo già spiegato più volte il permesso di ricerca per le aree fuori dal Sic verrà rilasciato a valle ed in adempimento al provvedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (Via) favorevole rilasciato dal Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica. Nelle aree Sic non sarà autorizzata nessuna ricerca. Indipendentemente dall’esito delle indagini di ricerca, permesse unicamente fuori dal Sic e dalle altre aree vincolate, questo non porterà mai ad un’autorizzazione estrattiva da parte della Regione, come messo per iscritto al Ministero stesso. La questione Corchia la ritengo pertanto definitivamente chiusa, perché non ci sarà mai una miniera».
Parole molto chiare e nette che sembrano tagliare la testa al toro e chiudere definitivamente la questione: a Corchia non ci sarà mai una miniera. E soprattutto, ed è questa la novità più importante, non saranno effettuate ricerche nell'area delle vecchie miniere che ricade sotto la tutela Sic.
E se la ricerca autorizzata nelle aree non tutelate dal Sic dovesse dare esito positivo per l'esistenza di minerali alla cui estrazione la Altamin è interessata come si farà poi a negare il passo successivo?
A queste domande Priolo non risponde direttamente ma dai suoi uffici arriva una spiegazione così sintetizzabile: dopo il via libera del ministero alla valutazione di impatto ambientale non potevamo esimerci dal concedere la ricerca nelle aree non sottoposte a Sic.
In ogni caso resta ferma la volontà di non arrivare mai alla riapertura delle miniere di Corchia e questo è ciò che conta.
C'è poi un passo ulteriore. La Regione ha aperto le procedure per aggiornare le norme di attuazione dei Sic. Nell'aggiornamento basterebbe aggiungere il divieto esplicito alla ricerca ed alla riapertura delle miniere (così come c'è già quello per le cave) per impedire che la strada verso la riapertura di Corchia possa proseguire. E con questa anche altre situazioni simili in futuro.
Paolo Emilio Pacciani
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