L'impresa di tre parmigiani
Una cavalcata in bicicletta di 16 giorni sull’intero arco alpino, da mare a mare, 1700 chilometri da Trieste a Nizza, fra Italia, Slovenia, Austria e Francia, con un dislivello complessivo in salita di oltre 30.000 metri. A firmare l’impresa sono stati quattro amici, tre parmigiani e un milanese che non corrono per vincere, ma per arrivare insieme, mettendo sé stessi a dura prova: Massimo Fava, 60 anni, sportivo a tutto tondo, titolare del negozio Free Sport in via D’Azeglio, Roberto Tirindelli, 63 anni, professore all’Università di Parma, il decano, nominato “comandante” del gruppo, Matteo Pellerzi, 52 anni, bancario, e Nicola De Ponti, 51 anni, architetto, che vive a Milano.
«L’idea di attraversare l’intera catena alpina ci è venuta nel 2023, leggendo un libro che raccontava un’impresa analoga – spiega Massimo Fava, socio di Fiab – Bicinsieme, portavoce del gruppo – noi tre di Parma non siamo nuovi ad iniziative di questo genere, già nel 2014 abbiamo fatto la traversata pirenaica dal Mediterraneo all’Atlantico. Non siamo inseriti in nessuna società sportiva, siamo parte di un gruppo di 12 amici che non a caso ci facciamo chiamare “yak”, perché questi animali, lasciati liberi, corrono subito verso la salita».
Una sfida nella sfida sta anche nel viaggio in totale autonomia, senza nessun mezzo al seguito: «Tutto il materiale lo abbiamo concentrato in speciali bikepacking – dice ancora Fava - abbiamo portato solo l’essenziale per sopravvivere, lavando la divisa ciclistica ad ogni tappa, ma anche così abbiamo quasi raddoppiato, portandolo ad oltre 15 chili, il peso della bicicletta da spingere sui valichi alpini».
I quattro ciclisti sono arrivati in treno a Trieste. Da lì sono partiti il 25 giugno per la lunga avventura che li ha accompagnati fino a Nizza, dove sono arrivati stanchi ma felici il 10 luglio, per tornare poi in treno a Parma, accolti dagli amici in piazza Duomo. Lungo l’elenco dei passi mitici dell’arco alpino valicati dal quartetto: fra questi Stelvio da Prato a Bormio, Rombo, Stalle (al confine con l’Austria), Furkapass in terreno svizzero; poi via per gli interminabili 43 chilometri del Gran San Bernardo da Martigny, percorso in 4 ore con 2000 metri di dislivello, e ancora il Piccolo San Bernardo affrontato da La Thuile, e le ultime tappe in terra francese sulle mitiche salite del Tour, l’Iseran, il col de Telegraph, il Galibier, l’Izoard, e per finire La Bonette, fino a raggiungere il lungomare di Nizza, dove Roberto ha mescolato simbolicamente l’acqua con quella dell’ampolla prelevata a Trieste.
«E’ stata una gran bella esperienza – conferma Massimo Fava – siamo partiti ed arrivati insieme. Non l’abbiamo vissuta come competizione ma come avventura in amicizia, superando insieme anche i momenti di difficoltà come il sellino rotto e il freno a disco posteriore che mi ha lasciato in panne nella discesa dello Stelvio. Per noi è stato un viaggio con un mezzo lento e silenzioso, a contatto diretto con la natura. Abbiamo dato del tu a marmotte e stambecchi nel parco del Mercantour e abbiamo riscontrato con amarezza i ghiacciai che si restringono sulle grandi vette. I presupposti li abbiamo costruiti sui monti di casa nostra, pedalando su Cisa, Cirone, Silara e Scalucchia, che hanno un fascino degno dei passi alpini. E’ stata un’avventura irripetibile, ma spero di poterne vivere altre simili con gli stessi amici».
Antonio Bertoncini
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