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Il rettore «in pectore»

Paolo Martelli: «L'Ateneo che vorrei? Aperto al mondo»

Paolo Martelli: «L'Ateneo che vorrei? Aperto al mondo»

di Katia Golini

31 Luglio 2023, 03:01

Agile, radicata nel territorio, aperta al mondo e alla città, capace di valorizzare le eccellenze e sempre attenta, prima di tutto, agli studenti. Così delinea l'Università dei prossimi sei anni il rettore eletto Paolo Martelli, che entrerà ufficialmente in carica il 1º novembre.

Quale la priorità dei primi cento giorni?

«Due gli obiettivi urgenti. Primo: la semplificazione di quelle procedure amministrative che sono diventate fortemente impattanti in termini di carico di lavoro per il personale tecnico e amministrativo e per le e i docenti, senza ovviamente infrangere le norme regolamentari che le sostengono. Come emerso dai colloqui durante i mesi di campagna elettorale, si tratta di una necessità impellente e sarà sicuramente una delle questioni da affrontare con priorità alta».

E il secondo?

«Dovremo occuparci in modo concreto della questione delle residenze di studentesse e studenti. Se da un lato la protesta studentesca cosiddetta “delle tende” si è già smorzata, il problema esiste e va affrontato in tutta la sua complessità».

Come intende procedere per dare concretezza ai due propositi?

«Creeremo gruppi di lavoro che analizzeranno le procedure, individueranno quali passaggi risultano superflui e, pertanto, eliminabili. Questo libererà risorse ed energie non solo del personale tecnico-amministrativo, ma anche ad una quota sempre maggiore di docenti, molto spesso chiamati a dedicare tempo alle procedure d'ufficio a scapito di quello da riservare alla ricerca».

E per gli studenti?

«Andranno reperiti nuovi alloggi e creati nuovi studentati. La ricerca di posti letto non si svolge soltanto in vista dell'apertura dell'anno accademico. La nostra Università vede la sua popolazione studentesca rappresentata per il 48-50% da “fuorisede”, che partono alla ricerca di alloggio in estate, ma è durante tutto l'anno che vediamo arrivare studenti e ricercatori da altre parti del mondo che devono essere ospitati. Perciò, anche ad anno accademico iniziato, sarà molto importante affrontare il tema con determinazione, come avvio di un più ampio e articolato progetto volto ad implementare tutti i servizi di accoglienza dell’Ateneo».

Anche in questo caso, come mettere in pratica il progetto?

«Ci sono molti alloggi sfitti in città e noi dovremo, auspicabilmente con la collaborazione del Comune, creare le condizioni per rimetterli sul mercato, sollecitando e sostenendo politiche che incentivino e rendano non sconveniente affittare a studentesse e studenti. Chiaramente questo percorso guarda ai tempi brevi. A più lungo termine dobbiamo creare le condizioni per la realizzazione di nuovi studentati che dovranno affiancare le strutture già in fase di realizzazione o in procinto di esserlo quali San Francesco e Santa Caterina, l'ex “casa” dei Cappuccini in Oltretorrente che si aggiungeranno a quanto già disponibile sia per parte di ErGo che da privati. Questa progettualità richiederà tempi ovviamente più lunghi, perciò è necessario cominciare da subito a creare le interlocuzioni con i potenziali partner e le condizioni operative affinché si dia concretezza alle idee e ai programmi».

A proposito di benessere degli studenti, trovare da dormire a prezzi ragionevoli è condizione necessaria, ma non sufficiente.

«Lavorerò fin da subito sui servizi che già esistono, ma che dobbiamo migliorare e incrementare, ad esempio creando uffici appositi per dare supporto a 360 gradi a chi arriva da fuori, non solo a studentesse e studenti ma anche colleghi docenti internazionali che devono affrontare le incombenze proprie di chi si accinge a vivere in un Paese che non è il suo».

Il concetto di accoglienza si lega anche agli spazi di aggregazione.

«Parma è accogliente e inclusiva, è una città che offre tante opportunità dal punto di vista culturale, ma questo non basta. Infatti, dall’ascolto delle esigenze delle giovani e dei giovani che vivono il nostro Ateneo, emerge chiaramente la necessità di avere a disposizione luoghi di studio e d'incontro in cui “svolgere attività insieme”, anche traendo spunto dall’esperienza maturata in altre città universitarie, con la possibilità di essere gestiti direttamente dalle rappresentanze studentesche che operano all'interno dell'istituzione universitaria».

Dove potrebbero essere creati tali spazi?

«Per esempio, ci sono molti negozi sfitti o altri spazi inutilizzati che potrebbero essere convertiti a questo scopo. L'impresa porterebbe benefici ai nostri studenti in termini di aggregazione e crescita e allo stesso tempo al quartiere in cui insistono. Pensiamo ad alcune vie o zone centrali della città: meglio vederle così moribonde e vuote o popolate di studentesse e studenti che, imprescindibilmente nel rispetto delle regole, le rivitalizzino proprio nello spirito che è proprio di una città universitaria?».

Altro fronte quello del trasporto pubblico.

«Certo. Continueremo l'attività di interlocuzione con la Tep per mettere a disposizione degli studenti abbonamenti a prezzo agevolato come è stato in questi ultimi anni, ma non solo. Sarà necessario implementare anche i servizi se vogliamo rendere concreto l’impegno verso la sostenibilità e quanto ad essa correlato».

In campagna elettorale si è parlato molto di benessere non solo degli studenti ma anche del personale tecnico-amministrativo e docente.

