Intervista
Venticinque anni di carriera in una notte: Niccolò Fabi torna nella nostra città, a distanza di tre anni dalla sua ultima performance.
Appuntamento al Teatro Regio, martedì 23 maggio: dalle ore 21 spazio alle canzoni e alle atmosfere di «Meno per meno Tour», titolo anche del suo ultimo album. Ma il concerto, inserito nella rassegna «Tutti a Teatro» realizzata da Caos Organizzazione Spettacoli in partnership con Arci Parma, sarà l’occasione di rivivere i grandi successi che hanno scandito il percorso del cantautore romano, oltre ad alcuni inediti come «Al di fuori dell’amore» e «L’uomo che rimane al buio»: «Il 23 maggio porterò a Parma la mia storia. Quell’atmosfera che ha scandito un viaggio condiviso con gli spettatori dei miei show negli anni. La forma sarà quella che è sempre stata apprezzata ma i contenuti saranno diversi».
Parma le evoca ricordi particolari?
«Non vorrei sembrare un adulatore ma il Teatro Regio è qualcosa di eccezionale. Semplicemente meraviglioso. E lo dico avendo avuto l’occasione di esibirmi in tanti splendidi luoghi. La vita di chi suona è fatta di toccate e fughe. Questo status rende ogni incontro ancora più potente».
Tra una toccata e una fuga, come procede il tour?
«Ho bisogno di altro tempo per metabolizzare quello che sta succedendo. L’impressione è che il pubblico apprezzi la volontà di offrire qualcosa di diverso dal solito, dividendo la serata in due parti: prima sono da solo sul palco, poi con un’orchestra».
Che effetto crea questa scelta?
«Le due sezioni si aiutano, amplificano le caratteristiche del primo e del secondo momento in una sorta di ribaltamento sensoriale. Sicuramente chi assisterà al concerto non si annoierà».
Come vive la parte in completa solitudine?
«È emotivamente impegnativa. Devo essere presente e concentrato al 100%. Sono io con la mia voce e la mia chitarra. Aumenta l’empatia con le persone: è come se il pubblico mi voglia aiutare».
Poi arriva la grande novità.
«Non avevo mai lavorato con un’orchestra, temevo enfatizzasse l’aspetto sentimentale del concerto, già molto forte durante i miei show. Invece abbiamo trovato il giusto equilibrio. Sono contento perché sto offrendo ai miei fan, un’esperienza che non avevano mai vissuto».
Lei, invece, avrebbe mai pensato di vivere 25 anni così sul palco?
«Non avrei potuto chiedere di meglio, rispetto alle mie capacità artistiche. Essere ancora qui, dopo tutto questo tempo, con il mio carattere e il mio linguaggio, è un grande premio».
Le fa ancora effetto vedere che le persone cantano le sue canzoni durante il live?
«Non è ciò che cerco nel rapporto con la gente perché non si tratta di karaoke. Cerco lo sguardo delle persone a fine concerto, quando si accendono le luci. Sono gratificanti l’affetto e la stima che esprimono i loro occhi».
Cosa sta cercando di trasmettere in questa fase della tua carriera?
«Una mia caratteristica è andare a scovare i momenti complessi della vita. Quelli che di solito si cerca di non raccontare. A me non piace volgere lo sguardo da un’altra parte. Li trasformo in canzoni. E noto che confortano le persone che hanno quegli stati d’animo. La mia musica, pur essendo malinconica, non ha mai un effetto soporifero».
Pietro Razzini
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