Intervista
È una rilettura in chiave psicologica della figura di Don Giovanni, un’analisi priva di giudizio morale ma tesa alla conoscenza, il balletto firmato dal regista e coreografo Johan Inger con il drammaturgo Gregor Acuña-Pohl. Va in scena sabato stasera alle 20.30 al Teatro Regio di Parma, «Don Juan», produzione di FND/Aterballetto vincitrice del premio Danza&Danza 2020 come «Miglior produzione».
Lo spettacolo, che apre la stagione ParmaDanza 2023, attinge a diverse fonti letterarie e teatrali per creare una coreografia per sedici danzatori sulle musiche originali di Marc Álvarez.
Ne parliamo con Inger, danzatore e coreografo che ha a lungo collaborato con il Nederlands Dans Theater e con Jiří Kylián: «Per me, come per molti altri artisti, c’è qualcosa di affascinante in Don Giovanni, nel suo essere un uomo dalla condotta così scandalosa – osserva Inger – È naturale chiedersi perché agisca in questo modo, perché sia diventato ciò che è, e questa è proprio la domanda che ci siamo posti con Gregor Acuña-Pohl: da dove viene Don Giovanni? Quali sono le radici del suo comportamento? Quello che abbiamo fatto è stato andare alle origini della sua storia, quando era un ragazzino, e cercare una ragione psicologica del suo modo di agire. Questa ragione, nella nostra idea, è l’abbandono di sua madre: Don Giovanni perde la madre molto presto, forse perché morta, forse perché malata, e in ogni sua conquista la ricerca. Abbiamo anche fatto di Leo (o Leporello), il suo servo, una sorta di alter ego: è la coscienza di Don Giovanni, il suo lato ragionevole e morale. C’è quindi sempre una battaglia tra loro su cosa è giusto e cosa è sbagliato. Vogliamo capire e descrivere Don Giovanni, non vogliamo difenderlo ma vogliamo spiegarlo, in modo che il pubblico possa farsi una propria opinione su di lui».
Quali sono i riferimenti letterari della vostra coreografia?
«Abbiamo attinto da differenti libri e drammi teatrali, per creare una nostra versione: c’è un po’ di Molière, un po’ di Mozart e ovviamente ci siamo ispirati a Tirso de Molina. Non è un collage ma abbiamo preso ciò che si adattava alla nostra idea drammaturgica, a ciò che volevamo dire con il nostro lavoro».
Come avete lavorato con il compositore Marc Álvarez?
«Lavorare con un compositore è sempre molto complesso e interessante. Avere un brano musicale e lasciarsi ispirare da esso per creare una coreografia è fantastico ma è un procedimento del tutto diverso. In questo caso abbiamo preparato una sinopsi dettagliata e Álvarez ha lavorato sul tipo di stato d’animo che avevamo in mente per ogni scena».
Quanto è stata importante la figura di Jiří Kylián per la sua carriera?
«Kylián è stato tutto per me: ha creduto in me, mi ha fatto un contratto quando ero un giovane danzatore e ho avuto il privilegio di lavorare per 20 anni a stretto contatto con questo straordinario coreografo. È anche stato colui che mi ha dato l’opportunità di coreografare me stesso: senza di lui non so dove sarei ora. Sento che tutta la mia carriera di danzatore, di coreografo e una grande parte della mia vita da adulto è consistita nel lavorare con questo genio».
Per informazioni e biglietti: biglietteria del Teatro Regio di Parma, tel. 0521 203999, biglietteria@teatroregioparma.it.
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