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Le emozioni di Alpesh Chauhan: «Dall'onorificenza di Re Carlo al ritorno a Parma»

Le emozioni di Alpesh Chauhan: «Dall'onorificenza di Re Carlo al ritorno a Parma»

di Mara Pedrabissi

30 Marzo 2023, 03:01

Alpesh Chauhan torna stasera a Parma, all'Auditorium Paganini alle 20.30, in concerto con la Filarmonica Toscanini. Un programma sfidante per un ritorno carico di significati: Chauhan era una “scommessa” nel 2016, quando, ventiseienne, venne indicato come direttore principale della Toscanini. Scommessa vinta, oggi che torna da vincitore del premio Abbiati. E non solo.

Maestro, ritrova la «famiglia» della Toscanini che le ha portato fortuna.
«Davvero è un piacere, torno in famiglia. La Filarmonica è stata la prima orchestra al mondo con cui ho avuto un contratto stabile, con cui ho costruito dei progetti. Prima di reincontrare la Filarmonica avevo una certa ansia… mi chiedevo: sarà tutto cambiato? Come tra marito e moglie: se lui o lei ha un altro, è chiaro che non è più come prima. E cosa è successo? Dopo pochissimi minuti dall’inizio, ci siamo ricordati tutto: dello studio fatto insieme, dei concerti… Si sa: non è possibile fingere in fatto di feeling e questo feeling naturale, quindi speciale, l’abbiamo sentito sia io che l’orchestra».

È nato in Inghilterra, da una famiglia di cultura indiana: un incrocio tra Oriente e Occidente. Ciò ha rappresentato più una risorsa o una difficoltà?
«Una risorsa indubbiamente che ha facilitato anche il mio modo di rapportarmi con le persone, fin dall'adolescenza. Il tempo libero lo passavo nella comunità indiana, a scuola invece stavo con tutti! In ogni caso, la musica classica non è solo per gli occidentali. Tra l’altro, una certa musica classica non è così distante come colonna sonora dal mondo di Bollywood; infatti, il primo cd che acquistai - la Sinfonia n.6 Patetica di Čajkovskij- musica generosa, calda, appassionata, aveva incuriosito anche i miei genitori e amici indiani “sintonizzati” su quel mondo!».

Per lavoro si divide tra Inghilterra e Germania, oltre ai concerti in giro per il mondo. Quale è l'oggetto o il profumo che le ricorda casa o che porta con sé?
«Quando sto molto in giro, sento la mancanza del mio letto… del letto di casa. Infatti, se dirigo a Londra che dista due ore - che possono diventare anche quattro per il traffico - torno sempre a casa. A proposito di profumi mi piace tanto la cucina, io stesso cucino! Preferisco quella italiana che ho imparato ad apprezzare a Parma; in quegli anni in Italia feci la bellissima conoscenza degli chef Roberto Conti e Claudio Sadler».

Riti scaramantici prima di salire sul podio?
«Non mi piace stare da solo prima del concerto; desidero rimanere vestito normalmente e parlare con il pubblico o qualche orchestrale fino all’ultimo momento: questo mi rilassa… Quando non è più possibile, mi chiudo in camerino e indosso il frac in pochissimo tempo, direi all’ultimo secondo… e prima di uscire metto il profumo che per me è come una droga!».

Parliamo del programma di stasera: enorme, con un organico che sfiora i 90 elementi e una prima assoluta, «Città nascoste»...
«Questo programma contiene tutti i colori che un’orchestra può realizzare. Il filo conduttore è l’uso proprio della massa strumentale che si deve esibire in tutta la sua ricchezza sonora. Il brano di Capogrosso, “Città nascoste”, che ha il medesimo organico della “Fantastica” di Berlioz, è una composizione d’atmosfera suddivisa in quattro brevi movimenti, e si caratterizza per essere piuttosto articolato come dinamiche dal pianissimo al fortissimo. Il secondo, “Schelomo”, esige tante sfumature brillanti che creano magiche suggestioni: in particolare è l’orchestra che mostra questa ricchezza, mentre il violoncello, che rappresenta la voce di Schelomo (Salomone) deve essere sia trasparente che appassionata… e deve pensare di essere anche una voce umana… Con Pablo Farrández che ritengo il migliore violoncellista al mondo, l’abbiamo già eseguito con la BBC Schottish. La “Fantastica” si spinge fino al limite possibile quanto all’uso dell’orchestra; quando è stata composta nel 1830 è stata sicuramente un grande esperimento. Anni fa non mi piaceva, la trovavo troppo “matta”; ora ce l’ho in repertorio e mi piace molto: la concepisco come 5 momenti di un viaggio visionario, nel mondo del sogno».

Infine: in novembre Re Carlo III le ha assegnato l'onorificenza dell'Obe, Order of the British Empire. Immaginiamo l'emozione, sua e dei suoi genitori.
«Quando mi hanno informato, sono rimasto scioccato. Tra l’altro, è stata l’ultima nomina della Regina Elisabetta, mentre la consegna è stata fatta per la prima volta da Carlo come Re. Ho pensato ai miei genitori, a quando mio padre negli anni ‘60 dall’Africa poi dall’India ritrovò una vita in Inghilterra… perché non aveva niente agli inizi, la povertà era estrema. Poi negli anni ‘80 arrivò mia madre; il loro lavoro continuo, la loro dedizione hanno permesso a me, mio fratello e mia sorella di vivere normalmente. Quando ho ricevuto quell’onorificenza a questo ho pensato e alla loro immensa soddisfazione: infatti nella foto ufficiale ridiamo tutti. I miei genitori per la gioia. Io perché avevo detto a Re Carlo dei miei studi di violoncello e lui mi aveva confessato che aveva iniziato anche lui col violoncello ma era scarso… Allora anch’io gli dissi che, come violoncellista, ero scarso. Re Carlo mi guardò, dicendomi: siamo due violoncellisti scarsi!».

Mara Pedrabissi

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