IL VIAGGIO INFINITO VERSO RIMINI
L'odissea di un gruppo di atlete disabili parmigiane per gareggiare a Rimini. Forse il termine è riduttivo perché, per chi si trova in queste condizioni, l'odissea è praticamente la normalità. Altro che il viaggio di Ulisse per tornare a Itaca.
Rimini, sebbene vicina, si è rivelata una tappa difficilissima da raggiungere. Le peripezie del gruppo di atlete, sei tra i 65 e i 35 anni di cui tre in carrozzina, sono cominciate giovedì e proseguite ieri. La destinazione delle atlete di DiversitAbility, accompagnate da Erika Ferrari, presidente della scuola di danza New Dance Club attiva a Parma e Noceto, era appunto il campionato italiano di danza sportiva a Rimini, organizzato dalla federazione.
Il gruppo ha deciso di partire in treno e qui sono iniziati i problemi «quando abbiamo scoperto - spiega Erika Ferrari - che il treno non avrebbe fermato a Rimini Fiere perché la Federazione italiana danza sportiva, così almeno ci hanno detto in stazione a Parma, non aveva avvisato che c'era un evento. Un evento che dura due settimane con ballerine da tutta Italia».
Quindi, la comitiva parmigiana è dovuta scendere a Rimini e poi si è dovuta arrangiare in taxi per raggiungere le Fiere. Con grandissimi disagi.
Disagi che erano iniziati già giovedì intorno a mezzogiorno quando la Ferrari e le atlete si erano recate alla stazione di Parma per fare i biglietti. «Sapete quando abbiamo finito? Pochi minuti prima delle 17» dice con rabbia. Una sorta di «girone dantesco» in cui, «per fare la carta blu per accedere allo sconto disabili, in biglietteria ci hanno fatto rifare più volte la coda. Abbiamo, infatti, dovuto recarci nella tabaccheria della stazione, facendo su e giù dalle scale mobili o dall'ascensore, per le fotocopie dei documenti che servivano per avere queste carte». Ma non è finita qui. «Abbiamo scoperto che quel treno ad alta velocità poteva accogliere al massimo due carrozzine - aggiunge -. Quando ho detto all'addetta che noi di carrozzine ne avevamo tre, la sua risposta, piuttosto antipatica, è stata di prendere un altro treno. È finita che una delle atlete in carrozzina ha dovuto viaggiare in business, pagando il biglietto intero, e da questa addetta non abbiamo avuto nessun aiuto. Già parcheggiare in stazione è pericoloso, ma fa ancora più male sapere che non ci sono treni completamente accessibili ai disabili».
Che, oltre a lottare sportivamente nelle gare, troppo spesso devono anche combattere con le barriere architettoniche delle città che le ospitano, ricorda ancora Erika. «Com'è accaduto la settimana scorsa a Roma - racconta -, dove gli ascensori per andare dalla stazione alla metropolitana erano fuori uso da mesi. Le atlete perciò si sono dovute arrangiare con un autobus per poi raggiungere Ostia, dove erano in programma le gare, in taxi. E nello stesso camping di Ostia in cui dovevano pernottare, mancavano le rampe per accedere agli alloggi. Per non parlare dei bagni non attrezzati per disabili. Memori dell'andata, infine, per tornare a Roma Termini hanno scelto il taxi, dovendo però prenderne due, perché ogni mezzo poteva trasportare solo due carrozzine, spendendo da Ostia a Roma 180 euro». Un'odissea che ha fatto sembrare i tre ori vinti in gara, proprio a Ostia, quasi una passeggiata.
Michele Ceparano
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