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Il personaggio

Corradini, «Quando a Schumacher dissi: “Va fuori dalla pista, bargnoclòn”»

Corradini, «Quando a Schumacher dissi: “Va fuori dalla pista, bargnoclòn”»

di Edoardo Franzosi

24 Aprile 2023, 03:01

La velocità ha da sempre affascinato gli uomini, dai Greci sino ai giorni nostri. E il progresso tecnologico ne ha cementato il mito. Il nocetano Bruno Corradini, classe 1943, è uno dei tanti ad esserne stato ammaliato e, quando si parla di motori, i suoi occhi acquistano nuova luce e un sorriso raggiante gli si stampa sul viso. Perché lui, che per decenni ha svolto la professione di barbiere in via Cavallotti, sin da giovane è entrato nel mondo delle corse, soprattutto dei go-kart: breve parentesi come pilota prima, direttore internazionale di gare poi.

Una passione che gli ha permesso di prendere parte alle principali manifestazioni del settore, in Italia e in Europa. Tutto comincia nel 1957, quando a Noceto compaiono i primi go-kart. L’adolescente Corradini posa lo sguardo su uno di quei mezzi a quattro ruote ed è amore a prima vista. Assieme all’amico Gianni Levrieri decide infatti di costruirne uno: telaio di loro produzione, ruote da Vespa e motore Parilla recuperato da una motocicletta. Un veicolo rudimentale, certo, ma sufficiente ad assecondare la passione dei due ragazzi che convoglia -non esistevano ancora circuiti locali - in scorrazzate per le strade del paese.

«Dopo qualche tempo, però, decisi di comprare un vero go-kart. Era un Tecno Motore Komet con il quale presi parte alle prime, vere gare su pista. Prima a Parma e a Reggio Emilia, poi a Zibello e Felino», ricorda Corradini. Ma ben presto la sua passione per le corse comincia a cozzare con un settore richiedente sempre più denaro e mezzi per poter continuare e, così, «fui costretto a lasciare».

Il periodo lontano dai kart, tuttavia, è di breve durata. Perché Umberto Pellegrini, gestore dello storico kartdromo di San Pancrazio, lo chiama a sé per dirigere le gare interne. Dismessi i panni di pilota, indossa quelli di giudice inizialmente coadiuvato dal suo mentore Gianfranco Riva. E da lì è un crescendo di promozioni fino al 1974 quando «divenni direttore nazionale ai campionati italiani di Reggio Emilia».

Ma la bravura e la dedizione per questo sport lo spingono ancora più in alto e già nel 1977 è a San Pancrazio a dirigere i mondiali. Infine, scala l’ultimo gradino del cursus honorum kartistico: «Nel 1986 divenni commissario internazionale Csai (Commissione sportiva automobilistica italiana, ndr.) e poi rappresentante internazionale Fia/Fik (Federazione italiana kart, ndr)». Un incarico oneroso che impegna Corradini dal venerdì alla domenica e che lo vede spostarsi in lungo e in largo per tutta la penisola passando per l’Europa. E sebbene Corradini non parli inglese, riesce ugualmente a farsi capire dai piloti attraverso il dialetto parmigiano. Da antologia l’episodio con un giovanissimo Schumacher: «Erano i mondiali del ‘77 e il piccolo Schumacher voleva entrare in pista alle 8.30 nonostante il suo ingresso fosse previsto alle ore 9. Al suo terzo tentativo di uscire dal parco chiuso, lo rimproverai in dialetto apostrofandolo con il termine “bargnoclòn”. Il ragazzo capì e da quel giorno, ogni volta che ci siamo rivisti alle gare, rideva ricordandomi quell’accaduto».

Dopo aver diretto centinaia di gare, Corradini, a seguito di un infortunio rimediato proprio sulla pista di San Pancrazio, nel 1990 si ritira dalle competizioni internazionali. Riesce comunque a togliersi un’ultima, grande soddisfazione: nel 1989 è nominato responsabile dell’area box al Gran Premio di F1 di Monza. Tanti i piloti che ha visto crescere: da Barilla a Patrese, da Schumacher a Senna, «il più forte». Nel 2000 il ritiro definitivo, l’ultima bandiera a scacchi che sventola e il rombo dei kart che si fa lontano.

Edoardo Franzosi

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