Collecchio
Collecchiesi protagonisti di un importante ritrovamento archeologico nella zona di Aulla. Sono partiti con alcuni amici il primo giugno per percorrere un tratto della via Francigena da Cassio a Sarzana. Hanno raggiunto il passo della Cisa e poi hanno fatto tappa Pontremoli e poi ad Aulla. E proprio ad Aulla è avvenuta la scoperta, quasi per caso. Lo racconta Katia Savi, 48 anni, impiegata collechiese che faceva parte della comitiva formata anche dal figlio Michelangelo Filippini, 15 anni, studente del Marconi, e da due amici Marco Vignaroli, 56enne romano e Vincenzo Bonelli di Siena.
«Siamo arrivati ad Aulla il 4 giugno. Era una giornata stupenda. Abbiamo alloggiato nell’abbazia di San Caprasio. Per prenderci un momento di relax abbiamo deciso di andare al fiume: il Magra dista poche centinaia di metri dall’abbazia». Lì è avvenuta la scoperta. I quattro si sono posizionati nell’alveo per immergere i piedi nell’acqua fresca, dopo le faticose camminate. Katia aveva già steso il salviettone quando ha notato una pietra insolita: un pezzo di marmo finemente lavorato con motivi naturalistici, adagiato lungo l’alveo. I quattro si sono consultati e Marco Vignaroli, il più esperto, ha subito intuito che si trattava di qualcosa di inusuale e avulso rispetto alle pietre del fiume. Hanno così deciso di chiamare i carabinieri. Da lì è partito il tam tam che ha portato sul posto il sindaco di Aulla, Roberto Vallettini, a cui si sono aggiunti i funzionari della Soprintendenza. La pietra, un parallelepipedo di marmo, sporgeva solo su un lato, quello lavorato con intrecci simili a viti. Gli esperti hanno quindi scavato e lo hanno estratto, svelando altre lavorazioni: animali fantastici su uno dei lati, su un altro una grande foglia e i tralci intrecciati. Al momento sono in corso gli approfondimenti da parte degli esperti della Soprintendenza. L’ipotesi più accreditata è che il reperto provenga dalla stessa abbazia di San Caprasio bombardata durante la seconda guerra mondiale. Risalirebbe all’alto medioevo, 1100 circa. Ulteriori indagini permetteranno di capire che cosa fosse, tra le ipotesi si parla di un capitello, ma potrebbe essere anche una parte di una colonna o un elemento decorativo strutturale dell’antica abbazia.
«Per noi – spiega Katia – è stata un’esperienza davvero entusiasmante che si è aggiunta alle bellezze di un percorso straordinario. Abbiamo vissuto momenti emozionati, siamo felici di tutto questo». Il reperto è custodito dalla Soprintendenza competente per territorio e verrà esposto nel museo annesso all’abbazia di San Caprasio.
Gian Carlo Zanacca
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