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Il ricordo dei colleghi

«Massimo Marchinetti, il commissario che sapeva parlare al cuore delle persone»

«Massimo Marchinetti, il commissario che sapeva parlare al cuore delle persone»

07 Febbraio 2023, 03:01

Chi indossa la divisa non piange. Ché anche questo è dovere: tenere a bada le emozioni, alzare lo sguardo e ripetere: «Faccio quello che si deve fare».

Ieri, tuttavia, al comando di via del Taglio non c'era nessuno che non avesse gli occhi lucidi e la voce senza crepe. Nessuno che riuscisse a usare i verbi al passato. «Perché Massimo è qui con noi. E chissà quanto ci vorrà a capire che non è più così».

Come è normale che sia visto che Massimo Marchinetti, 56 anni, se n'è andato di colpo, senza concedere neppure quell'attimo che serve a dare un senso allo strazio. Ad aggrapparsi ad una futile consolazione. «L'avevo sentito poco prima. Ed era come sempre, calmo e preciso. Autorevole».

Formule sufficienti se si potesse scindere il commissario dall'uomo. Ma è impossibile e allora, le lacrime non si possono frenare.

«Era il mio capo: ma, se lo devo raccontare, per me era una porta sempre aperta e un telefono sempre acceso. Una persona sempre disponibile», ricorda Francesco. E alle sue parole fanno eco tanti, a riprova che queste non sono le solite frasi fatte. Ma emozioni vere.

Ognuno infatti dei «suoi» commissari, ispettori, sovrintendenti ha un racconto, un dettaglio, una frase che vuole aggiungere. Anche se è difficile non cedere al magone. «Ieri mattina, all'inizio del turno, come sempre ci siamo ritrovati nella sala dell'appello».

Da una parte c'erano gli agenti, dall'altra il vuoto. «Il coordinatore ha detto qualche frase, ha proposto un minuto per ricordarlo. Perché Massimo era un amico». E non solo da ieri.

Marchinetti infatti era entrato nel corpo nel novembre del 1997 come agente e aveva avuto come primo incarico la circoscrizione San Leonardo. «Voleva dire turni lunghi in strada, banale lavoro operativo. Ma per lui la passione era tale che era diventato ben presto un esperto». Anzi, un maestro. Lo dimostra la carriera, lo conferma il fatto che fosse istruttore alla scuola regionale della polizia locale. Ma, ancora, soprattutto le parole di chi con lui ha condiviso tanti anni. «Era una persona positiva ed entusiasta, curiosa della vita, che amava condividere con gli altri la sua esperienza e le proprie competenze», aggiunge Emma Monguidi. Mentre Vincenzo Bondani ricorda il suo impegno nel trasferire preparazione ai giovani. «È così: la sua attività di formazione è stata importantissima».

E forse, almeno questo, aiuta: sapere che la sua opera proseguirà dopo di lui serve a tamponare il dolore. «Anche se mancherà: e tanto - , scuote la testa Adriano Bonfè. - E' stato lui a volermi, a volerci con lui, a gestire il nostro ufficio. Ed era una persona speciale che sapeva leggerti dentro, che sapeva capire». Una dote rara, una di quelle che di certo non per prima vengono in mente quando si pensa ad un uomo in divisa. Soprattutto se è un capo.

«Ma Massimo aveva una sensibilità speciale. Gli parlavi e uscivi dal suo ufficio sempre sollevato: sapeva cosa poteva dire e come dirtelo», continua Andrea Sicilia. Ognuno di loro, prima del nome, sul lavoro indossa un grado, sulle spalline porta stelle e simboli. Ma oggi, parlando di Marchinetti, di fronte al lutto, di colpo ci si sente tutti uguali. Ed ecco allora che l'uomo e il commissario finiscono per mescolarsi, con l'agente che si fonde con il padre di famiglia. E tanti dettagli insieme formano un ritratto intriso d'affetto.

«Mio fratello era una persona che dava il 100% per tutti. Per il lavoro, per la famiglia: e alla fine forse è rimasto poco tempo per lui». Così, il ricordo di Maurizio, il fratello di un anno più vecchio, corre a quando ancora Massimo non portava la divisa ma piuttosto i grembiule da barista. Il locale lo avevano aperto insieme, in borgo del Parmigianino, ed era uno di quei posti dove i clienti vengono, certo, per un caffè. Ma anche, forse soprattutto, per un sorriso, due chiacchiere. Per incontrare una faccia amica. «E anche io ho l'immagine di una persona positiva, amabile – spiega Mauro Coruzzi che, per la sua trasmissione radiofonica su Radio Parma, si collegava sempre con Marchinetti. - Dava informazioni di servizio, parlava del traffico, rappresentava l'interlocutore istituzionale, ma dietro l'uniforme si percepiva l'uomo. E questo mi piaceva, ne percepivo la piacevolezza».

«Ecco, Massimo era il primo a mettersi in gioco, a sapere scherzare e giocare ma, nello stesso tempo, era rigoroso nell'impegnarsi con estrema serietà. Con lui si lavorava tanto. Ma non si perdeva mai l'umanità», conclude Paolo Marchica.

Sulla porta del suo ufficio, da qualche tempo, il commissario Marchinetti aveva appeso un cartello: «La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione e violenza e goderla in tutto il suo splendore». Letta oggi suona come una speranza, forse una invocazione. Peccato che oltre che bella la vita possa essere ingiustamente breve.

Luca Pelagatti

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