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Caro-ristoranti a Parma: «La qualità costa di più»

Caro-ristoranti a Parma: «La qualità costa di più»

12 Agosto 2023, 03:01

«Cara» estate. Stavolta nel mirino c'è la spesa per mangiare fuori casa o con prodotti di gastronomia e rosticceria e i dati sono quelli Istat relativi all'inflazione di luglio. Elaborati su base annua dall'Unione Nazionale Consumatori, dicono che rispetto al luglio 2022 i servizi di ristorazione abbiano avuto nella Penisola un rialzo medio del 6%. E se in testa alla classica ci sono Viterbo col suo 14,5%, Brindisi (+12,1%) e Benevento (+11,2%), i ristoratori che meno hanno fatto variazioni sui prezzi si trovano a Trapani e Caserta (ambedue a +2,1%), seguite da Terni (+2,7%) e Cremona (+2,9%)
Parma figura al 20esimo posto con un 6,8% che non si discosta di molto dalla media nazionale. .
«E direi che i nostri ristoratori sono già stati abbastanza bravi a contenere e assorbire certi aumenti», commenta Ugo Bertolotti, presidente provinciale della Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi. Esclude che i rincari siano dovuti in particolare alla mancanza di manodopera: «Li vedo più collegati all'aumento dei costi dell'energia e di tutta la catena delle materie prime, dal pesce in poi. E chi ha fatto aumenti, ci ha pensato su più volte, con calcoli ponderati per non perdere clientela». Esiste però il «fattore Parma», che ha a che fare con la qualità di ciò che si vuole continuare a mettere in tavola. «Parma ha prodotti più costosi della media nazionale. Un esempio? In Toscana per un antipasto di crostini con fegatini con un euro ci fai mangiare tre persone, il nostro prosciutto Dop ha un altro costo: tre euro a persona. Non solo: due cucchiaiate di parmigiano reggiano sui tortelli non possono essere paragonati agli stessi due cucchiai di grana.
Qui c'è una costante, un fatto reale di costi necessari per ottenere alta qualità e per tenere alto il nome della nostra cucina».
C.C.

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