C'era una volta
Una delle prime «tortellate» in grande stile, in occasione «dla rozäda äd San Zvan» (23 giugno) effettuate in un circolo cittadino, fu a inizio-metà anni cinquanta alla «Raquette» in via Racagni. Nel pomeriggio, quando quel nuvolone nero spuntava dietro gli alberi del bastione della Cittadella, che guarda su viale delle Rimembranze, angolo di cielo noto agli anziani del quartiere come «al buz d’la Jacma», gli addetti ai lavori temevano il peggio.
Un acquazzone avrebbe mandato all’aria la tanto attesa veglia di San Giovanni nel dancing attiguo all’esclusivo circolo tennistico cittadino. All’interno del dancing un formicolare continuo, fin dal pomeriggio, per sistemare i tavoli, innaffiare i fiori, riordinare le poltroncine, verificare l’impianto audio per l’orchestra, le lucine suffuse e le lampade dei lampioni, il tutto per la regia del mitico Paolo Baroni. La notte di San Giovani era il momento clou per il dancing che ospitava se non tutti giovani e le giovani di Parma, almeno una buona parte. Le danze iniziavano verso le 21.30 quando calavano le prime tenebre. In quella sera, in particolare, era previsto l’arrivo di una vedette della musica leggera che, per una volta, rubava la scena alle solite orchestrine parmigiane.
Per l’occasione il custode delle bici (un tempo, di auto, ne circolavano poche ed anche i «moróz» andavano in bici), chiedeva rinforzi ad amici e familiari. Già, perché la fila di bici, appaiate quattro a quattro, andava dalle mura della «Raquette» fino alle siepi dell’ultimo campo da tennis che confinava con viale delle Rimembranze. Il tutto illuminato da una fila di sconnesse lampadine, tipo osteria di campagna, circondate da nugoli di farfalle notturne. E poi l’arrivo dei ballerini coi capelli impomatati di brillantina Linetti, pettinino in tasca e immancabile sigaretta in mano. Le ragazze arrivavano un po’ alla spicciolata: le più trasgressive senza scorta, mentre le altre accompagnate da mamme e zie. Scene da non perdere. E poi tutti seduti appassionatamente sulle poltroncine del dancing con un andirivieni di camerieri che servivano aranciate, chinotti, gazzose, «coppe del nonno» e cassate. Iniziava un ‘orchestrina locale, tanto per aprire le danze, in attesa della vedette che arrivava più tardi a bordo di un macchinone di lusso, tipo «Fiat millequattro». Il divo o la diva della canzone facevano ingresso osannati dalla folla che attendeva di emozionarsi non appena la nota voce avesse preso in mano il microfono.
L’atmosfera si faceva molto romantica grazie alle luci soffuse mentre dalle piante spuntavano lucine variopinte, tipo albero di Natale, tali da rendere l’ambiente ancor più magico. Era la notte dove potevano sbocciare nuovi amori, abbattersi « violoni», oppure fiorire illusioni. Però era, soprattutto, la notte della «rozäda» e anche la «Raquette» si era inchinata alle tradizioni parmigiane servendo a mezzanotte i parmigianissimi tortelli d’erbetta. Intanto, le folate di profumo dei tigli della confinante Cittadella, ai quei tempi vegliata giorno e notte dal suo mitico «sceriffo» Adriano Catelli, insieme a quello più autarchico di «grùggn» e «revjòt» (radicchi e piselli) del vicino orto, unitamente alle baluginanti acrobazie delle lucciole, accompagnavano quella serata che, per tanti giovani, avrebbe coinciso con una nuova tappa della vita che, per alcuni, sarebbe poi sfociata nel matrimonio.
Il dancing della «Raquette» ebbe negli anni cinquanta-sessanta un grande regista: Paolo Baroni. Paolo era una persona amabile, colta, battuta sempre pronta di stampo anglosassone. Un vero gentlemen. E fu proprio lui a lanciare la «Raquette» di via Racagni, fulcro del mondo universitario, unitamente agli attigui campi da tennis, che ebbe alla guida anche un altro mitico e simpaticissimo personaggio : l’avvocato Piero Bazini.
Nell’elegante locale all’aperto, a quei tempi, approdarono i più noti divi della musica leggera: da Peppino Di Capri, Bruno Martino, Nini Rosso, Nicola Arigliano, Jimmy Fontana, Claudio Villa, e tanti altri. Altra tappa importante del dancing di via Racagni coincise con gli anni in cui fu teatro della proclamazione di Miss Parma. L’avvocato Bazini ricorda con emozione e commozione gli amici universitari che facevano parte della giuria, da lui presieduta, per eleggere la più bella della città ducale: Andrea Borri, Antonio Erenda, Cesare Plancher, Riccardo Mancini e, ovviamente, per l’occasione, non poteva mancare un tedoforo della parmigianità più schietta: Renatino Giuffredi il mitico massaggiatore del Rugby Parma. Era comunque la «rozäda äd San Zvan» il clou delle serate estive all’ombra della fortezza fernesiana. Verso la mezzanotte, l’immancabile ronda del «pattuglione» della «Mobile» a bordo di un pulmino verde a nafta il cui rumore lo si poteva avvertire quando i poliziotti accendevano il motore dell’automezzo in borgo della Posta. Anche se Paolo Baroni cercava di zittire gli irriducibili della notte, un po' di chiasso era, comunque, da mettere in conto con le relative proteste dei residenti. Erano sufficienti le poche ma decise parole, all’indirizzo dei più chiassosi, pronunciate dal brigadiere Balilla Funicelli e, in «arzàn arjóz» di Ligonchio, dal collega Remo Benassi e tutto si rimetteva a posto.
Le luci del dancing si spegnevano ed uno sciame di bici si avviava verso lo Stradone mentre una luna birichina, tonda come una forma di formaggio, sciabolava d’argento quella fettina di città che, per una sera, per tanti giovani, aveva significato un pezzo di paradiso e, per qualche ragazza, aveva regalato il sogno e soprattutto la fascia «dla pu béla âd Pärma».
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