La storia
«Un giorno ho visto passare sopra casa mia il volo Parma- Cagliari e mi è venuta l’idea matta di fare il Periplo, il giro intero della Sardegna in bicicletta». Non solo il giro intero: quello perfetto. Perché da quando Alex Caggiati, 52 anni, si è iscritto a Ingegneria, non esiste più sfumatura possibile: ed eccoli i 939,45 km pedalati in 12 tappe, i 17.872 metri di salite e poco meno di discese. Giusto il tempo, a Arzachena e Dorgali, di concedersi la scoperta delle spiagge più belle, le pinne blu a aggiungere un elemento di colore e di allegria tra sellino e borsoni.
Gli amici e le amiche, in realtà, non volevano che partisse da solo: era la prima volta in questa sua seconda vita. Lo spartiacque con la prima è alle 20,15 del 26 agosto 2014, quando un’auto l’ha travolto a San Michele Tiorre durante un allenamento in bici con la maglia a cui è ancora oggi fedele: Cus Parma Triathlon. Per oltre 24 ore era rimasto il ciclista senza nome in un letto di Rianimazione del Maggiore. Non aveva con sé né documenti né cellulare e anche tutto il resto aveva remato contro: il turno da volontario di Giocamico appena terminato, una relazione finita tre mesi prima, l’appuntamento coi genitori nella casa di Colorno per la sera successiva, il lavoro da geometra libero professionista e nessun collega a preoccuparsi troppo, la mattina, non vedendolo arrivare. Sì, il telefono aveva squillato, ma chi aveva chiamato lo pensava a godersi una serata spensierata. L’angoscia era arrivata col passare delle ore. Poi era stata una compagna di triathlon a riconoscere nella foto pubblicata sul giornale la gomma della bici e a mandare immediatamente il fidanzato all’ospedale.
Da quel momento, insieme al nome è arrivata una valanga di affetto che ancora lo fa emozionare. «Dell’incidente e del periodo successivo, compresi i sei mesi di riabilitazione a Fontanellato, io non ricordo niente: sono fortunato. Ho passato 22 giorni in coma, però mi ha raccontato mia sorella che quando mia mamma è venuta a trovarmi in ospedale e mi ha toccato, le ho sorriso. E questo per me è bellissimo». Sa anche – glielo hanno mostrato le foto e la memoria dei telefonini – che in quei giorni di buio la tradizionale «All’ospedale di corsa» di Giocamico aveva le magliette di «Io corro per Alex», che l'amica Irene lo richiamava a tornare dai bambini di Mombasa, dove erano stati pochi mesi prima. Che durante i giorni al Cardinal Ferrari, una chat su Whatsapp della compagnia del triathlon faceva in modo che ci fosse sempre chi, finito il lavoro, gli permetteva di muoversi dal letto e di spezzare la giornata. «In particolare Claudia: quando correvamo insieme, ci chiamavano “L’associazione a delinquere” e tante volte è stata lei a venirmi a “liberare”». Lei e gli altri che lo hanno affiancato quando ha deciso di ricominciare a fare sport e, ancor prima, a tornare a «drogarsi» di torta fritta ogni volta possibile.
«All'inizio con la bici avevo smesso – confida - : andavo solo sulle ciclabili. Mi è tornato lo stimolo grazie al gruppo “Viaggiare in Bici”: dopo la prima volta sulla Francigena, ho continuato. La Sardegna era l’unica fuori catalogo e l’ho voluta fare da solo, nonostante abbiano tentato di dissuadermi in tanti. Ma per me dall’incidente esiste solo “vivi la vita”».
Per l’occasione ha anche comprato un telefonino nuovo: «Ma solo per le foto: mi seguivano su Instagram e le volevo belle. Cosa mi è mancato in quei giorni? La cena in gruppo alla fine della giornata. Dopo la botta in testa sono diventato un chiacchierone, al punto che – ride, ironico - sull'isola si era sparsa la voce: “Sta girando il logorroico magrolino parmigiano. Occhio: non dategli corda”. Si salvavano perché tutte le notti cambiavo posto. In realtà, ho trovato persone molto gentili: al bar volevo offrire io il caffè per ringraziare della compagnia, ma non ci sono mai riuscito».
Da aspirante ingegnere ha calcolato alla perfezione anche il ritorno: si è presentato puntuale all’appuntamento con la «Bimba», la mamma che ogni giorno accompagna in Cittadella. Poi resta tutto il tempo per lo sport e per pensare a nuove sfide: «I prossimi obbiettivi sono la Maratona di Atene e battere il personale di Berlino fatto nella prima vita: se ci metto solo 3 secondi in meno sono strafelice. Non lo auguro a nessuno, ovviamente, ma rinascere è anche bello: riprovi tutte le emozioni e le vivi come fossero nuove».
Chiara Cacciani
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