«L'Università è fatta per le studentesse e gli studenti. E' al loro servizio. Il personale tecnico-amministrativo e docente rappresenta la struttura su cui poggia l'Ateneo. Nell’ambito della pubblica amministrazione, il personale tecnico e amministrativo del comparto Università e Ricerca ha gli stipendi più bassi, certamente non in linea con le altre amministrazioni a parità di qualifica ed impegno. Ciò impone che il salario accessorio demandato alla contrattazione decentrata vada a colmare, almeno in parte, il divario soprattutto alla luce del costante incremento del costo della vita. Su questo l’amministrazione deve impegnarsi con il massimo sforzo. Non meno importanti appaiono le misure di welfare a favore del personale, altro capitolo di grande interesse e di forte impegno. Interverremo anche su una diversa modalità di organizzazione del lavoro che consideri i ruoli e non solo le posizioni gerarchiche, per favorire il coinvolgimento e puntare su impegno e merito».

Per i docenti invece? Ci sono corsi di laurea che richiamano sempre più iscritti. L'alta affluenza rischia di andare a discapito della qualità della didattica?

«Esistono situazioni estreme, soprattutto nei corsi che risultano particolarmente attrattivi con numeri di immatricolati veramente molto elevati. In questi casi dovremo ovviamente rafforzare il corpo docente affinché la “quantità” non vada a scapito della “qualità” della nostra offerta formativa e di tutto ciò che l’accompagna, in termini di aule, spazi studio, biblioteche e servizi in generale. Ciò non implica che si debba perseguire esclusivamente l’obiettivo della quantità, anzi, dovremo impegnarci a rigenerare continuamente la nostra offerta formativa adattandola alle esigenze di formazione professionale e culturale che la società, sempre più globale, richiede, con una attenzione sempre maggiore alla qualità della preparazione dei nostri giovani».

L'attività di Terza missione è già ben avviata. Si può intensificare o rendere più efficace?

«Insieme a didattica e ricerca, l'apertura verso l'esterno, la città, l'Europa, il mondo, rappresenta una delle missioni dell'Accademia che deve condividere con le persone conoscenze e competenze, che deve interagire sempre di più con la società. Ovviamente, aprirsi al mondo significa rafforzare i rapporti con il territorio e il suo tessuto produttivo, diventare uno stimolo e una leva per la crescita generale».

Quale atteggiamento avrà nei confronti dei dipartimenti di eccellenza, la cui attività di ricerca fa parlare dell'Ateneo di Parma nel mondo?

«Le eccellenze vanno valorizzate, facendo in modo che siano elementi di trascinamento dell'intero Ateneo. Oltre ai “dipartimenti di eccellenza”, che hanno meritato finanziamenti ad hoc a seguito della recente valutazione da parte dell’Agenzia di valutazione preposta, la nostra Università si distingue anche per la presenza di ricercatori e gruppi di ricerca di eccellenza anche al di fuori di queste aggregazioni dipartimentali».

Le eccellenze sono anche un elemento decisivo per l'internazionalizzazione, altra «mission» di un Ateneo.

«Certo, ma con internazionalizzazione dobbiamo pensare anche a chi ha bisogno di noi, e metterci a disposizione».

Come saranno impiegati i fondi del Pnrr? E a quanto ammontano?

«Il sistema universitario del nostro Paese non ha mai ricevuto tanti finanziamenti in un colpo solo. Per il nostro Ateneo parliamo di oltre 65 milioni di finanziamenti per la ricerca e la didattica. Oltre ai fondi del Pnrr, negli ultimi anni abbiamo ottenuto oltre 52 milioni da bandi per l’edilizia emanati dal Mur come cofinanziamento agli investimenti previsti con fondi di bilancio dell’Ateneo per la messa in sicurezza antisismica e antiincendio delle nostre strutture. Per quanto riguarda gli interventi edilizi siamo molto soddisfatti per come procedono le attività avendo rispettato appieno, in tutti i cantieri, i tempi prefissati per l’avvio, ovvero il 30 giugno 2023. Di questo dobbiamo dare merito a tutti coloro che si sono prodigati, con grande impegno e professionalità, affinché venisse centrato questo importante obiettivo. Le molteplici attività di ricerca finanziate con fondi del Pnrr stanno procedendo. Una ulteriore e altrettanto importante sfida consisterà nel mettere a frutto, dando continuità, a tutto ciò che abbiamo e avremo introdotto, anche in termini di modelli organizzativi e operativi».

Se ne è tanto parlato ma ancora non si vedono gli effetti dei progetti annunciati. Quale futuro per l'Orto botanico?

«L'Orto botanico gode di finanziamenti attivati dal Pnrr e di fondi messi a disposizione da enti e aziende locali che anche in questa occasione voglio ringraziare. Il progetto di riordino prevede interventi sugli edifici su progetto dell'architetto Guido Canali. Bisogna però fare chiarezza su una questione: l'Orto va reso fruibile e accessibile alla città, ma va altresì salvaguardato nel suo essere patrimonio di studio e di ricerca e di “biodiversità” nel cuore della città. Nella forte convinzione che queste finalità non debbano entrare in conflitto tra loro, i tecnici e gli scienziati coinvolti stanno dedicando una competente attenzione agli interventi da eseguire con l’obiettivo di armonizzare i diversi aspetti ed esigenze».

Quale destino invece per l'Osservatorio meteorologico, che svolge da lungo tempo un servizio di monitoraggio più che mai prezioso di questi tempi?

«Non c'è alcuna intenzione di chiuderlo. A breve saranno consegnate le nuove attrezzature e verrà individuata una persona che lo seguirà. L'Osservatorio svolge un servizio importante da conservare e implementare».

Katia Golini

© Riproduzione riservata

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