L'intervista
Quanto a esperienza e competenza, maturate sul campo prima e dietro la scrivania successivamente, Alberto Boschi è uno dei profili più autorevoli all'interno dell'Associazione italiana arbitri. Parmigiano, classe 1946, con oltre un centinaio di gare dirette tra serie A e B dal 1984 al 1988, l'ex giacchetta nera occupa oggi una posizione di assoluto rilievo in seno alla classe arbitrale: Boschi è infatti uno dei tre componenti del Comitato dei Garanti dell'Aia, organo che svolge una serie di funzioni fondamentali. «Il Comitato, che oltre al sottoscritto in quota Aia comprende altri due membri, espressione di Coni e Figc, garantisce il rispetto delle norme che regolano la vita dell'associazione».
Nello specifico, di cosa si occupa il Comitato dei Garanti?
«Propone al Comitato nazionale in composizione allargata il Codice Etico e di Comportamento che richiama i valori dell'Aia. Controlla che vengano osservate le norme che lo definiscono ed emana, anche d'ufficio, indirizzi interpretativi sulla sua applicazione. Abbiamo potere di indagine rispetto alle segnalazioni sulla correttezza dei comportamenti posti in essere. Segnalazioni che possono giungere dagli organi direttivi e dai singoli direttori di gara. Parliamo di tutti gli arbitri, indistintamente: dalla Terza Categoria fino agli internazionali. Infine, proponiamo iniziative utili alla diffusione e alla conoscenza del Codice Etico e dei suoi articoli».
E quando vengono accertate eventuali violazioni, cosa succede?
«Il Comitato trasmette gli atti alla Procura federale, cui spetta il compito di irrogare le sanzioni previste».
Come sta cambiando il Codice Etico e di Comportamento della classe arbitrale?
«Si tratta di uno strumento che, proprio di recente, abbiamo in parte provveduto a riscrivere. E ora siamo in attesa dell'approvazione da parte del Consiglio federale. Le modifiche si sono rese necessarie per rendere questo Codice al passo con i tempi. Anche la nostra categoria fa i conti con la pervasività dei social. Questo è un aspetto cui occorre prestare particolare attenzione, soprattutto nel caso degli associati più giovani: i like che si mettono ad un post e ciò che in generale si pubblica sui propri profili, possono rivelarsi trappole».
Questo all'interno del Comitato dei Garanti, per lei, è un ruolo più istituzionale che di campo: come lo vive?
«Dico sempre che all'Aia ho fatto tutto: l'arbitro, il presidente di Sezione, quello regionale, l'osservatore, il designatore. Questo incarico mi onora nella misura in cui, pur non investendo una dimensione tecnica, mi offre la possibilità di toccare con mano la crescita e lo sviluppo del nostro movimento».
Qual è lo stato di salute della classe arbitrale in Italia?
«Come tutta la dimensione calcistica viviamo una fase di transizione, che deve necessariamente condurci verso interpretazioni diverse rispetto al passato. L'Aia ha avviato un processo di rinnovamento, con tante giovani leve che stanno accumulando esperienza anche nelle categorie superiori. E se a questi giovani capita di sbagliare, come del resto è normale che possa accadere, dobbiamo considerare che tutto ciò rientra in un naturale processo di crescita».
Arbitrare, oggi, è più difficile?
«Certamente sì, a tutti i livelli. Questo perché sono cambiati i rapporti interpersonali, le relazioni. È cambiata la società, di cui il calcio rimane lo specchio fedele. Quando ho iniziato io, i ragazzi avevano meno distrazioni: si correva dietro un pallone e si arbitrava. Ora i ragazzi hanno tante alternative e preferiscono fare altro piuttosto che andare in campo prendendosi talvolta anche degli insulti. Facciamo sempre più fatica a reclutare nuovi arbitri, ma con le riforme che abbiamo in agenda auspichiamo di poter invertire il trend».
Vittorio Rotolo
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