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DELITTO DI GAIONE

«Fu omicidio premeditato»: Gorgan rinviato a giudizio. E spunta un'affilatrice per limare il coltello

«Fu omicidio premeditato»: Gorgan rinviato a giudizio. E spunta un'affilatrice per limare il coltello

di Georgia Azzali

27 Maggio 2023, 03:01

Ha un volto da ragazzino, Gorgan Constantin. Esile, avvolto in una tuta giallonera, sembra poco più che un adolescente, nonostante i suoi 28 anni. Ma nessun c'è un filo di timidezza, di ritrosia nei suo occhi: non abbassa mai lo sguardo. Nemmeno quando nel corridoio del tribunale incrocia Mihail Sofroni, il fratello di Vitalie, 39 anni, moldavo, l'uomo che ha abbandonato nel parcheggio di Gaione dopo avergli infilato un coltello nel petto. Lui che aveva «osato» ospitare la sua compagna, fuggita con la bambina di 9 mesi perché stanca di insulti e botte. Gorgan parla per oltre tre ore durante l'udienza preliminare, rispondendo alle domande del pm Ignazio Vallario, del suo difensore, Gaetano Sacco, e del giudice. Ripete di essere stato lui a colpire Vitalie, ma non ha mai un cedimento. Nemmeno un «mi spiace» mentre ritorna alla sera del 5 luglio scorso. E a settembre finirà davanti alla Corte d'assise: rinviato a giudizio per omicidio volontario aggravato sia dalla premeditazione che per il fatto di averlo commesso in occasione del reato di maltrattamenti. Quelli a cui avrebbe sottoposto la compagna Mariana, e di cui dovrà rispondere, oltre che del porto abusivo del coltello, di violazione di domicilio e di minaccia. Assorbita nel reato di maltrattamenti, invece, l'imputazione di violenza privata nei confronti di Mariana.

Davanti a una Corte d'assise rischiando l'ergastolo. La zavorra che aveva cercato di lasciare a terra la difesa, puntando soprattutto sull'assenza della premeditazione. Ma tutte due le aggravanti hanno retto, per cui nessuna possibilità di abbreviato, come aveva comunque chiesto l'avvocato Sacco, il rito che gli avrebbe garantito lo sconto di un terzo e forse allontanato l'ergastolo. Ammesse le costituzioni di parte civile di Mihail e Svetlana Sofroni, i fratelli di Vitalie assistiti dall'avvocato Michele Villani, oltre che della figlia Mihaela, 18 anni compiuti tre giorni dopo l'omicidio del padre, difesa dall'avvocato Matteo De Sensi e dalla collega Alessandra Mezzadri.

Non c'era e non ci sarà Mariana al processo, la compagna umiliata e minacciata per mesi, almeno secondo l'accusa. Ha deciso di non costituirsi parte civile: da qualche mese è tornata in Moldavia. E Gorgan avrebbe avuto un ruolo fondamentale nel far sì che rientrasse al suo Paese con la bambina, che compirà 2 anni a settembre. «Le ha detto di ritirare la denuncia altrimenti avrebbe detto i motivi per cui la picchiava, così si è espresso - sottolinea il pubblico ministero -. E poi ha detto a sua zia: Mariana vada via prima del processo». Ma lui minimizza, poi in parte nega. Ammette però di aver chiesto alla compagna di dare la sua disponibilità affinché lui potesse andare ai domiciliari nella loro casa di Parma.

Poi, qualche «non ricordo» quando le domande si fanno scomode. E quelle parole quasi a voler giustificare la rabbia covata nei due giorni precedenti l'omicidio, dopo che Mariana se ne era andata. «Lei e Vitalie avevano una relazione», dice. Il gup lo incalza. «In base a cosa lo dice? Ha degli elementi, ha visto messaggi?». E lui deve ammettere: «Era una mia idea».

Ma Mariana e la figlia dovevano tornare a casa. Tornare sotto il suo controllo. La a sera del 5 luglio aveva scavalcato il cancello della casa di Vitalie e si era inerpicato fino al secondo piano per portare via la madre e la bambina. Aveva con sé un coltello da 32 centimetri, eppure spiega: «Non ho minacciato Mariana, è venuta via con me senza problemi».

Era arrivato lì a piedi, quasi 45 minuti di strada con quella lama in tasca. «Il coltello ce l'avevo perché Vitalie mi aveva minacciato».

Vitalie che, appena era stato avvertito del blitz di Gorgan a casa sua, si era precipitato in macchina a cercare Mariana e la bambina. «E' arrivato da dietro, mi ha preso e io mi sono girato con il coltello: ho colpito a caso», racconta in aula. Ma è una ricostruzione che cozza con le testimonianze di almeno due persone che avrebbero visto ciò che stava accadendo nel parcheggio di strada Fontanini e anche con ciò che scrive il medico legale, come gli fa notare il giudice, perché girandosi di spalle, considerando la differenza di altezza tra lui e Vitalie e il fatto che si è trattato di un colpo dall'alto in basso, non avrebbe mai potuto accoltellarlo al petto.

Ma Gorgan non arretra. Non ha ripensamenti. «Vuole aggiungere qualcosa?», gli chiede il giudice. Silenzio.

Georgia Azzali

Quell'affilatrice trovata sul tavolo in cucina
Il pm: «Ha limato la lama prima di uscire»

Un'affilatrice per coltelli sul tavolo della cucina. L'hanno trovata gli investigatori entrati in casa di Constantin Gorgan poco dopo l'omicidio. «Ha affilato la lama prima di uscire per andare a uccidere Sofroni», sottolinea il pm Ignazio Vallario durante la discussione. Molto più che un dettaglio per dare corpo alla premeditazione, tanto è vero che il gup pone subito dopo la domanda diretta a Gorgan, ma lui nega. «Non l'ho usata, non ho affilato il coltello».

Ma l'affilatrice resta un elemento importante. Forse più di una semplice suggestione. Così come la giustificazione di essere uscito di casa con quella lama perché nei giorni precedenti sarebbe stato minacciato da Vitalie Sofroni pare debole, almeno secondo l'accusa. Perché da un paio di giorni, da quando la compagna Mariana aveva trovato rifugio con la bambina a casa di Vitalie, Gorgan avrebbe cominciato a pensare di eliminarlo. «”Stai lontano dalla mia famiglia”, gli avevo detto», ha spiegato lui durante l'udienza. Ma in realtà, per l'accusa, stava già meditando il suo progetto di morte. «”Ti ho avvisato, torna, altrimenti succede qualcosa di brutto”, aveva detto Gorgan alla compagna due giorni prima dell'omicidio», sottolinea il pm.

Eppure, secondo la difesa, la premeditazione rimarrebbe il punto debole del processo. «Anche sull'omicidio ci sono versioni diverse: c'è chi parla di un calcio in testa e poi della coltellata al petto. Ma - sottolinea l'avvocato Sacco - credo che quella più plausibile sia quella della ragazzina che era arrivata in auto con Sofroni e l'amico al parcheggio: dice che Gorgan ha spostato con una mano Mariana e poi ha colpito Sofroni».

Ricostruzioni a confronto. Incrociate con le parole di Gorgan. Che rischia l'abisso.

G.Az.

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