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Reportage

Oksana, 22 anni, uccisa da un missile

Oksana, 22 anni, uccisa da un missile

di Roberto Longoni

20 Febbraio 2023, 03:01

DAL NOSTRO INVIATO
Roberto Longoni

Zàhony (frontiera Ungheria-Ucraina)Mezzo chilometro, seicento metri al massimo. Quanto ci vorrà a percorrere questa distanza in auto, mentre le sirene urlano e sai che il cielo ti può rovinare addosso da un momento all’altro? Trenta secondi, 40 a dir tanto. Se lei e il fidanzato avessero cominciato a fuggire mezzo minuto prima, ora Julia non ci avrebbe dato per l’ennesima volta il benvenuto alla frontiera, per trasbordare gli aiuti umanitari parmigiani oltre confine, fino alle regioni «estreme» di Kharkiv e Dnipro. Invece, c’è, come sempre, ad accogliere i sette volontari del Seirs impegnati nella nona missione ucraina in undici mesi. La dolcezza è la solita, ma il sorriso è a metà: il fondo di tristezza nello sguardo chissà quando si scioglierà del tutto. I vent’anni di Julia Kapral sono volati via in un attimo. Ha visto farsi tutto arancione davanti a sé e una tetra nuvola inghiottire l’auto su cui viaggiava la futura cognata: a 600 metri al massimo da lei. Attraverso i suoi occhi tutti noi abbiamo visto la guerra più vicina che mai in questa missione.

Promessa sposa

La ragazza uccisa si chiamava Oksana Musika e aveva 22 anni, amava il fidanzato e i nipotini e il gatto Persi. Sarebbe diventata fotografa, pronta a cogliere il lato migliore delle persone, perché questo aveva sempre fatto. In estate si sarebbe sposata. Se il suo «sì» fosse coinciso con il ritorno della pace, tanto meglio: altrimenti, sarebbe servito a dimostrare che l’amore sa essere più forte perfino della guerra. Non sempre funziona così. Anzi, chissà quanti - da una parte e dall’altra del fronte o tra le case che non hanno nemmeno un fronte - stanno piangendo il loro amore vittima di questa assurdità. Se bastassero bellezza e generosità a proteggere dal male, Oksana avrebbe dovuto essere tra le ultime a temere. Invece, non va così: né in tempo di pace né in tempo di guerra. Lei non c’è più, e chi la conosceva non può credere che un sorriso come il suo sia costretto all’immobilità di una foto illuminata da un cero.

«La vita non avrà mai più gli stessi colori - dicono i genitori -. Mentre per il dolore che proviamo non riusciamo a trovare più parole». Musika, si chiamava, ma il suo nome ha smesso di evocare l’arte capace di rafforzare la fede negli angeli. Ora, in segno di vendetta, il suo nome è vergato accanto a quelli dei civili vittime dei bombardamenti di quei giorni sui missili lanciati contro i soldati russi.

Quel giorno maledetto

Non importa che a Chop gli allarmi siano sempre risuonati a vuoto dall’inizio della guerra e che le bombe più vicine siano cadute a un centinaio di chilometri da questa cittadina al confine con l’Ungheria. Ora Julia corre via non appena sente le sirene o salta giù dal letto se rivive l’incubo di quel giorno. Era il 31 dicembre, e nonostante tutto si pensava all’arrivo del nuovo anno. Lei aveva raggiunto il fidanzato a Chmel’nyc’kyi, 400 chilometri a nordest di Chop. «Insieme eravamo andati al mercato per fare provviste per il cenone - racconta la giovane volontaria di Krapia Dobra (Una goccia di bene), l’onlus fondata dalla madre Uliana -. Quando sono risuonate le sirene, abbiamo appena avuto il tempo di correre alle nostre auto». Lei è salita su quella del proprio ragazzo. Oksana, sorella di quest’ultimo, sulla Opel Corsa del promesso sposo: e insieme sono partiti per primi. C’è stato solo il tempo di fuggire e sperare. Pochi secondi dopo hanno cominciato a cadere i missili.

Mentre l’auto veniva investita dall’onda d’urto dell’esplosione, il fidanzato ha cercato di fare da scudo a Oksana con il proprio corpo. Ma la morte si è beffata anche di quest'ultimo slancio d’amore: ha preso la ragazza alle spalle, penetrandole nella nuca con una scheggia. Mentre lui a sua volta è rimasto ferito in modo grave. «Solo per un attimo, Oksana ha riaperto gli occhi: era impossibile credere che non avrebbe mai più visto la luce - prosegue Julia -. I militari sono accorsi in pochi secondi. Estratta Oksana dall’auto, l'hanno caricata su un loro veicolo. Quanto la situazione fosse disperata era chiaro fin da subito. Poco dopo, lei era ricoverata in Rianimazione nell’ospedale vicino. I medici le hanno dedicato tutti i loro sforzi, ma senza dare mai una parola di speranza». Troppo evidente che sarebbe stata solo un’illusione. Le hanno provate tutte, mentre in città veniva anche lanciato l’appello perché fosse donato sangue del gruppo 0, del quale c’era grande bisogno, visto l’alto numero dei feriti del bombardamento.

Preghiere e rabbia

Per ore si è cercato di strappare Oksana alla morte, e anche il suo cuore ha dimostrato quanto fosse aggrappato alla vita. Ma l’emorragia era inarrestabile e il cervello aveva subito danni irreparabili. «Non c’è stato nulla da fare. Quel missile si è portato via per sempre una ragazza allegra, empatica e sincera». Erano le 23, la nostra mezzanotte: mentre da noi si brindava, una ragazza di 22 anni moriva per essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. A Chmel’nyc’kyi colpita al cuore ben pochi avevano voglia di festeggiare l’arrivo del 2023. In trecento poi hanno affollato la chiesa per l’ultimo saluto a Oksana. C’è chi ha pregato, chi ha giurato vendetta. Forse qualcuno ha fatto entrambe le cose. Una sottoscrizione organizzata per acquistare droni per l’esercito ha raccolto 17mila dollari nei primi otto giorni. Era cominciato un nuovo anno e di nuovo c’era solo il dolore di un’altra famiglia segnata per sempre.

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