×
×
☰ MENU

Violenza in centro

Follia in via Repubblica: pugni e spallate ai passanti

Follia in via Repubblica: pugni e spallate ai passanti

di Chiara Cacciani

05 Febbraio 2023, 03:01

«Tutto sommato, come si dice qui a Parma, mi bacio i gomiti. Ma le ripeto: pieno centro, ore 19.30». A parlare è il marito dell'ultima delle tre vittime - ma potrebbe essercene una quarta - di un uomo che venerdì sera ha seminato il panico su un marciapiede di via Repubblica.

In 10 minuti, tra la pasticceria Cocconi e la chiesa di San Sepolcro, ha colpito a casaccio: un pugno in faccia a un ragazzo che guardava i dolci dalla vetrina, una spallata che ha fatto cadere una ragazza vicino alla Prefettura e un pugno nello stomaco a una donna di 66 anni che per la violenza del colpo è finita a terra, in strada, all'incrocio con via Saffi. Ed ecco spiegato il «baciarsi i gomiti» del marito: un automobilista ha avuto la prontezza di riflessi - e la fortuna insieme - di riuscire a evitarla.

L'autore di tutte queste aggressioni, invece? Con ogni probabilità una persona con problemi psichici. Ha ogni volta proseguito rimettendo le mani in tasca, lasciando il cappuccio calato sulla testa e mantenendo la camminata lenta e solo all'apparenza innocua. Una violenza letteralmente cieca e muta, la sua: non una parola, nessuna conoscenza delle vittime, nessun intento di rapina e nemmeno il tentativo di accelerare il passo e fuggire.

Tra le tante chiamate arrivate al 118 e alle forze dell'ordine, è durata 7 minuti la telefonata con cui la testimone di due delle aggressioni ha tenuti aggiornati i carabinieri sugli spostamenti dell'uomo, uno straniero di 40 anni circa, fino a quando è stato fermato nel parcheggio della Galleria. «Ero insieme a mia figlia di 12 anni, che ora ha paura a uscire - racconta la donna -. Erano le 19.15 quando siamo passate davanti alla pasticceria e ho visto un ragazzo che conosco: mi sembrava scosso, non ha salutato: ho pensato fosse solo stanco. A distanza di 50 metri, davanti alla prefettura, mia figlia mi ha presa per un braccio: “Quell’uomo ha spinto quella ragazza, che è caduta”». Sono accorse a chiederle se avesse bisogno e nel mentre hanno seguito l'uomo con lo sguardo e poi con i passi, trovandosi di fronte alla scena di un'altra donna a terra dopo il pugno assestato allo stomaco. «Quando abbiamo visto che in tanti la stavano soccorrendo, non so come ma ho avuto la lucidità di stargli dietro a distanza». E dietro di lei - all'inseguimento - c'erano anche un infermiere e un avvocato, che avevano visto la diretta fulminea del primo pugno davanti a Cocconi: il ragazzo picchiato aveva provato a reagire, ma riuscendo solo a sfiorare l'aggressore, già in cammino.

Ma torniamo all'inseguimento. «I carabinieri ci consigliavano di restare a distanza, poteva reagire, ma alla fine di via Repubblica abbiamo dovuto anche noi attraversare col rosso ai due semafori, altrimenti l'avremmo perso». È a quel punto che l'uomo si è accorto di «non essere solo» e ha provato a infilarsi in passaggi tortuosi. Ormai troppo tardi: i militari erano lì ad attenderlo.

«Gli ho sentito dire che quelle persone non volevano lasciarlo passare, ma era una bugia. Sono state raccolte le nostre testimonianze, ma ci è stato detto che a causa della legge per il momento non potevano fermarlo. E viene molta rabbia: mia figlia di 12 anni deve aver paura a camminare in via Repubblica? Davvero?». E anche alla pasticceria Cocconi il giorno dopo restano le domande: «Ma come è possibile? Eravamo ormai chiusi, non abbiamo visto la scena, ma solo ricevuto la richiesta di aiuto e di ghiaccio per la botta al viso. Ma c'era chi stava pulendo da fuori la vetrina: sarebbe potuto capitare anche a uno di noi».

E ritorniamo allora alla 66enne finita al pronto soccorso. Per fortuna nessuna frattura e tante ammaccature, ma resta lo choc: «Io non ho più il coraggio di mettere il naso fuori di casa». E allora è il marito a ricostruire il loro inconcepibile, assurdo venerdì sera. «Ero a casa a lavorare e ho ricevuto una telefonata: era una persona che aveva avuto il numero da mia moglie e mi avvisava di quello che era successo. Mi sono precipitato fuori per raggiungerla». Il tempo di percorrere qualche centinaio di metri e di arrivare in tempo per salire sull’ambulanza su cui era già stata caricata. «L'ho trovata bianca come un lenzuolo, piangeva e tremava. Non se l'aspettava. E come poteva? Stava camminando tranquillamente, osservando con sguardo distratto le persone che le venivano incontro sul marciapiede, ricorda solo pochissimi dettagli di quella figura». I carabinieri li hanno raggiunti all'ospedale per ascoltare il loro racconto, la loro querela la andranno a formalizzare in queste ore «non per malanimo verso una persona che siamo portati a ritenere malata, ma pensando - sottolinea - a chi potrebbe essere la prossima vittima. C'è chi ci ha parlato di altri episodi. Insomma, c'è un soggetto pericoloso che si aggira in città». A orari e in luoghi che non sono certo quelli in cui si aumentano d'istinto le difese.

E se - visti i vincoli di legge - le querele degli aggrediti sono importanti per poter procedere, intanto cosa si può dire di questa vicenda? Che non sia opera di un criminale incallito può sollevare? Forse. Ma nemmeno troppo. Perché non c'è garanzia che la violenza generata da una malattia psichica, se non gestita e arginata, non possa prima o poi portare (anche) alla tragedia. Non servono grossi sforzi di memoria per ritrovare cronache da far gelare il sangue.

Chiara Cacciani

© Riproduzione riservata

CRONACA DI PARMA

GUSTO

GOSSIP

ANIMALI