Dramma di Gaida
I farmaci che lo tenevano inchiodato nel letto, costretto ad un coma indotto, sono progressivamente stati ridotti fino a che, qualche ora fa ha aperto gli occhi. «Sai perché sei qui? Ti ricordi dell'incidente?», gli hanno chiesto con cautela i medici senza, però, che dal suo sguardo svanisse quella patina di pesante nebbia, di impenetrabilità. Una cortina opaca che non si è sollevata neppure quando gli è stato detto che quella maledetta notte a Gaida, tre mesi fa, tutta la sua famiglia è stata cancellata dall'urto della macchina su cui stavano viaggiando. E che lui guidava strafatto di alcol, droga e febbre della velocità. Ecco perché la rivelazione della fine del coma farmacologico per Orjol Lame, 32 anni, è in realtà una non-notizia.
La fine del torpore indotto artificialmente non basta infatti a permettere di capire cosa accadrà ora e, nello stesso modo, per il momento è impossibile comprendere quali danni permanenti a livello celebrale abbia riportato l'albanese che è ritenuto responsabile dello schianto in cui sono morti la sua compagna, Shane Hyseni di 22 anni, il figlioletto Mattias Lame di un anno e mezzo e i fratelli della donna Resat Hyseni, 11 anni, e Rejana Hyseni, 9 anni.
Subito dopo il risveglio la famiglia dell'uomo, che vive in Albania, è stata avvisata e la madre e la zia dell'uomo sono arrivate all'ospedale di Correggio dove è stato trasferito qualche giorno dopo l'incidente. I medici, per valutare la sua ripresa, avrebbero anche provveduto a alzarlo da letto e farlo sedere su una sedia a rotelle per capire se quell'accenno di autonomia avrebbe potuto favorire una ripresa della sua capacità intellettiva. Ma anche questo tentativo non ha provocato reazioni: e resta quindi aperto il grande interrogativo sulle condizioni dell'uomo che ancora è ovviamente sottoposto alla somministrazione di farmaci ma che, soprattutto, è stato sottoposto ad una perizia.
Si tratta di un accertamento voluto dal pm titolare dell'indagine che prima ha disposto un esame la macchina, intestata stranamente ad un prestanome e senza assicurazione e revisione, provando a ricostruire le dinamiche dell'incidente avvenuto senz'altro a folle velocità. Quindi un secondo accertamento è stato disposto anche sul cellulare di Lame per capire se per caso la sbandata fatale, in un tratto perfettamente rettilineo, possa essere dovuto ad una distrazione dovuta all'uso dello smartphone. Quindi, come detto, la terza perizia affidata ad uno psichiatra chiamato al compito più difficile: quello di valutare se il 32enne, dopo mesi di coma, sia in grado di «di partecipare coscientemente al giudizio. Se cosi fosse potrebbe al momento opportuno partire il processo con la probabile imputazione di omicidio stradale plurimo. Nel caso invece il perito ritenesse che l'uomo non ha lucidità necessaria scatterebbe la non imputabilità con la conseguenza di non potere processare l'uomo.
Sarebbe forse una conclusione paradossale dopo una vicenda che comunque, lo ha già condannato: quella notte la sua famiglia è stata azzerata di colpo. E a lui, dietro quella nebbia, che ancora gli avvolge gli occhi potrebbe restare per sempre il peso di essere il solo e unico responsabile.
Luca Pelagatti
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