Concerto
DALLA NOSTRA INVIATA
Dresda Non paia abusata la parola trionfo, come spesso accade in un mondo che tende alla semplificazione enfatica. Cinque minuti di applausi e standing ovation giovedì al termine del primo dei due concerti della Filarmonica Arturo Toscanini a Dresda, dove il “Nostro” è un mito. Basti un aneddoto: prima del concerto, un signore, classe 1936, consegna a Matteo Pais della Toscanini una lettera per il Maestro, essendo cresciuto nutrendo la medesima ammirazione del padre che aveva sentito Arturo Toscanini dirigere a Dresda nel 1930...
Tornando all'oggi, la Toscanini, unica orchestra italiana invitata al Dresden Musikfestpiele, porta un programma intenso con Verdi e Wagner, selezionato dal direttore Omer Meir Wellber, già eseguito nel Festival Toscanini la scorsa settimana al Teatro Regio di Parma nella serata inaugurale.
La tournée a Dresda, tappa internazionale del Festival, si è aperta giovedì con il concerto al Kulturpalast, in un'imponente sala da concerti moderna che mette concettualmente al centro il direttore e l’orchestra, circondati da un pubblico che si è rivelato attento, consapevole, multigenerazionale. Specchio di questa città su cui vale la pena di riflettere. Dresda, sito per antonomasia della ex Germania dell’est (fu la prima sede di lavoro del giovane Putin nei Servizi segreti), ricostruita dopo essere stata rasa al suolo nella seconda guerra mondiale, è oggi un centro di mezzo milione di abitanti, numerosi teatri di opera, operetta, sale da concerto, eccellenze come la Staatskapelle Dresden: ogni weekend in città sono disponibili 20.000 posti per uno spettacolo. Per non parlare della celebre Pinacoteca. Un dato che la dice lunga sulla storia della città e sul suo passo culturale, come ci racconta la guida Christoph Munch. In questo contesto, si valutano meglio l’attenzione e l’entusiasmo riservati alla Filarmonica Toscanini.
«Al Teatro Regio l’acustica è più secca, dunque più difficile - ci spiegava ieri Meir Wellber facendo un paragone tra il concerto di Parma e il primo di Dresda - Tanto che al Regio fermai l'Orchestra all’attacco del brano di Shostakovich; non si sentiva bene, mi sono fermato per riprenderlo. Credo siano importanti questi gesti perché considero il palcoscenico un laboratorio e non un museo, occorre fare comprendere al pubblico che quello che accade dal vivo ogni sera è una magia». Il programma dei due concerti è toscaniniano: «Un programma non facile ma diretto - prosegue il direttore - Ci sono Verdi e Wagner amati e studiati da Verdi; ho messo anche Shostakovich perché è il compositore antifascista per eccellenza e questo ci rimanda a uno dei caratteri per cui Toscanini è attuale; aldilà del grande direttore, rappresenta al contempo l’italiano e l’antitaliano, l’antifascista e l'esule, insomma ci porta ancora tante ispirazioni». Meir Wellber è anche il direttore artistico del Festival Toscanini, designato da Alberto Triola, alla sua prima edizione dopo la versione “zero” dello scorso anno: doveroso chiedergli quale progetto intende portare avanti. «Ho un’età oramai in cui penso di poter fare progetti più strutturati, come già accade a Palermo (è direttore musicale del Massimo, ndr). Secondo me, in questo momento, in Italia la Toscanini rappresenta una realtà musicale unica per la regione in cui è inserita, per i musicisti che ha, molto pazienti con voglia di lavorare, veloci nell'afferrare le mie idee. Credo che possiamo offrire qualche cosa di diverso rispetto a ciò che si fa abitualmente in Italia, penso che ci siano grandi potenzialità per puntare su un piano internazionale. Bisogna rischiare ma la mia idea è di portare la Toscanini nel mondo».
Il concerto di giovedì ha visto solista il violoncellista Jan Vogler, che è anche direttore del Festival di Dresda, rassegna lunga un mese «che mediamente ogni anno raduna un pubblico di 50mila persone». Ieri sera il secondo dei due spettacoli in programma, questa volta solista il pianista Mikhail Pletnëv.
Mara Pedrabissi
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