L'intervista
Un sogno americano puoi viverlo in mille modi. Anche nuotando, perché no. Per scoprire, bracciata dopo bracciata, quanto possa essere bello diventare grandi, maturare una nuova consapevolezza di sé, competere con avversarie che solo fino a poco tempo prima ritenevi inarrivabili. Alessia Ferraguti, classe 1998, ti stupisce con la semplicità e la dolcezza della brava ragazza che, da un giorno all'altro, si ritrova al centro di una bellissima favola.
Cresciuta fra le file del Nuoto Club '91, sotto la guida tecnica di Andrea Avanzini, più volte campionessa italiana categorie Ragazze e Cadette nei 50, 100 e 200 rana, nei mesi scorsi Alessia si è trasferita negli Stati Uniti. Un'opportunità che ha potuto cogliere grazie al nuoto, ottenendo una borsa di studio per un Master in Chimica e Biochimica proprio in ragione dei lusinghieri traguardi raggiunti in vasca. E a Fayetteville, la città che accoglie la University of Arkansas, Ferraguti ha immediatamente messo in mostra il proprio talento. Ai recenti NCAA Championships di prima divisione, il livello più alto della competizione riservata ai college americani, Alessia si è distinta individualmente nelle sue specialità, guadagnandosi poi un attestato d'onore con le staffette, posizionatesi tra le prime 16 squadre. «Un'esperienza entusiasmante già solo per il fatto stesso di esserci, visto lo spessore delle rivali» la definisce la nuotatrice parmigiana. «In gara, con me, c'era gente che ha fatto le Olimpiadi, vincendo anche medaglie». Come Lydia Jacoby, oro a Tokyo 2020, e Kate Douglass, che alle stesse Olimpiadi ha conquistato un bronzo. «E poi Maggie McNeil, Alexandra Walsh e altre ancora» ricorda Alessia.
Chissà quanta pressione addosso.
«Col tempo ho imparato a gestire l'ansia che precede un appuntamento importante: quando ero più piccola e mi ritrovavo a disputare gli Assoluti, la pressione l'avvertivo maggiormente. Ora è diverso: poter competere con campionesse di questo calibro, lo vivo come uno stimolo».
Con i Razorbacks, la sua squadra, in Tennessee si è tolta qualche soddisfazione.
«Sono molto contenta, anche a livello personale: nei 100 e 200 rana mi sono piazzata a ridosso delle prime 20 posizioni, con buoni tempi. Con le staffette 4x50 stile, 4x50 mista e 4x100 stile è andata ancora meglio: ricevere la menzione è stato assai gratificante».
Siete un gruppo unito?
«Molto. In squadra c'è solo un'altra ragazza italiana, originaria di Arezzo. Le altre vengono da paesi diversi, oltre naturalmente che dagli Stati Uniti. L'incontro tra le culture e la condivisione sono una preziosa fonte di arricchimento».
Il nuoto e l'atmosfera pre-gara come vengono vissuti?
«In maniera completamente differente rispetto a come ero abituata. In Italia siamo sempre molto concentrati, prima di una gara. Non dico che in America non lo siano, ma il clima che precede l'ingresso in vasca è più disteso. Ci si mette persino a ballare».
Cosa l'ha spinta a scegliere di trasferirsi negli Stati Uniti?
«La decisione definitiva è arrivata dopo lunghe riflessioni. Quando mi è stata proposta la borsa di studio, non ho accettato subito: da una parte ero entusiasta all'idea di poter studiare e continuare a nuotare in un contesto professionale, dall'altra ero spaventata perché l'America non è esattamente dietro l'angolo. Poi, però, mi sono convinta che partire per gli States fosse la scelta più giusta».
Che ambiente ha trovato?
«L'ideale, per una giovane che vuol coltivare i propri interessi e i propri sogni. Qui, infatti, essere studenti e atleti allo stesso tempo è un vantaggio: in Italia fai il doppio della fatica, nel conciliare entrambe le cose, e hai meno tempo. Negli Stati Uniti, invece, c'è un sistema che ti permette di non rimanere mai indietro col piano di studi: se hai un esame in prossimità di una gara, i docenti ti forniscono una data alternativa. E anche le finestre dedicate alle lezioni sono più ampie».
Lei quante volte si allena?
«Tutte le mattine. E la sveglia suona molto presto, perché l'allenamento comincia alle 6 e si conclude alle 8. Tre volte a settimana vado in piscina anche al pomeriggio».
E con questi ritmi, riesce davvero a seguire le lezioni e a studiare?
«Gliel'ho detto: il sistema universitario ti supporta a 360°. E poi nel nostro Campus ci sono strutture pazzesche: per gli atleti c'è una mensa ad hoc, insieme a laboratori e aule dove poter studiare. Vivo in un appartamento che si trova a 1 km dalla piscina, collocata sempre all'interno del Campus. A favorire gli spostamenti è la presenza di navette, gratuite».
E con la lingua inglese come procede?
«L'impatto è stato traumatico, visto che parlavo un inglese scolastico. Ma ascoltando tutti i giorni gli altri, impari velocemente. Seguo anche lezioni di potenziamento grammaticale, perché studiando in ambito scientifico ho bisogno di scrivere molto».
A breve sarà di nuovo in Italia, per gli Assoluti di Riccione dove difenderà i colori dell'Imolanuoto. Si sente pronta?
«Negli Stati Uniti la stagione dei college si è appena conclusa, quindi mi sento abbastanza in forma. A Riccione gareggerò nei 50, 100 e 200 rana e nei 50 e 100 stile».
Si è data un obiettivo?
«Fare meglio delle volte precedenti. Nel 2021 avevo raggiunto le finali nei 50 e 100 rana e nei 50 e 100 stile, arrivando anche a un passo dal podio nei 50 rana. Avrei anche dovuto far parte della spedizione azzurra
per le Universiadi in Cina, poi rinviate per la pandemia».
Avrà masticato amaro.
«Quando mi sono qualificata non stavo nella pelle. Però, in quello stesso periodo, ero anche in procinto di laurearmi e avevo smesso di nuotare da un mese per preparare la tesi. Il rinvio delle Universiadi, in un certo senso, è stato un sollievo. Ma ci riproverò».
Alessia, la sua è una famiglia di sportivi: come si è avvicinata al nuoto?
«Per seguire le orme di mio fratello, Fabrizio, che ha praticato a lungo questa disciplina, facendo anche assai bene. Poi, a 21 anni, è passato alla pallavolo: oggi gioca in serie A3 con la Wimore».
Ci ha raccontato il suo percorso e la sua vita negli Stati Uniti. Tutto bellissimo. Ma mi dica la verità: in certe sere americane, le capita di avere nostalgia di casa?
«Certo, Parma mi manca. Lì c'è tutto: la mia famiglia, i miei amici, i ricordi del Nuoto Club '91 e del mio allenatore Andrea Avanzini, che non smetterò di ringraziare abbastanza perché se sono qui è anche grazie ai suoi insegnamenti. Però, vede, quello che ho il privilegio di vivere è un sogno talmente grande che mi riesce difficile pensare di poter tornare indietro. Sono partita con l'idea di completare il Master e di ritornare subito in Italia. Oggi, la mia visione è un po' cambiata».
Vittorio Rotolo
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