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LA STORIA

Borgo Giacomo: dopo 21 anni chiude Kicko cafè, Silvana e Claudio salutano i clienti

Borgo Giacomo: dopo 21 anni chiude Kicko cafè, Silvana e Claudio salutano i clienti

di Giovanna Pavesi

28 Luglio 2023, 03:01

«Ma siete veramente sicuri di chiudere?». La domanda che una dei tanti clienti della mattina porge a Silvana Diemmi e Claudio Gastaldi è retorica, ma molto sincera. Lei, come molti affezionati, conosce la risposta e sa perfettamente che «Kicko cafè» di borgo Giacomo Tommasini, che da 21 anni rappresenta un punto fermo della comunità, chiuderà il 31 luglio.

«Domani (oggi per chi legge, ndr) sarà l’ultimo giorno: lunedì ci saremo, ma faremo qualche brindisi», rivelano, sorridendo, i due coniugi che, dietro al bancone, ci sono finiti per decisione del destino. Impiegato in tribunale lui e all’ufficio postale lei, i due sono diventati baristi per caso perché Valentina, la loro prima figlia, appena terminata la scuola alberghiera, voleva diventare gelataia. «Non siamo riusciti a trovare la gelateria, ma abbiamo visto questo bar, che era nuovissimo e in vendita, così ho lasciato le Poste per aiutarla - racconta Silvana, mentre continua a preparare cappuccini e caffè -. Valentina è mancata il 26 dicembre del 2003, a 24 anni, e noi abbiamo deciso di continuare». Anche quando ricorda il momento più doloroso di tutti, la scomparsa della figlia, mantiene cortesia e cura verso il prossimo. Così come Claudio, che chiacchiera e prepara panini, bibite e colazioni.

Quotidianamente, entrambi hanno visto passare una città in trasformazione: generazioni di studenti, lavoratori di ogni settore, negozianti e clienti diventati amici. «Siamo tutti amareggiati, perché questo non è un bar, ma una comunità», conferma un avventore. «Qui, dove si sono creati tanti legami, mi sono sempre sentita accolta, un po’ come accade in una famiglia, dove ti lasci andare, parli e ti sfoghi», aggiunge un’altra cliente.

«Avendo lavorato tanto in ufficio, quando andavo a prendere il caffè al bar, notavo tanti baristi con i musi lunghi, così quando abbiamo iniziato, ho pensato che si dovesse superare questa barriera e qui ce l’abbiamo fatta», racconta, felice, Claudio, fiero di aver rappresentato, in questi 21 anni, anche la sede di uno dei tanti Parma club della città, di aver fatto incontrare due clienti (che si sono pure sposati) e di definire il suo bar un po’ come quelli «della periferia», nell’accezione migliore del termine, «ma in centro». «Abbiamo passato molti momenti belli, come le feste organizzate nei borghi, ma l’elemento più commovente di tutta questa attività deriva dagli studenti che venivano qui a mangiare un panino e dopo anni tornavano con i genitori per presentarci alle loro famiglie», continua Silvana, che da martedì, insieme al marito e agli altri due figli, Michele e Marilena (anche lei ha lavorato lì, dividendosi tra altre attività e gli studi universitari), comincerà a smontare il locale, a sistemare la casa di campagna e a creare gruppi sui social network per non disperdere l’eredità di un bar che è andato oltre l’attività commerciale.

«Questa chiusura - aggiunge - che abbiamo deciso a maggio, è triste ma, allo stesso tempo, rappresenta anche l’inizio di cose nuove, perché i progetti non finiscono». Giurano che, più di tutto il resto, mancherà loro il confronto con gli altri, così come ai clienti (molto più che affezionati avventori di un locale) mancherà la cura di un caffè quasi «personalizzato», macchiato con creme speciali e con parole misurate e pensate per accompagnare un momento di pausa dal lavoro, dal quotidiano, dalla fatica o dall’indifferenza. «Questo posto è stato, in tante circostanze, una rinascita - conclude Silvana -. Oggi, ci dispiace lasciarlo».

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